Il padre di “Giochiamo a Rischiatutto” è evidentemente Proust con la sua madeleine (dolcetto da inzuppo) suscitatrice di ricordi. E siccome la tv forse non manipola le coscienze, ma di sicuro popola le memorie, qui si punta a re-suscitare, specie nei bambini d’allora, le tracce mnestiche di quella televisione ancora racchiusa nel bozzolo in bianco nero della Rai, eravamo appena all’inizio degli anni ‘’70, quelli della pillola e del divorzio, della strategia della tensione, della nomina di Leone, del ritorno del centrismo dopo il primo centro-e-sinistra e della prima, grandissima, crisi del petrolio, con la gente a piedi, a cavallo e in bicicletta nelle carreggiate vuotate dei veicoli, di cui i più stavano ancora pagando le rate.
In mezzo a tutto quel trambusto, Mike inventò (ma chissà quante idee gli saranno venute seguendo le evoluzioni della tv americana da cui proveniva) il successore di Lascia o raddoppia. Come nel predecessore, a Rischiatutto lo spettacolo era costituito innanzitutto dai concorrenti pressati e stressati dalle sfide erudite, dalle scelte drammatiche (rischio o non rischio?), dai colpi di fortuna (il Jolly).
Dopo d’allora è successo di tutto: Mike si trasferì ben presto a spiegare la televisione al Berlusconi che iniziava la costruzione di Mediaset; la buffonata delle “tv libere” ci introdusse agli streaptease delle casalinghe, i quiz hanno dilagato a pranzo, cena e colazione e su mille canali.
Insomma, quando è apparso Rischiatutto era il quiz; oggi è solo uno dei quiz, tant’è che ieri sera lo precedeva Affari Vostri, un adattamento del Mercante in fiera, e prima ancora, dall’Eredità, quiz di parole, che fa scattare una qualche emulazione da parte del pubblico proprio mentre a Canale 5 va in onda Caduta libera.
Nello splendido isolamento dell’esordio, giovedì 5 febbraio 1970, i canali erano due (gli unici disponibili) e Rischiatutto (un’ora esatta di trasmissione) andò in onda sul “Secondo”, mentre il “Nazionale” (che sei anni dopo fu rinominato Rai 1) offriva nientepopodimeno che una Tribuna Sindacale a cura di Jader Jacobelli. Mike ottenne, va da sé, un travolgente successo d’ascolto, misurato dai telefonisti Rai perché il campione Auditel era di là da venire. Ma anche con Auditel il successone è arrivato, perché sono stati superati gli otto milioni di spettatori, con uno share superiore al 30%. Spianando l’ascolto delle altre reti Rai e lasciando sostanzialmente intatto quello di Mediaset, perché tutto era tagliato su misura per mobilitare una sorta di patriottismo del Servizio Pubblico, che così ha trovato innanzitutto la sua platea abituale: i quasi anziani (i bambini del tempo che fu) e i piuttosto anziani. I genitori dei primi; e assai più nonne che nonni.
Acchiappare chi manca è un’altra questione.