Il contabile Mohamed Cheikh ould Mohamed ould M’kheitir è in carcere da oltre due anni dopo un processo sommario di un giorno per aver scritto un articolo che, secondo l'accusa, "prendeva in giro il Profeta". Il gip di Napoli ha l'incarico di sorvegliare la correttezza del procedimento d'Appello in corso in questi giorni e riferire all'Osservatorio internazionale
In Mauritania c’è un ragazzo di 30 anni che rischia la condanna a morte per aver scritto un articolo ritenuto blasfemo. Si chiama Mohamed Cheikh ould Mohamed ould M’kheitir e lavorava come contabile. E’ detenuto da circa due anni e tre mesi, lunedì 18 a Nouakchott è iniziato l’Appello. E’ stato condannato al termine di un processo sommario, durato soltanto un giorno, il 24 dicembre 2014, dopo quasi un anno di custodia cautelare. E’ stato difeso da due avvocati d’ufficio, il legale di fiducia rimesso l’incarico, impaurito dalla pressione popolare sul dibattimento. M’Khetir è stato condannato alla pena capitale “per essersi preso gioco del Profeta e per il reato di ateismo”. E’ scritto in una sentenza di 25 pagine emessa dalla Corte Criminale di Dakhlet-Nouadhibou che censura un articolo sul periodo della conquista dell’Islam (“La religione, la religiosità e i fabbri”) pubblicato su un blog, col quale M’Khetir sviluppa alcune considerazioni sulla società islamica e sulla necessità di “cercare di fare una separazione tra spirito religioso e religiosità di alcuni eventi”. Chiedendosi: “La religione che noi pratichiamo ha vari volti. Come possono vari volti darci un unico vero volto?”.
Il ragazzo ha raccontato la sua prigionia attraverso alcune lettere al magistrato napoletano. Eccone un passaggio. “Alla fine di dicembre 2013 ho scritto uno di questi articoli e per me è stata la fine. Erano i giorni delle festività di fine anno e sono andato a trascorrere alcuni giorni fuori città ma, dopo solo un giorno, ho ricevuto una telefonata dalla capitaneria della gendarmeria nazionale che mi chiedeva di presentarmi da loro in Caserma. Sono giunto dopo 2 ore e così è iniziato l’interrogatorio sull’articolo. Ho detto loro quale fosse il vero contenuto dell’articolo, ma loro mi hanno detto che dovevo restare sotto custodia cautelare fino a che la questione non fosse stata esposta al Procuratore della Repubblica. Sono rimasto in loro custodia 3 giorni soffrendo un forte freddo, fame, solitudine. Il quarto giorno, esattamente in data 5 gennaio del 2014, sono stato portato dal Sostituto Procuratore, che mi ha fatto lo stesso interrogatorio, cui ho risposto allo stesso modo finché non sono stato portato in prigione (cella di isolamento). Dovevo occuparmi io della pulizia, il cibo e le condizioni igieniche erano disgustosi. C’erano scarafaggi. Sono stato 6 mesi senza tagliarmi i capelli, senza tagliarmi le unghie, senza lavarmi”. M’kethir è riuscito a farsi una doccia soltanto dopo il trasferimento in un altro carcere. Ma è rimasto in isolamento fino a quando non è stato portato dal direttore del carcere. “Era per la prima volta dopo 8 mesi che vedevo la luce del sole”. Tutto per aver scritto un blog. Per fortuna la Mauritania ha aderito alla moratoria sulla pena di morte promossa dall’Italia e anche se la condanna dovesse essere confermata, non verrà eseguita. Ma per quanto tempo si può resistere in carcere in queste condizioni disumane?