Dieci euro di obolo versati dal rabbino, una convenzione con il Comune e la città di Venezia diventa un’unica, grande casa per gli ebrei, che così potranno spostarsi e portare con sé oggetti anche il sabato, osservando le norme bibliche e rispettando il giorno del riposo. Proprio alla vigilia della Pasqua Ebraica è stata sottoscritta l’intesa che fa di Venezia l’unica città italiana a godere di un’estensione del confine, l’Eruv (recinzione), tale da abbracciare le isole, le calli e i campielli in un’unica proprietà della cittadinanza. Sarà una impostazione di tipo formalistico, ma consente agli ebrei, anche i più ortodossi, di non contravvenire ai dettami della legge (Halakha).
La convenzione, che avrà la durata di cinque anni, e che raccoglie un’eredità peraltro già esistente a Venezia, è stata firmata mentre cominciano le celebrazioni per ricordare i cinquecento anni del Ghetto, che si trova nel sestiere di Cannaregio. Essa servirà non solo ai circa 450 ebrei che compongono la comunità che risiede nel capoluogo del Veneto, ma anche alle migliaia di visitatori e di turisti di religione ebraica che si recano ogni anno Venezia. La data di avvio dell’estensione dell’Eruv è il 22 aprile. Durante il sabato e lo Yom Kippur, giorno della penitenza, gli ebrei non possono portare oggetti da una casa a un’altra casa passando attraverso un luogo pubblico o passando da un luogo pubblico a una casa. Per ovviare a questo divieto, ecco che è stata chiesta al Comune l’autorizzazione a considerare l’intera città come un ambiente unico. Il risultato è che anche nei giorni del riposo si può condurre una vita normale, non soggetta ai vincoli del passaggio da luoghi privati (”reshuth ha-jachid”) a luoghi aperti al pubblico (“reshuth ha-rabbim”) e viceversa. Per fare un esempio, di sabato un ebreo può trasportare pesanti mobili da una stanza all’altra della propria abitazione, ma non può uscire portando con sé neppure uno spillo. Non è quindi il criterio della fatica a distinguere i lavori permessi da quelli proibiti.
L’atto di autorizzazione dell’estensione del confine è stato firmato dal sindaco Luigi Brugnaro, alla presenza del capo della Comunità ebraica di Venezia, Scialom Bahbout, del vice rabbino Avraham Dayan, del cerimoniere del tempio spagnolo, Bruno Foà, e del consigliere della Comunità, Paolo Navarro Dina. La materia dell’estensione è regolata da norme complesse, che servono ad alleviare le imposizioni e le limitazioni di lavoro nella giornata del sabato. La spiegazione su cosa sia l’Eruv viene dalla Comunità ebraica veneziana: “E’ la recinzione di un luogo per consentire il trasferimento di oggetti da un tipo di dominio a un altro. Permette agli ebrei di portare con loro, tra le altre cose, chiavi, tessuti, medicinali o bambini e di utilizzare passeggini e bastoni. La presenza o l’assenza di un Eruv quindi influenza soprattutto la vita delle persone con mobilità ridotta e coloro che sono responsabili della cura di neonati e bambini piccoli”.
Nei confini della città, che riguardano il centro storico in senso stretto, non sono comprese né l’isola di Sant’Elena, né quella della Giudecca. Quest’anno, proprio per le celebrazioni dei cinque secoli del Ghetto è atteso atteso in laguna un numero maggiore di visitatori di religione ebraica, tra cui molti tradizionalisti. La validità dell’autorizzazione è legata al versamento di un “obolo”. Per questo il rabbino Bahbout ha consegnato al sindaco Brugnaro l’offerta di 10 euro, da versare nelle casse comunali. Con l’occasione sono stati consegnati alcuni doni tradizionali, pane azzimo, vino di Gerusalemme, pani del sabato e dolci di Pesach, prodotti nel forno della Comunità veneziana, secondo le regole del “kosher”.