Qualche giorno fa una bella signora è entrata in libreria per chiedermi se potevo consigliare una lettura sulla storia della Resistenza da far leggere a suo figlio, un ragazzo che frequenta le scuole medie e che voleva portare in classe qualcosa di diverso dai soliti testi, che potesse far sentire lui e i suoi compagni più vicini alle vicende della lotta partigiana. Io non ho avuto dubbi, e ho preso subito dagli scaffali la nuova edizione di Razza Partigiana. Storia di Giorgio Marincola (1924 – 1945), scritto da Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, pubblicato da Iacobelli.
Giorgio Marincola era un ragazzo italiano che, durante la seconda guerra mondiale, abbracciò la causa della resistenza, divenne partigiano e, dopo tanti scontri con i nazifascisti, morì da eroe. Una storia non diversa da quelle di molti altri uomini tra le tante spezzate di quegli anni. Solo che Giorgio Marincola era meticcio, forse l’unico partigiano di colore della storia della resistenza italiana. E questo lo rende oggi più attuale che mai. La sua vicenda ha inizio in Somalia, quando nasce come figlio di un maresciallo dell’esercito che, insolitamente per le usanze del tempo, riconosce entrambi i figli nati da una relazione con una donna del posto, per poi portarli in Italia. Giorgio cresce con i parenti a Pizzo Calabro, e poi giunge a Roma dove frequenta il liceo. Qui ha come insegnante l’azionista Pilo Albertelli, poi ucciso alle Fosse Ardeatine, il cui esempio è fondamentale per l’evoluzione del suo desiderio di giustizia e libertà.
Dopo l’occupazione della capitale, Giorgio imbraccia il fucile e comincia a combattere, si sposta di fronte in fronte, quasi inseguendo i nemici e, all’arrivo degli Alleati, dopo un periodo di addestramento militare a Brindisi, si fa paracadutare dietro la linea Gotica, per continuare a combattere i nazifascisti sui territori ancora occupati. Dopo alterne vicende, viene catturato e, come altri compagni, indotto con la violenza a rilasciare dichiarazioni fraudolente e miserabili a Radio Baita, una stazione che, attraverso la minaccia dei fucili e delle spranghe, cerca di dividere il fronte partigiano creando dissenso e disinformazione.
Qui a volte anche le coscienze più solide si spaccano sotto i colpi della tortura, ma la risposta di Giorgio è ben diversa, e al microfono affida queste parole: “Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica… La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori…” poi giù botte, e la trasmissione viene interrotta. Eppure Giorgio se la cava ancora, e viene successivamente di nuovo liberato. Siamo agli sgoccioli del conflitto, potrebbe riparare in Svizzera sui mezzi della Croce Rossa, ma lui si tiene in piedi, e vuole ancora combattere i nemici. Così muore nei giorni finali del conflitto, in uno scontro a fuoco con le SS a Stramentizzo in Trento, nell’ultima strage nazista sul suolo italiano, mentre alle sue spalle l’Italia può finalmente dirsi liberata.
Razza Partigiana ha il merito di avere ricostruito una storia che, per molti anni, è rimasta impolverata e incerta e che oggi, soprattutto grazie all’impegno degli autori, ha fatto di Giorgio una figura centrale, evocativa e iconica della lotta partigiana. Intorno al lavoro di Costa e Teodonio si è poi sedimentato un gruppo di storici che hanno contribuito a diffondere e consolidare questa vicenda, nella quale è stato coinvolto anche Wu Ming 2, autore per Einaudi di Timira. Romanzo meticcio, in cui racconta la storia di Isabella, sorella di Giorgio e madre di Antar, coautore della storia. Grazie al loro impegno la storia di quel giovane ragazzo di colore che ha combattuto per la libertà d’Italia travalica la carta e rientra nelle aule, da quelle di Pizzo fino a Novara, e insieme ai giovani rinasce nei reading e negli incontri, per portare avanti non solo l’esplorazione di un metodo storiografico di ricerca, per il quale si rimanda al sito www.razzapartigiana.it, ma anche il senso di quella battaglia di giustizia e libertà che, nei giorni in cui sedicenti futuristi trovano il modo di far parlare delle loro azioni rovesciando chinotti su pile di fumetti satirici, sembra ancora fondamentale e attualissima. Buon 25 aprile a tutti. Tutti i giorni.