25 aprile. Giorno della liberazione dal nazifascismo. Un po’ di gratitudine a partigiani, partigiane, staffette, popolo che si è schierato pur sapendo che il governo definiva questa gente criminali, perché il fascismo, in Italia, come altrove, era legittimato dal voto. Non ci fu un colpo di Stato per piazzare Mussolini o Hitler al governo. Tanto per ricordare che “legalità” non significa necessariamente stare dalla parte del giusto. Quante vittime e quanti racconti contraddittori su quel tempo, senza nasconderci nulla, né le cose belle e neppure quelle brutte. Le violenze dei “liberatori” che colonizzavano le nostre terre. La violenza di tante persone, a prescindere dalla targa che avevano addosso. C’è differenza tra partigianeria nelle montagne e quella nell’isola in cui hanno vissuto i miei nonni, i genitori, tutti quelli che amo e che conosco. Mio nonno fu arrestato dalle camicie nere perché stava cercando di portare un po’ di grano alla famiglia di una cognata, senza più marito, che doveva sfamare cinque figli. Mia nonna rimase a lungo sola, a lavorare i campi, e a tenere un fucile e un bastone dietro la porta, perché a bussare non sempre c’era qualcuno armato di buone intenzioni. Le donne che temevano doppie violenze. A volte qualche stupro. Da parte di fascisti, o di liberatori, gli americani che palpavano corpi di donne che accettavano in dono una barretta di cioccolata.
Le donne che pensavano di aver partecipato alla resistenza tanto quanto e che in definitiva, dopo quel momento in cui si respirava parità, furono rimandate a casa, a parte quelle, rare, che contribuirono alla stesura della Costituzione. È il passato, che viene rivisto oggi con tanto di pretese revisioniste. E allora le foibe? Lo so che i morti sono morti ma il buon senso vuole che vada restituito un giusto posto nella storia a chi vorrebbe raccontarvi che, tanto per dire, i repubblichini di Salò sono uguali ai partigiani. In fondo erano soldati, facevano solo il proprio lavoro, alcuni per sfamare le famiglie. Ma sì. Che pena, e riecheggiano nella mia mente le parole dei nazisti che stavano a massacrare gente nei campi di sterminio e poi dichiararono che si trattava del loro lavoro. Era la legge. Il punto è che c’è sempre una scelta e bisogna pur capire che i fascismi, i totalitarismi, gli autoritarismi, e non parlatemi di stalinismi vari perché li odio tanto quanto, in ogni caso, dicevo, i fascismi si riproducono, riemergono. Chiedono diritto di parola. E non mi riferisco a quel che è più evidente, cose dalle quali è semplice prendere le distanze. Gli estremismi di gente di estrema destra, razzista e omofoba, che ogni tanto accoppa l’immigrato o accoltella il gay che osa prendere per mano il suo compagno.
Mi riferisco alla legittimazione di concetti puramente discriminatori che fanno ritenere nuovamente giuste logiche razziste, sessiste, classiste. Ditemi perché i poveri sono diventati gli “invasori” e perché in Italia siamo tornati a parlare di ruspe ogni due per tre. Ditemi perché di nuovo alle persone omosessuali, transgender, vengono dedicati commenti che si riferiscono chiaramente a soluzioni “finali”, crudeli, pensate da chi non accetta l’esistenza di chi è diverso. L’immigrato, il gay, la lesbica, il rumeno, la/il trans. Ditemi che davvero non credete alla balla sull’esistenza di un “Gender” impositivo che vorrebbe fare il lavaggio del cervello alle nuove generazioni. L’unico contesto che resetta e riprogramma cervelli, per quel che mi riguarda, è un mondo revisionista, autoritario, catto/fascista, che continua a pretendere di monopolizzare corpi, persone, applicando l’egemonia dell’uomo bianco, etero, di religione ovviamente cattolica, e guai a dire che la gente di altre identità politiche, orientamenti sessuali, identità di genere, religioni, culture, ha diritto di esistenza tanto quanto.
