All’indomani della sua intervista a Otto e mezzo, a stupire Nicola Gratteri, neo procuratore di Catanzaro, è che tra tutte le sue dichiarazioni solo una sia stata ripresa dai principali quotidiani: “È vero, ho detto che Davigo ha sbagliato, ma nella forma, non nella sostanza. Piercamillo è un provocatore intelligente, brillante, perbene e indipendente. Uno dei pochissimi che può permettersi di parlare. Provocatore nel senso che vuole smuoverci dall’apatia, aprire il dibattito sulle falle del sistema. Quando dico che ha sbagliato a generalizzare, intendo che ha dato modo a chi vuole parlar d’altro di attaccarlo, anziché rispondere nel merito. A ogni modo non ha bisogno di difensori, vista la sua storia professionale”.
Quindi concorda con Davigo sul fatto che, rispetto a Tangentopoli, la corruzione in politica non è diminuita?
La situazione è molto più grave rispetto a 20 anni fa, come documentano diverse indagini degli ultimi anni. C’è stato un abbassamento dell’etica e in parallelo una sempre maggiore legittimazione delle mafie, che danno risposte più credibili della politica.
Com’è cambiato il rapporto mafia-politica?
Ormai sono i politici a cercare i mafiosi, non viceversa. I candidati alle Politiche, Regionali e Comunali vanno dal capomafia a chiedere i voti. Solo nella Locride le ultimi indagini han detto questo e altro.
La sua commissione ha depositato 16 mesi fa le proposte per far funzionare la giustizia. Dove sono adesso?
La relazione si trova a Palazzo Chigi ed è stata anche inviata, su richiesta della presidente Bindi, alla commissione Antimafia. Quasi tutti i parlamentari ne hanno copia. Qualcosa, come il processo a distanza, è stato approvato alla Camera e aspetta di passare al Senato. Si discute anche dell’Agenzia dei beni confiscati. Ora è sotto esame l’ordinamento penitenziario, anche se stanno scrivendo l’esatto opposto di quel che abbiamo suggerito noi (volevamo la sostanziale abolizione del Dap per dare più poteri alla polizia penitenziaria, in nome di una maggior trasparenza). A occhio, han recepito circa il 5% del nostro lavoro.
Ma non è stato Renzi a volere questa task force?
Io mi aspettavo, o quantomeno sognavo che almeno parte delle riforme che Renzi mi ha chiesto passasse per decreto. come quella più urgente, che dovrebbe essere meno controversa, per abbattere tempi e costi del processo penale.
Invece nulla. Perché?
Abbattere i tempi del processo significa non arrivare alla prescrizione, specie per i reati ordinari, i tre quarti dei quali oggi non fanno in tempo ad arrivare in Cassazione. Rimettere in piedi un sistema efficiente è fondamentale anche per la lotta alla mafia. Se risolvi il problema di una truffa, magari l’imprenditore prende fiducia e la volta dopo ha il coraggio di denunciare un’estorsione. Forse, per questo tema così delicato, Renzi non ha i numeri in Parlamento. Queste riforme toccano centri di potere: se implementate, manderebbero in galera molti colletti bianchi.
Renzi ha ceduto pure a Napolitano, che non la voleva ministro della Giustizia.
Quella faccenda è andata ogni oltre previsione. Il veto c’è stato solo su di me, ma le ragioni non sta a me commentarle. È una domanda per l’ex capo dello Stato.
La sua commissione ha lavorato gratis per 6 mesi. Perché Renzi ve l’ha chiesto, se sapeva che avrebbe ignorato le vostre proposte?
Perché all’inizio era fortemente conscio della necessità di queste riforme. Quando ne parlavamo era entusiasta.
E adesso?
Non so. Una volta consegnato tutto, il mio compito è finito. E francamente questa situazione m’imbarazza: non sta a me convincerli a portare avanti un lavoro chiesto da loro.
I casi giudiziari che hanno investito la Guidi e indirettamente la Boschi gli avranno tolto un po’ di entusiasmo.
Non dispero. Il lavoro resta attuale, non è superato. Il problema sono i centri di potere interni al Parlamento che non vogliono cambiare le cose.
Eppure il premier accusa solo i magistrati: “25 anni di barbarie giustizialista”.
I magistrati non sono marziani, sono il prodotto di questa società. La quasi totalità è perbene, onesta, preparata. Ma è ovvio che capita anche a noi di sbagliare, come al medico o all’avvocato. Solo che certi errori sono molto gravi, perché incidono sulla libertà delle persone. Abusi ce ne sono stati, ma han riguardato una minoranza della magistratura. E ricordo che, se sono venuti fuori certi “comportamenti” di magistrati infedeli, è perché altri magistrati li hanno indagati, rinviati a giudizio e in certi casi arrestati.
Renzi attacca i giudici, accetta i veti di Napolitano sul Guardasigilli e subisce un Parlamento che lavora per bloccare la giustizia. A un certo punto lei riconoscerà una responsabilità anche al premier o gli darà per sempre il beneficio del dubbio?
Io racconto la storia, le valutazioni fatele voi. Il mio dispiacere sta nella consapevolezza che molte di queste riforme sono determinanti.
Riforme – 416 bis e ter e autoriciclaggio – che ha sostenuto al Csm che la valutava per la Procura di Milano.
Urgenti e fondamentali. Basterebbe la volontà politica
Cosa deve pensare un cittadino di questi paradossi?
Lo so, la gente percepisce questa situazione e si pone delle domande, ma non spetta a me puntare il dito. Io faccio il magistrato, non il politico.
Ma non si arrabbia mai?
Io ho l’entusiasmo di un trentenne, ma quando ti scontri e vedi il mondo, capisci che oltre a un certo punto non si può andare. Fare il Masaniello non serve. Perché poi ti etichettano come un pazzo – è successo a molti – e quello che vuoi comunicare non viene più preso sul serio. Io posso solo continuare a lavorare, adesso ho la Procura di Catanzaro a cui pensare. Ma, di fronte alle polemiche degli ultimi giorni, la risposta saggia sarebbe discutere. L’approccio campanilistico della politica è sbagliato. La guerra non possiamo permettercela. Renzi dovrebbe cogliere l’occasione per discutere dei grandi problemi della giustizia, per aprire un dialogo con i magistrati in appositi incontri di studio. Invece pare ci sia una gara ad avvelenare il clima. E sono certo che non era questo l’intento di Davigo.
da Il Fatto Quotidiano del 24 aprile 2016