Il progetto, partito da un'idea di Viaggi solidali e sviluppato con la collaborazione di Oxfam Italia e la fondazione Acra, ha coinvolto oltre 11mila persone in cinque anni. Soprattutto scolaresche, che formano l'80 per cento dei visitatori. Il progetto offre a studenti o semplici cittadini itinerari alternativi a quelli tradizionali, nei luoghi simbolici dell'integrazione
Il londinese Phileas Fogg, creatura letteraria di Jules Verne, ci impiega 80 giorni. Ma a volte, per fare il giro del mondo basta meno, appena qualche ora. E non servono nemmeno lunghi viaggi, per ritrovarsi in mezzo a culture diverse, tra voci e sapori sconosciuti. Sono proprio dietro l’angolo, poco distanti da casa. Nelle nostre città. Torino, Firenze, Roma. Per questo da alcuni anni il progetto Migrantour offre a studenti o semplici cittadini itinerari alternativi a quelli tradizionali, nei luoghi simbolici dell’integrazione. Passeggiate interculturali, dove sono i migranti a fare da accompagnatori e a guidare i gruppi alla scoperta dei quartieri multietnici, dei capoluoghi italiani ed europei. Un modo per favorire l’incontro, ma anche cancellare, attraverso la conoscenza diretta, i pregiudizi e le paure che ruotano attorno ad alcune zone e ad alcune comunità.
Il progetto, partito da un’idea di Viaggi solidali e sviluppato con la collaborazione di Oxfam Italia e la fondazione Acra, ha coinvolto oltre 11mila persone in cinque anni. Soprattutto scolaresche, che formano l’80 per cento dei visitatori, ma anche residenti curiosi di guardare la propria città da un punto di vista differente: quello dello straniero. Perché una guida cinese può mostrarvi la Chinatown di via Paolo Sarpi a Milano come non l’avete mai immaginata, mentre una giovane peruviana vi accompagnerà nelle botteghe sudamericane di Sampierdarena, a Genova, aprendovi le porte di una cultura lontana eppure così vicina.
Alle nove città di partenza (Milano, Torino, Genova, Roma, Firenze, Valencia, Marsiglia, Parigi e Lisbona) oggi se ne stanno aggiungendo altre, seguendo un concetto di “rete aperta”. In lista ci sono anche Bologna, Padova e Napoli. E proprio qui, nel capoluogo campano, il 26 e il 28 aprile si incontreranno accompagnatori e scrittori, nell’iniziativa “Racconti dalla città-mondo”. Una serie di incontri aperti al pubblico, promossi dalla cooperativa sociale Casba, che da un paio d’anni organizza i Migrantour nella Napoli multietnica. L’obiettivo è stimolare un dialogo a più voci, e condividere una riflessione sulle trasformazioni urbane e sul valore delle migrazioni.
“Non abbiamo numeri grandissimi, ma vogliamo essere una piccola goccia nel mare dell’insofferenza e dell’intolleranza” spiega Enrico Marletto, direttore tecnico di Viaggi solidali. “Siamo convinti che la diversità, se la cavalchi, può essere un aiuto notevole della crescita. Non va contrastata”. Il progetto di Migrantour è nato nel 2010, a Torino, dove il mercato di Porta Palazzo è un punto di incontro tra mondi. “Noi siamo un tour operator che vende viaggi responsabili per conoscere culture diverse. Ma quelle culture ce le abbiamo anche qui. Così ci siamo chiesti: perché non formare dei migranti che facciano da accompagnatori interculturali?”. L’idea è piaciuta, e dopo uno studio di fattibilità, l’esperienza di Torino è stato allargata ad altre città, ottenendo anche un finanziamento europeo. “Ma si può fare in tantissime realtà. Il format è disponibile e gratuito”.
Gli accompagnatori, tutti pagati, sono in maggioranza donne, conoscono bene l’italiano, spesso hanno alle spalle esperienze come interpreti o mediatrici, e sono quindi in grado di gestire il rapporto con il pubblico. “Queste sono le basi, ma poi serve anche uno studio del territorio perché non raccontano solo se stesse e la propria cultura, ma anche quelle di altri”. Accompagnano molte scolaresche, formate da classi miste. “In quel caso si formano dinamiche interessanti, perché si ribaltano i ruoli. Gli studenti stranieri non sono più i diversi, ma quelli che sanno. Diventano protagonisti”.
Per il futuro è in cantiere una sorta di migrantour al contrario, dove sono gli italiani a mostrare le città ai nuovi arrivati. “Stiamo pensando di organizzare degli itinerari per i nuovi migranti, così da presentargli la città. Sarebbe bello, ad esempio, fargli conoscere i cibi tipici della nostra cultura, ad esempio la toma o la patata piemontese. Un modo per rivalutare i cittadini italiani e allo stesso tempo dare una mano, con un piccolo gesto, all’accoglienza”.