La Corte d'Assise di Bergamo ha detto no agli accertamenti sul furgone e quelli medico legali per stabilire la morte della 13enne. Accolta la richiesta di acquisire la corrispondenza tra il muratore di Mapello e una detenuta. Sentenza prevista dopo il 10 di giugno
I giudici della Corte d’Assise di Bergamo hanno respinto tutte le perizie chieste dalla difesa di Massimo Bossetti, accusato di essere il killer di Yara Gambirasio. Tradotto: per il collegio gli elementi raccolti nei confronti dell’imputato sono sufficienti per arrivare a un verdetto, di innocenza o colpevolezza, che potrebbe arrivare dopo il 10 giugno. Il processo dunque prosegue. Tra le diverse perizie bocciate la più importante è quella sul Dna. Il collegio ha ritenuto “non decisivo ogni ulteriore accertamento” sul punto. Il pilastro dell’accusa – la prova scientifica che per il pm Letizia Ruggeri inchioda Bossetti come l’assassino della 13enne di Brembate – viene da sempre messa in dubbio dalla difesa, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, che fin dal primo giorno hanno parlato di anomalie rispetto ai risultati scientifici raccolti sui leggings e sugli slip della 13enne che riportano alla traccia genetica di ‘Ignoto 1‘ identificato dopo anni di indagini come Massimo Bossetti, in carcere dal giugno 2014.
Per i consulenti dell’accusa il confronto è stato fatto a regola d’arte, escludendo qualsiasi errore o contaminazione nel corso degli esami sul Dna. Diverso il parere dei difensori, secondo cui non vi è alcun dubbio di come, nel corso del dibattimento in aula, “le stesse indagini sul Dna abbiano mostrato risultati anomali e contraddittori”. Secondo i legali di Bossetti c’è una palese incongruenza: il Dna mitocondriale (che identifica la linea di ascendenza materna) non corrisponde a quello di Bossetti. L’assenza del Dna mitocondriale invalida la prova e anche il Dna nucleare -nella traccia mista del Dna di Yara e di Ignoto 1 trovata sugli indumenti della vittima – presenta “numerosi problemi”, sempre secondo la difesa del muratore. Alla richiesta di perizia sulla traccia genetica si era opposta il pm Ruggeri ritenendo che non sussista nessun dubbio che il Dna sia riconducibile a Bossetti. I legali delle parti civili non si sono invece opposti alla perizia, ma l’avvocato Andrea Pezzotta (che rappresenta la madre di Yara) ha sottolineato che “su una traccia mista è assolutamente sconsigliato” fare il Dna mitocondriale.
I difensori avevano inoltre chiesto una perizia medico legale per capire le cause, il momento esatto della morte e quanto il corpo della 13enne è rimasto nel campo di Chignolo d’Isola, dove venne ritrovato il 26 febbraio 2011. Richiesto anche l’allineamento dell’orario delle tre telecamere (due di una ditta e la terza di un chiosco) che la sera della scomparsa di Yara (26 novembre 2010) inquadrano il presunto furgone del muratore di Mapello. Questo accertamento è stato ritenuto “superfluo“. Altre perizie riguardavano invece le fibre e le sferette metalliche trovate sul corpo e gli indumenti della vittima. Anche queste non sono state accolte.
I giudici della Corte d’assise di Bergamo hanno invece deciso che, come chiesto dai difensori, debba essere acquisita l’intera corrispondenza tra Bossetti e una detenuta del carcere di Bergamo che si chiama Gina. Il pm Ruggeri aveva chiesto l’acquisizione solo di alcune delle missive ma i difensori hanno chiesto entrino nel processo tutte quante perché queste vanno “contestualizzate”. Alcune delle lettere contengono dei passaggi giudicati dall’accusa scabrosi e con riferimenti alle ricerche a sfondo pornografico contenute nei computer sequestrati all’imputato. Secondo la difesa, invece, il contenuto delle lettere non ha alcuna attinenza con quelle ricerche. La Corte ha respinto anche gli approfondimenti chiesti dal pubblico ministero che aveva sollecitato l’acquisizione di un lavoro del Ris dei carabinieri sulle misurazioni dell’autocarro ripreso nelle telecamere di sorveglianza e la deposizione di un medico legale e di un entomologo per precisare meglio il lasso di tempo in cui morì Yara e quello di permanenza del corpo della ragazza nel campo di Chignolo d’Isola. Mentre l’elaborato del Ris è stato ritenuto superfluo, gli approfondimenti medico-legali non sono stati ritenuti possibili per via del lungo tempo trascorso. Questi ultimi erano stati chiesti anche dai difensori di Bossetti.
Adesso la sentenza per Massimo Bossetti potrebbe arrivare a metà giugno. Respinta la richiesta di perizie, la Corte ha disposto che il 13 maggio prenda la parola il pm Ruggeri, poi la parte civile e i difensori in un calendario che si conclude il 10 giungo. Dopodiché è prevista la Camera di consiglio per emettere il verdetto.
“Bossetti – spiega il legale Salvagni- è comunque fiducioso. Spera e crede che la verità, prima o poi, venga a galla”. Per la difesa la decisione dei giudici d’Assise “è una presa di coscienza del dubbio. La scelta di oggi può essere letta anche positivamente. E’ evidente che in questo processo le zone d’ombra sono ancora tantissime”. “Solo in questo processo succede – sottolinea l’avvocato Camporini – che la difesa non abbia potuto vedere o toccare gli elementi portati dell’accusa” facendo riferimento al divieto di poter analizzare i leggings e gli slip della vittima su cui è stata trovata la traccia genetica mista di Yara e di Ignoto 1. I legali ritengono che si debbano “attendere le motivazioni per le quali la Corte ha ritenuto che non fosse decisiva una perizia sul Dna”. “Dal nostro punto di vista noi la leggiamo come una impossibilità da parte dei periti di portare un risultato diverso rispetto a quello dei consulenti – hanno detto gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini – il che significa che quel dubbio rimane, come ha già deciso un tribunale del Riesame e la Cassazione ha riconosciuto l’onestà intellettuale di questi giudici, ma essendo giudice di legittimità, non è entrata nel merito”.