Nella giornata di ieri, su molti quotidiani e tg nazionali, una sola notizia ha avuto quasi lo stesso rilievo di quella della scomparsa di Prince: la morte di una ragazza di 19 anni, Lisa, travolta da un treno mentre attraversava i binari in una stazione di Milano. Per la verità, su alcuni quotidiani, la foto di Lisa occupava un quarto di pagina mentre quella di Prince era relegata in una colonnina a margine. A Lisa sono stati dedicati corsivi in prima pagina e spazi in vari programmi tv. Per carità. Una morte terribile, una ragazza sfortunata, una tragedia inimmaginabile per la famiglia. Eppure, in questa gigantesca attenzione mediatica c’è qualcosa che non torna. Lisa è morta come sono morte altre 57 persone nel 2015, ovvero sui binari di una qualche stazione d’Italia. C’è chi passa con un passaggio a livello chiuso, chi non rispetta le linee gialle, chi attraversa i binari anziché usare i sottopassaggi come Lisa.
L’11 aprile una studentessa di 20 anni, nella stazione di Civitanova Marche, ha fatto la stessa tragica fine. Si chiamava Ilaria, ha commesso la stessa imprudenza. L’hanno ritrovata sul binario, con il suo libro di poesie di Montale accanto. A Ravenna è morta una vecchietta di 91 anni, a Ivrea è stata investita una cinese di 30 anni, a Santa Marinella una 39enne, a Bologna, a febbraio, una 22enne. E così via. Il giorno in cui è morta Lisa è toccata la stessa sorte a un ragazzo di Bellaria, Marco Frangipani. Gli erano scappati i due barboncini, ha fatto in tempo a prenderne in braccio uno, l’altro s’è messo a correre sui binari. Marco l’ha inseguito, è arrivato il treno ed è morto stringendo il suo cane.
Marco e Lisa erano entrambi dove non dovevano essere: sui binari. Lisa voleva prendere una scorciatoia e aveva le cuffiette alle orecchie, Marco voleva salvare i cani e il treno non l’ha sentito lo stesso. Notizie simili, morti identiche, eppure la morte di Lisa ha monopolizzato i media per due giorni, quella di Marco era un trafiletto sotto la sua (quando veniva citata). Le foto di Lisa erano ovunque, quella di Marco s’è vista a malapena. Per raccontare la morte di Lisa si sono spese firme importanti, per Marco qualche giornalista di cronaca. Eppure, nella sua tragicità, la fine di Lisa è stata causata da una banale, frequente distrazione (oltre che dall’aver violato un divieto), nulla di eccezionale nella cronaca di tutti i giorni.
Di Ilaria e il suo libro di poesie di Montale s’era occupata la cronaca locale o poco più. Di succulento da un punto di vista mediatico, nella morte di Lisa, non c’erano le cuffiette, la musica di Rihanna nelle sue orecchie prima di morire, la giovane età. Balle. C’era il fatto che Lisa fosse bella. Che fosse un’aspirante modella. Che la sua pagina Facebook pullulasse di foto perfette per una prima pagina, una home, un link attira clic. Sono state la sua aria esotica, la sua bellezza sfavillante, la foto da copertina a renderla mediaticamente una morta di serie A.
Se Lisa fosse stata una normale universitaria con un paio di occhiali e una pagina Facebook con le frasi di Osho o le foto con gli amici al bar, dubito che la notizia avrebbe tolto spazio a Prince. “Lisa è morta per un eccesso di fantasia”, ha scritto Roberto Saviano. Per carità, nobile intento quello di romanzare la vicenda, di trovarle un risvolto poetico, di cercare una piega meno cinica in una morte così stupida e drammatica, ma la verità è che Lisa non è morta per eccesso di fantasia. È morta perché ha commesso un gesto imprudente, per giunta vietato. Certo, tutti noi vorremmo che l’avesse scampata, che si fosse presa un bello spavento e che avesse imparato la lezione, ma non è andata così. La verità è che la sua sfortuna non avrebbe avuto nulla di così invogliante per i media se Lisa non fosse stata uno splendore di ragazza. Nessuno avrebbe trovato narrativamente affascinante la vicenda se Lisa non avesse lasciato in eredità i suoi meravigliosi selfie. Neanche Saviano.
Del resto, che i morti di bell’aspetto (possibilmente anche giovani) siano morti di serie A non è una novità. A parità di delitto, di femminicidio, di disgrazia, il morto avvenente ha sempre più spazio, eco e prime pagine. Ed è così che va ormai. La morte, mediaticamente parlando, non è più una livella e non lo è neppure un passaggio a livello. Per sperare che la nostra morte valga quanto quella degli altri forse non dobbiamo più preoccuparci di aver lasciato un buon ricordo di noi in vita, ma di aver lasciato dei bei selfie. Ciao Lisa, ciao Marco.
L’episodio
Lisa Di Grisolo era una ragazza di 19 anni. Giovedì mattina è morta, travolta da un treno ad alta velocità mentre attraversava i binari con le cuffie alle orecchie. L’episodio è avvenuto prima delle 8. Lisa è morta sul colpo. La polizia ferroviaria ha accertato che la giovane, in preda a una distrazione, ha attraversato i binari in maniera avventata.
Da Il Fatto Quotidiano del 23 aprile 2016