Mafie

Roma, confiscato il Grand Hotel Gianicolo: “Era in mano alla ‘ndrangheta”

Il provvedimento ha riguardato Giuseppe Mattiani e il figlio Pasquale, considerati dagli inquirenti vicini alla cosca Gallico di Palmi, da anni impegnata in numerose operazioni mobiliari e immobiliari tra cui l’illecita acquisizione di un vasto patrimonio nel settore turistico-alberghiero. Complessivamente i beni confiscati alla famiglia dell'imprenditore ammontano a 36 milioni di euro e comprendono 42 immobili

Lo storico Grand Hotel Gianicolo è stato strappato definitivamente alla ‘ndrangheta. Il lussuoso albergo di Roma, in via delle Mura Gianicolensi era ritenuto in mano alla cosca Gallico di Palmi ed è stato confiscato dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su proposta della Direzione Distrettuale antimafia. Il “Gianicolo” era già stato sequestrato dalla Direzione distrettuale antimafia e da alcuni anni la gestione dell’hotel era stata affidata agli amministratori giudiziari nominati dalla Procura. Il provvedimento, eseguito dagli agenti della Dia di Roma e Reggio Calabria e della polizia di Stato, ha riguardato Giuseppe Mattiani e il figlio Pasquale, originari di Palmi nella Piana di Gioia Tauro.

Gli accertamenti della Dia e le indagini della squadra mobile hanno dimostrato la contiguità di Giuseppe Mattiani alla cosca Gallico, da anni impegnata in numerose operazioni mobiliari e immobiliari tra cui l’illecita acquisizione di un vasto patrimonio nel settore turistico-alberghiero. Operazioni che sono iniziate negli anni novanta, quando un piccolo motel della periferia di Palmi, l’Hotel Arcobaleno (anche questo confiscato) si è trasformato in una società dal capitale miliardario che poi è stata suddivisa (in quote da 250 milioni di vecchie lire) tra i figli appena ventenni di Giuseppe Mattiani.

Il grande salto, gli imprenditori in odor di ‘ndrangheta, lo fanno poco prima del Giubileo del 2000. Grazie a un’importante operazione immobiliare, con 11 miliardi Mattiani acquista un ex monastero sito in uno dei posti più belli della capitale, il colle Gianicolo, di proprietà di una congregazione religiosa, per  trasformarlo nel “Grand Hotel Gianicolo”. Nei suoi confronti, scrive la Dda di Reggio Calabria coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho – “il Tribunale ha ritenuto sussistenti seri e concreti elementi per inquadrarlo nell’alveo dei soggetti portatori di una pericolosità sociale qualificata in quanto gravemente indiziato di appartenenza alla ‘ndrangheta”.

“Mattiani Giuseppe – è scritto in una vecchia informativa della Dia – sarebbe considerato fiancheggiatore delle cosche di Palmi e paesi vicini, anche se non sarebbe stata mai provata la sua partecipazione diretta a contesti associativi mafiosi. Comunque, da quando la figlia Silvana ha contratto matrimonio con Saccà Francescantonio si sono venuti a creare, tramite quest’ultimo, stabili rapporti di affinità tra la famiglia Mattiani e le famiglie mafiose degli Alvaro di Sinopoli, dei Rugolo – Mammoliti di Castellace e di Frisina di Palmi (quest’ultimo molto vicino ai Gallico)”.

In sostanza, gli inquirenti hanno accertato che Mattiani reinvestiva proventi non desumibili dai redditi dichiarati provenienti anche da evasione fiscale. La confisca di oggi ha riguardato la società “Hotel Residence Arcobaleno Sas”, proprietaria non solo del “Grand Hotel Gianicolo” ma anche, a Palmi, dell’Hotel Arcobaleno, di categoria 4 stelle. Complessivamente i beni confiscati a Mattiani ammontano a 36 milioni di euro e comprendono anche la società cooperativa “Full Service”, rapporti bancari intrattenuti con due istituti di credito e 42 immobili tra Roma, Castiglione dei Pepoli (in provincia di Bologna) e Palmi.

In seguito al sequestro avvenuto nel 2013, la struttura aveva rischiato il fallimento. Quindi la nuova vita: sotto la guida degli amministratori giudiziari, i dipendenti venivano messi in regola, ne venivano assunti di nuovi e il Grand Hotel iniziava una nuova vita.