E le donne? Sono tornate a essere viste come soggetti deboli, con fascisti che fanno ronde nei treni alla ricerca dello straniero che secondo loro potrebbe, e dico potrebbe, ritenersi potenzialmente uno stupratore. Donne affidate alle forti mani dello Stato che ne palpa i corpi, come i liberatori di tanto tempo fa, in cambio di qualche paternale con tanto di richieste di gesti di riconoscenza nei loro confronti. Nel ventennio fascista si ragionava pressappoco allo stesso modo, l’esaltazione del materno, la differenza sessuale etero normativa, il disprezzo contro persone diverse alle quali si attribuiscono patologie, vizi o crimini che non hanno mai commesso.
E’ questa forse l’aria che celebra la liberazione? Da cosa esattamente ci riteniamo liberi? Per chi sono morte quelle persone che hanno tentato di restituirci una democrazia? Per giovani che continuano a tatuarsi una svastica anche sul culo, o che fanno marce inneggiando al potere bianco. Per chi si arroga il diritto di pronunciare selezioni sulla base di una presunta natura che in realtà c’entra con razza, genere, classe. Ci ritroviamo a dover combattere contro un clima culturale che nega che un progresso vi sia mai stato. Non santifico nessuno. Oh bella ciao, per me, è una canzone che si riferisce a mia nonna o a mia madre, donne forti che hanno resistito, così come le donne di Ragusa che sono finite in carcere per proteggere mariti e figli che le camicie nere volevano obbligare a far la guerra. La resistenza l’ha fatta Franca Viola non accettando di sposare chi l’aveva stuprata. La fanno tante donne, soprattutto in casa o con persone conosciute, cercando in tutti i modi di far capire che il loro consenso è indispensabile per far qualunque cosa. Sovvertendo i ruoli di genere. Ampliando la rete di diritto per se stesse e le proprie figlie. Sono lotte che ricordano che nessuno può decidere sui nostri corpi. Nessuno o nessuna. Resistenza è quella di tante persone, profughi e richiedenti asilo, che restano confinate fuori dalle muraglie europee di filo spinato. Resistenza è quella di chi viene tacciato di “terrorismo” perché resiste alle colonizzazioni territoriali. E ricordate che i partigiani erano considerati terroristi, da ammazzare, perché il potere condisce sempre la repressione con campagne colme di narrazioni tossiche. Terroristi, briganti, banditi. Chi resiste, chi dissente, è nel torto.
Il mio 25 aprile lo dedico alle persone che ogni giorno lottano per guadagnarsi il rispetto per la propria autonomia intellettuale, economica, sociale. Lo dedico a tutte le donne ribelli che pisciano sugli insulti sessisti che ci vorrebbero ancora a stare a cosce strette perché diversamente – e capita nel 2016 – siamo solo troie. Lo dedico a noi altre che non ci rifugiamo in comodi branchi, noi cagne sciolte, che non dobbiamo dire grazie a nessuno e che dedichiamo pensieri intellettualmente onesti, che voi li condividiate o no, a chi ci ascolta. Lo dedico a noi troie, puttane, libertarie, nude. Lo dedico a chi rivendica la libertà di mostrare corpi non conformi. A te che leggi e resti a pugni stretti perché c’è chi rivolta la frittata e ti fa credere che la fascista sei tu perché non ti piacciono le svastiche. A te che sai che comunque i fascismi li rintracci in casa, fuori, ovunque vi sia un ordine costituito che ti obbliga a fare quello che non vuoi, gruppi di donne inclusi, che manipola il tuo pensiero e grazie a vecchi e nuovi Goebbels ti fa credere che l’autoritarismo è il bene e che tu, stronzo libertario, anarchica, dissenziente, che non sei altro, sei il male. A tutti gli eretici e le eretiche. Buon 25 aprile. Buona festa della Liberazione.