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Isis, la scuola del Califfato. Come educare i ragazzi al Jihad

I ragazzi che vivono nei territori controllati ancora dall’Isis sono un problema urgente a cui la comunità internazionale deve dare massima attenzione. Inizia con questa preoccupazione l’ultimo rapporto della Quilliam Foundation, una struttura basata a Londra e che si dedica alla lotta contro l’estremismo islamico. Nel mese di marzo scorso ha pubblicato un articolato rapporto su una nuova generazione di jihadisti (The Children of Islamic State) pronti a mettersi a disposizione del califfato per combattere e per morire da martiri. Per iniziare l’Isis ha praticato da subito una politica familiare incoraggiando i matrimoni e le nascite. Secondo questo rapporto vi sono a tutt’oggi 31 mila donne incinte e tali gravidanze non sono frutto solo di matrimoni ma anche di una politica di stupri.

Il problema quindi di questi bambini che nascono e che cresceranno diventa un problema generazionale, nel senso che non possiamo considerarlo risolto una volta sconfitto militarmente l’Isis, perché questi bambini e ragazzi stanno crescendo nell’ideologia del califfato e di conseguenza avranno difficoltà in un futuro inserimento se da subito non si mette in atto una politica di de-radicalizzazione. Questo è più facile a dirsi che a farsi. Ma la sensibilizzazione a questo problema significa che, laddove si riconquista un territorio all’Isis, bisogna tener presente la necessità di ricostruire, non solo gli edifici, ma soprattutto le condizioni per una reintegrazione di questi ragazzi ad una vita normale. Oggi i giovani educati alla scuola dell’Isis sono utilizzati come soldati, spie, boia per le esecuzioni capitali, kamikaze. L’indottrinamento comincia da subito a scuola per i ragazzi dai 10 ai 15 anni, dove sono state abolite le materie di insegnamento che non si ricollegano al Corano.

Vengono educati alla sharia e soprattutto il loro indottrinamento porta sulla capacità di esercitare una violenza estrema nei confronti dei miscredenti e più in generale dei nemici dell’Islam. Per questo i ragazzi sono obbligati ad assistere alle esecuzioni capitali che avvengono tramite sgozzamento o con un proiettile e la propaganda dell’Isis, secondo il rapporto della Quilliam, ha mostrato negli ultimi mesi immagini di ragazzi pronti a praticare le esecuzioni capitali e in un caso specifico si vede uno di questi ragazzi che partecipa attivamente ad una esecuzione. Quindi, formazione a scuola per la parte teorica che poi si riduce ad una storia della vita di Maometto e alcuni elementi iniziali del Corano, e formazione pratica in veri e propri campi di addestramento militare. A quali strumenti didattici l’Isis fa riferimento, non avendo avuto il tempo materiale di forgiarne di nuovi? Sono sostanzialmente i manuali siriani e iracheni debitamente ripuliti da tutto ciò che lontanamente richiama la cultura occidentale.

Nella prima fase dell’espansione del califfato si è proceduto a chiudere le scuole, poi alcune sono state riaperte. I maschi sono stati divisi dalle donne e a quest’ultime è stato fatto obbligo di portare il velo a partire dai 10 anni. E’ evidente che la pedagogia con cui si pensa di educare questi ragazzi e ragazze è fondata sulla violenza. Si comincia dalla famiglia, quella formatasi seguendo le regole della sharia, e che applica regole coercitive nei confronti dei figli per poi consegnarli al braccio armato dell’Isis. In altri casi vi sono dei veri e propri rapimenti di ragazzi che devono sottoporsi ad una educazione ferrea e raggiungere un livello di insensibilità grazie al quale uccidere un miscredente è un atto naturale per un musulmano del califfato.

Nulla di nuovo, si potrebbe dire, se si pensa alla pedagogia del nazismo, o alla politica dei bambini soldato in alcuni paesi africani. La novità, forse, consiste nel fatto che sta crescendo la consapevolezza di dover riflettere su quali strumenti mettere in atto per un programma di de-radicalizzazione, coscienti che non bastano le vittorie militari. In questo senso l’UE deve mobilitare reti universitarie e scolastiche che pongano all’ordine del giorno lo studio e l’elaborazione di una politica di integrazione delle migliaia di giovani che si troveranno soli all’indomani della sconfitta dell’Isis.