Per il presidente della banca centrale tedesca "non c'è né in Italia, né in Germania, né in altri Paesi la volontà di superare gli ostacoli" che impediscono l'integrazione fiscale. La prova? "Renzi ha dichiarato che non si fa dettare la politica fiscale dai burocrati di Bruxelles". Peraltro mettere in comune i rischi sarebbe un incentivo a "fare più debiti". Poi l'affondo: "Assurdo che i titoli di Stato detenuti dalle banche siano considerati senza rischio"
Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, non fa sconti all’Italia. Il banchiere centrale, parlando all’ambasciata della Germania a Roma, ha sottolineato che l’Europa è di fronte a un bivio: può trasferire le decisioni in materia di bilancio a livello comunitario, dando vita a una vera unione fiscale e bancaria e condividendo i rischi, oppure proseguire sulla via della sovranità nazionale. La prima strada si presenta però sbarrata da “ostacoli enormi”, dato che diversi Paesi europei – vedi l’Italia – non hanno rispettato neanche le attuali regole del patto di Stabilità e crescita e non sembrano intenzionati a cedere potere a Bruxelles. Poi l’attacco più insidioso per le banche italiane: la crisi, ha detto Weidmann, ha dimostrato quanto sia “assurda” l’ipotesi di considerare privi di rischio i titoli di Stato dei paesi dell’Eurozona, che invece devono essere coperti dal capitale proprio delle banche che li hanno in portafoglio. “A mio avviso la riduzione dei rischi per le banche in merito ai titoli di Stato da esse detenuti è fra l’altro un presupposto importante per la possibile introduzione di un fondo comune europeo di garanzia dei depositi“. Messaggio neppure velato a Roma, che spinge per la garanzia comune sui depositi ma le cui banche hanno in pancia titoli di Stato per oltre 450 miliardi.
Il banchiere tedesco, intervenuto a gamba tesa nel dibattito sul futuro dell’Eurozona nonostante non abbia alcun ruolo politico, ha apertamente criticato la posizione del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan definendo troppo “ottimista” l’idea del titolare del Tesoro che rischi e responsabilità vadano condivisi senza prevedere “un meccanismo comune”. “Pier Carlo Padoan ed io siamo di opinione diversa”, ha proseguito Weidmann. “Una ampia condivisione delle responsabilità tra gli Stati dell’Eurozona senza il corrispettivo meccanismo di controllo comune rappresenterebbe un percorso sbagliato” perché farebbe “cadere il principio di responsabilità” rafforzando “la tendenza presente in una unione monetaria ad accumulare debiti piuttosto che frenarla”. Padoan ritiene che “la condivisione dei rischi e delle responsabilità rappresentino forti incentivi a rispettare le regole e a prevenire comportamenti opportunistici”. Ma su questo, ha chiosato il banchiere centrale di Berlino, “io non sarei tanto ottimista“. Dal ministero, riferisce l’agenzia Ansa, si tende a minimizzare: “Posizioni note, niente di scandaloso”.
“Matteo Renzi – ha rincarato Weidmann – l’anno scorso in occasione della presentazione del bilancio italiano ha dichiarato che la politica fiscale italiana viene fatta in Italia e che l’Italia non permette che essa venga dettata dai burocrati di Bruxelles. In un’unione fiscale questo cambierebbe. Uno Stato membro dovrà adempiere alle richieste di una autorità fiscale europea”. In ogni caso, “senza ampie modifiche ai Trattati europei e i referendum negli Stati membri ciò non sarebbe raggiungibile. Ciò vale sia per un ministero delle finanze comune per l’area dell’euro dotato del proprio budget sia per un sistema che permetta interventi regolamentati nei bilanci nazionali”. E “a mio avviso si tratta di ostacoli enormi. Al momento non vedo la volontà di superare questi limiti, né in Italia, né in Germania, né in altri Paesi”.
Il discorso di Weidmann è partito dalla considerazione che in tema di politica di bilancio le possibilità sono due: “Gli Stati trasferiscono sia il potere decisionale sia la responsabilità per le questioni di bilancio a livello europeo, oppure gli Stati continuano ad avere la sovranità sul bilancio, sopportando però anche le responsabilità per le conseguenze”. Insomma, delle due l’una. Ma la strada delle regole comuni europee non sembra praticabile. Sul rispetto dei Trattati “la Commissione tende continuamente a scendere a compromessi a danno del rispetto del bilancio” visto che “si trova in una situazione di conflittualità degli obiettivi: da un lato deve agire come garante dei Trattati e controllare l’applicazione delle regole, dall’altro è una istituzione politica chiamata a mediare tra gli interessi più diversi”. Insomma, la stessa posizione espressa la settimana scorsa in un critico report della Corte dei Conti Ue.
Il presidente della Bundesbank ha poi ricordato come “da quando esiste l’Unione monetaria le regole del patto di stabilità e crescita sono state violate da parte di alcuni Stati – tra i quali anche l’Italia – più spesso di quanto siano state oggetto di ossequio”. Ma “anche la Germania – ha ammesso – nel biennio 2003/2004 ha contribuito a indebolire la forza vincolante delle regole”.
Infine, Weidmann è tornato anche l’ipotesi di un intervento del tipo “helicopter money” da parte della Bce, in pratica far arrivare i soldi direttamente nelle tasche dei cittadini. Il governatore Mario Draghi ha già spiegato che l’idea non è mai stata discussa a Francoforte. Il collega tedesco non ha comunque rinunciato a puntualizzare che l’ipotesi deve “tornare nel cassetto delle ipotesi accademiche” perché “distribuire liquidi alle persone come una manna dal cielo creerebbe un buco nel bilancio”.