Si è concluso a Bologna il rito abbreviato del primo maxi procedimento contro le cosche in Emilia Romagna. Quindici anni per il presunto capo della cosca Nicolino Sarcone. Cadono le accuse per i politici: il fatto non sussiste per il consigliere Giuseppe Pagliani arrestato il 28 gennaio 2015 con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Condannati due poliziotti
Comunque sia, è una sentenza storica, la prima del genere in questa regione. In primo grado cadono solo le accuse per i politici, tengono in generale quelle per coloro che erano considerati i principali capi della associazione di ‘ndrangheta in Emilia. Si è chiusa a Bologna con 12 assoluzioni, una prescrizione e 58 condanne, per un totale di 305 anni di galera, la parte dei riti abbreviati del processo Aemilia che si è tenuta a Bologna. Le pene sono state più basse di quelle chieste dai pm, anche se c’è da considerare che in abbreviato sono scontate di un terzo. La condanna più alta, 15 anni, è stata quella inflitta a Nicolino Sarcone, considerato uno dei capi della cosca che secondo i pm ha come punto di riferimento la ‘ndrina Grande Aracri di Cutro, in Calabria. Diverse le condanne per associazione mafiosa. Tra queste quella di Alfonso Diletto a 14 anni e 2 mesi; Pino Giglio, il pentito che ha iniziato a collaborare alcune settimane fa, 12 anni e 6 mesi; 12 anni per Francesco Lamanna; 12 anni per Gualtieri; 14 anni ad Antonio Silipo; 12 anni e due mesi a Romolo Villirillo; 10 anni a Giuseppe Richichi; 10 anni e 4 mesi a Donato Agostino Clausi; 9 anni e 4 mesi a Salvatore Cappa; 9 anni e 6 mesi a Roberto Turrà; 8 anni e 4 mesi per Pasquale Battaglia, 8 anni e 10 mesi per Francesco Frontera; 9 anni per Alfonso Martino. Infine 4 anni a Giulio Giglio e 5 anni e 10 mesi a Giuseppe Pallone (assolti però entrambi dall’accusa diassociazione mafiosa). Assolti Michele Colacino, Selvino Floro Vito e Francesco Lepera. Nicolino Grande Aracri – che secondo le carte dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna è punto di riferimento della ‘ndrina emiliana – è stato condannato a 6 anni e 8 mesi per diversi reati tra i quali però non c’era l’associazione mafiosa. Suo fratello Domenico, accusato di ricettazione, ha avuto l’assoluzione.
Assolto per non avere commesso il fatto il capogruppo di Forza Italia al comune di Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani, che il 28 gennaio 2015 era stato arrestato assieme a un altro centinaio di persone con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Per lui la procura aveva chiesto 12 anni. Non luogo a procedere per prescrizione invece per Giovanni Paolo Bernini, di Forza Italia, ex presidente del consiglio comunale di Parma. Per lui è caduta l’imputazione di voto di scambio politico-mafioso: in attesa di leggere le motivazioni, sembra che il giudice abbia derubricato l’accusa nei suoi confronti a corruzione elettorale, ipotesi di reato oramai prescritta. “La mia fiducia nella giustizia, che non mi ha mai abbandonato, è stata ripagata”, ha detto Bernini all’uscita dalla corte d’appello di Bologna dove il giudice per le udienze preliminari Francesca Zavaglia ha letto la lunga sentenza.
Condannati i due poliziotti: 8 anni e sei mesi per Domenico Mesiano, l’ex autista del questore di Reggio Emilia. Mesiano, oltre al concorso esterno in associazione mafiosa, rispondeva anche di violenza privata per le minacce alla giornalista Sabrina Pignedoli. Antonio Cianflone, poliziotto in servizio a Catanzaro, è stato condannato a 8 anni e sei mesi. Per il giornalista reggiano Marco Gibertini la pena è di 9 anni e 4 mesi, mentre per la commercialista bolognese Roberta Tattini 8 anni e 8 mesi: entrambi rispondono di concorso esterno in associazione mafiosa. Assolto dalla medesima accusa Fulvio Stefanelli. Condannati per altri reati anche gli imprenditori emiliani Giovanni Vecchi e Patrizia Patricelli: 4 anni e dieci mesi a ciascuno. Giulio Gerrini, ex capo dell’ufficio tecnico del Comune di Finale Emilia, è stato condannato a due anni e quattro mesi, con l’accusa di abuso d’ufficio: per lui caduta l’aggravante del metodo mafioso.
In aula a sentire la sentenza oltre ai pm della Dda Marco Mescolini e Beatrice Ronchi c’era anche il procuratore aggiunto Valter Giovannini: “Ha più che tenuto l’ipotesi accusatoria”, il suo commento a caldo. La Regione Emilia-Romagna, che si era costituita parte civile assistita dall’avvocato Alessandro Gamberini, ha ottenuto un risarcimento provvisionale di 600 mila euro; la Cgil, rappresentata dagli avvocati Libero Mancuso e Gian Andrea Ronchi, 35 mila euro. A Reggio Emilia intanto da poche settimane è iniziato il dibattimento con altri 140 imputati alla sbarra.
*aggiornato da redazione web il 26/04/2016 alle 19