L’ultima trovata per consentire l’uscita anticipata dal lavoro è il “mercato degli anticipi pensionistici“. Un’operazione da portare avanti “coinvolgendo governo, Inps, banche, assicurazioni“. Il gran bazar della flessibilità in uscita è nei progetti del governo e nella testa di Tommaso Nannicini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che ha spiegato i piani dell’esecutivo in un’intervista a Il Messaggero.
Per sciogliere il nodo dell’uscita anticipata con una penalizzazione sull’assegno, che nell’immediato creerebbe un buco di 5-7 miliardi di euro nelle casse dello Stato . La soluzione? Coinvolgere il settore finanziario, chiamando istituti di credito e compagnie di assicurazione a soccorrere le casse pubbliche in difficoltà coprendo parte dell’anticipo pensionistico con una forma di prestito. Non è una novità, visto che di prestito pensionistico di discute da molti mesi. Ma ora, in una fase di turbolenze e riassetti del comparto bancario, il progetto sembra più definito.
Ma come si configurerà il mercato degli anticipi? Ci sono tre categorie di lavoratori, spiega il sottosegretario: chi vuole andare in pensione un po’ prima, chi ci deve andare perché senza lavoro e chi ci è mandato dall’azienda. Chi vuole anticipare l’uscita dal lavoro di sua volontà, “la nonna dipendente pubblica che vuole accudire i nipotini”, andrà in pensione “con una penalizzazione leggermente più forte”. Chi invece ha perso il lavoro e vuole andare in pensione prima del previsto avrà accesso alla flessibilità in uscita e “la penalizzazione gliela paga in buona parte lo Stato“. Infine ci sono “i lavoratori che l’azienda vuole mandare in pensione prima per ristrutturare l’organico aziendale“: in questo caso, saranno le imprese a coprire i costi dell’anticipo. “In sintesi – afferma Nannicini – non sarebbe lo Stato a versare l’anticipo, ma si limiterebbe a coprire una parte dei costi con un’assicurazione a garanzia del rischio di morte“. In tutti i casi, “una parte dell’anticipo” verrebbe “intermediata dal sistema finanziario”.
Pochi giorni fa, lo stesso Nannicini aveva spiegato a SkyTg24: “Non si tratta di andare a estorcere soldi alle banche con la pistola, ma di trovare una situazione in cui sia conveniente investire” per gli istituti. In parole povere, “non viene richiesto un esborso a cui non corrisponda un rendimento, e se il rendimento è di mercato e profittevole, questo è quello che fanno gli istituti finanziari”.
Intanto, anche il Parlamento prepara il terreno a un intervento sulla flessibilità in uscita. La maggioranza ha infatti proposto una risoluzione al Def, non vincolante per il governo, in cui invita l’esecutivo “ad adottare ogni iniziativa utile a promuovere, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, interventi in materia previdenziale volti a introdurre elementi di flessibilità” per la pensione, “anche con la previsione di ragionevoli penalizzazioni, nonché interventi, anche selettivi, in particolare nei casi di disoccupazione involontaria e di lavori usuranti”.