Non i soliti guastafeste, i non invitati. Quelli sgraditi, che si presentano al party pure senza regalo. Ma l’antitesi consapevole di una fetta di cittadinanza digitalizzata che, sull’onda dell’Internet Day, rivendica un principio elementare garantito dalla Costituzione: la tutela della salute, anche prima della connessione ubiquitaria! Lo spunto viene dalla presentazione del Piano Banda Ultra Larga nei festeggiamenti del Presidente del Consiglio Matteo Renzi per il 30° anniversario dello sbarco del web in Italia. E quelli dell’altra festa si chiamano ‘No Wi-Fi Days’, comitato promotore di una ventina di onlus da Bolzano alla Sicilia (ci sono medici e ricercatori, elettrosensibili, ambientalisti/ecologisti/vegani, comitati di consumatori e coordinamenti di città con l’associazionismo giovanile) che per Sabato 29 e Domenica 30 Aprile 2016 invitano a spegnere il segnale Wireless, optando per la (più sicura) rete via cavo: atteggiamento critico e cautelativo sui pericoli legati all’utilizzo delle nuove tecnologie senza fili. Dappertutto, disseminate con troppa superficialità (chi controlla gli effetti cumulativi delle irradiazioni? Quali studi ne monitorano le conseguenze non termiche sulla popolazione esposta?).
La proposta, richiamata l’adozione del principio di precauzione nella Risoluzione 1815/2011 dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, sta passando sui social e gli organizzatori alzano l’asticella ai 10.000 modem e hotspot da tenere spenti nel fine settimana, una soglia simbolica per chiedere ad istituzioni e politica, nel dubbio del danno da Elettrosmog, un deciso passo indietro. E non, mille in avanti, come invece pare stia accadendo. Perché il progresso tecnologico passa pure per i risultati preliminari di una ricerca italiana (capitanata da Fiorenzo Marinelli del Cnr di Bologna e Mario Barteri, Sapienza di Roma) che offre “indicazioni sui molteplici effetti che” il Wi-Fi può “avere a livello cellulare ed enzimatico, suggerendo la necessità di applicare un principio di precauzione nelle esposizioni. La nostra ricerca ha voluto individuare un possibile meccanismo d’azione, a livello cellulare, riscontrando che effettivamente alcuni effetti genetici proliferativi ed epigenetici compaiono anche a livelli non termici di esposizione”.
Da qui, secche, le rivendicazioni dei No Wi-Fi Days. Che non ci stanno a fare da cavie in una sorta di esperimento a cielo aperto. Condotto poi, chissà perché, ancora nel nome del business (con la scusa dell’ipercomunicazione di massa). Al governo renziano chiedono di far adottare valori di emissione elettromagnetica che minimizzino il rischio da elettrosmog, promuovendo gli standard di sicurezza per i campi elettromagnetici basati sulle evidenze biologiche, con un limite di esposizione che per le radiofrequenze è già stato individuato dal Gruppo Bioinitiative e dalla Commissione Internazionale per la Sicurezza dei Campi Elettromagnetici (Icems) in 0,6 V/m e di 0,2 V/m come obiettivo di qualità. Rivendicano l’adozione di politiche governative, regionali e territoriali finalizzate alla protezione della popolazione e dell’ambiente, vietando l’installazione di reti Wi-Fi negli asili e nelle scuole frequentate da bambini e ragazzi al di sotto dei 16 anni; nei luoghi di cura e negli ospedali; nonché in tutti quei luoghi ove operano professionisti il cui lavoro richiede concentrazione e precisione, come le sale operatorie. Spegneranno il Wi-Fi per far adottare politiche di cultura digitale ispirate al Principio di Precauzione, protese cioè al cablaggio in fibra ottica della rete (fruizione di Internet via cavo) ovvero di sostenere investimenti pubblici per una connettività più efficiente e completamente sicura per la salute umana e del pianeta. Infine, la richiesta delle richieste: l’obbligo di trasparenza per gli enti predisposti alla tutela della salute pubblica ad assumere le proprie valutazioni del rischio sulla radiofrequenza e Wi-Fi, selezionando gli studi scientifici indipendenti, escludendo per conflitto d’interessi quelli finanziati dall’industria delle telecomunicazioni o da fondazioni/enti no-profit finanziati dalla stessa.
Per quanto non abbiano riscosso clamori, è infatti lunga la lista di quanti hanno già preferito non rischiare, correndo ai ripari: dal Consiglio comunale di Roma (Assemblea Capitolina) al Consiglio comunale di Torino, dall’iniziativa del Comune di Udine Comune, Camera di Commercio, Confindustria e Associazione Albergatori alla Provincia di Bolzano fino al Consiglio regionale del Piemonte e alle mozioni nel Consiglio regionale del Lazio, Insomma, da qui al prossimo week-end, Renzi se ci sei…. batti un colpo! Nel nome della salute pubblica, stacca il Wi-Fi!