Il 28 aprile le Sezioni Unite si riuniscono per decidere sull’utilizzabilità delle intercettazioni. Fatte attraverso i virus che si intrufolano nei sistemi informatici. Strumenti sofisticati e di "formidabile intrusività". Che possono determinare la "compromissione di diritti costituzionali". Ma anche assicurare una maggiore capacità investigativa nella repressione di gravi reati. Il governo segue con interesse. Pronto ad intervenire
Altro che legge bavaglio e sguattere del Guatemala. In attesa delle decisioni del Parlamento o del governo, l’appuntamento più importante sul futuro delle intercettazioni è quello di Piazza Cavour. Dove fra una settimana circa le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si riuniranno per stabilire a che livello collocare, dopo gli attentati terroristici che hanno sconvolto il cuore dell’Europa, l’asticella delle tutele costituzionali che, per semplificare, vanno sotto il nome di privacy. Insomma, niente a che vedere con la questione di come evitare che i brogliacci delle conversazioni registrate nel corso delle inchieste giudiziarie finiscano sui giornali. Si tratta invece di stabilire a monte, con chiarezza, cosa è consentito fare agli investigatori alle prese con il contrasto al terrorismo internazionale, oltre che alle mafie. E cosa invece no. Se, insomma, i trojan e gli altri programmi spia di pc, tablet, smartphone e di tutti i dispositivi sempre più usati nelle nostre case, ma sempre più comuni anche all’armamentario dei jihadisti, siano rispettosi della Costituzione. O se la loro utilità sia sacrificabile alle ragioni della riservatezza. Anche per questo l’appuntamento di giovedì 28 aprile è da segnare sul calendario.
OCCHIO AL VIRUS Che la decisione sia urgente lo dimostra la premura con cui si sta procedendo. Poco più di un mese fa la IV sezione penale della Cassazione ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite dopo aver ritenuto troppo restrittiva una sentenza di maggio del 2015. Che aveva escluso la possibilità di usare come prova le intercettazioni realizzate attraverso un virus autoinstallante attivato su un portatile in un procedimento di criminalità organizzata. Il 10 marzo invece l’esito in un analogo procedimento è stato diverso: pur riconoscendo la ‘formidabile invadenza’ di questo tipo di intercettazioni, i giudici di piazza Cavour non hanno condiviso la bocciatura della legittimità dello strumento e dell’utilizzabilità come prova del materiale acquisito attraverso il cosiddetto ‘agente intrusore’. Se è vero che questi strumenti possono determinare ‘la compromissione di diritti costituzionali’, possono però – hanno riconosciuto i magistrati – ‘assicurare una maggiore capacità investigativa finalizzata alla repressione di gravi reati’.
DELITTI E CASTIGHI Tra le due sentenze, quella di maggio dello scorso anno e quella di marzo 2016, gli attentati di Bruxelles, dopo quelli, altrettanto devastanti, di Parigi. Fatti nuovi, per le modalità operative utilizzate dai terroristi, destinati ad avere un peso anche nelle future iniziative di contrasto allo studio del governo. Motivo per il quale dal ministero di via Arenula si guarda con grande attenzione a quanto si deciderà al Palazzaccio della Cassazione (nella foto). Le Sezioni Unite dovranno stabilire se il decreto del giudice che dispone l’intercettazione attraverso l’installazione di un virus informatico debba sempre indicare, a pena della sua illegittimità, i luoghi dove avviene la captazione. Come prescritto dalle regole generali che valgono per le intercettazioni ambientali che fanno salva l’inviolabilità del domicilio. E se, eventualmente, questa indicazione possa mancare, ma solo nel caso in cui si proceda per i delitti di criminalità organizzata.
NODI STRETTI Se la Suprema Corte dovesse decidere di tener conto delle evoluzione dei sistemi di indagine – si ragiona tra quanti guardano con fiducia alla pronuncia – si potrebbe spalancare la strada ad un intervento governativo. Anche sul tema delle intercettazioni preventive e cioè quelle che mirano non ad accertare reati ma a prevenire la commissione di delitti di particolare gravità e allarme sociale. Particolarmente utili agli investigatori specie sul fronte del terrorismo dove la tempestività delle informazioni è fondamentale. Lo scorso anno il governo, travolto dalle polemiche e inforcato dai rilievi del Garante della privacy, decise di rinviare ad una riforma organica delle intercettazioni il nodo che riguardava il controllo dei semplici sospettati di compiere condotte terroristiche attraverso strumenti informatici. Come pure quello delle acquisizioni di documenti e dati attraverso software occulti. Una materia che resta scivolosa. Anche dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles.
@ilaria_ilp