Hillary Clinton batte Bernie Sanders 4 a 1. Donald Trump batte il duo coalizzato Cruz-Kasich 5 a 0. Sono di quei risultati che, all’andata delle semi-finali di Champions, tolgono al ritorno ogni gusto. La nomination democratica per la Casa Bianca non è più in dubbio; quella repubblicana ha margini d’incertezza minimi. La differenza sta nei meccanismi di scelta dei delegati – fra i democratici, ci sono i maggiorenti del partito, quasi tutti ‘pro Hillary’ – più che nei risultati dei due battistrada, ché, anzi, lo showman vince di più e più largamente dell’ex first lady.
Che loro stessi pensino di potersi ormai giocare la partita della presidenza lo si deduce dai discorsi della vittoria della scorsa notte. A Filadelfia, la Clinton ringrazia il senatore del Vermont e si complimenta con lui per la bella partita, insomma gli concede l’onore delle armi. A New York, davanti alla sua Trump Tower, il magnate dell’immobiliare invita i rivali Ted Cruz e John Kasich ad “andare a casa”. E, poi, concentra su Hillary i suoi attacchi: dice che, “se fosse un uomo, non prenderebbe più del 5% dei voti”; e ripete che come presidente “sarebbe orribile”, ricordando Bengasi e la Siria. Mentre di se stesso dice, indossando l’abito presidenziale, “sono un unificatore”; e si presenta come “il candidato in pectore”.
I cinque Stati ieri in palio erano lungo il percorso dell’Acela Express, il ‘frecciarossa d’America’, che collega tutta la Costa Est. I risultati di Connecticut, Rhode Island, Pennsylvania, Delaware e Maryland, scendendo da Nord a Sud, creano una linea di continuità con quelli di New York, solo una settimana fa, dove Trump e la Clinton avevano vinto molto nettamente.
Trump, cui un sondaggio attribuiva martedì per la prima volta oltre metà delle preferenze dei potenziali elettori repubblicani, vince ovunque. La Clinton, che con il successo di New York s’era lasciata alle spalle otto sconfitte consecutive negli Stati dell’America bianca, su Grandi Laghi e Montagne Rocciose, vince bene nella popolosa Pennsylvania, il piatto forte di questo martedì, e pure nel Delaware del vice-presidente Joe Biden e nel Maryland; e la spunta, dopo un testa a testa, nel Connecticut e lascia a Sanders il minuscolo Rhode Island, lo Stato più piccolo dell’Unione.
Così, i due battistrada nelle corse alla nomination repubblicana e democratica s’avvicinano entrambi al traguardo: l’ex first lady, probabilmente, ci arriverà senza attendere la California il 7 giugno; il magnate dell’immobiliare dovrà, invece, darci sicuramente dentro fino a quel giorno.
I suoi due rivali hanno stipulato, dal voto di maggio in Indiana, una sorta di patto di non aggressione Stato per Stato, con l’obiettivo d’impedire a Trump d’ottenere la maggioranza dei delegati, così da arrivare alla convention di Cleveland a luglio con una situazione ancora fluida.
In termini di delegati, la Clinton ne ha ora circa 2.150, mentre Sanders è poco sopra i 1.300: ne servono 2.383 per vincere. Trump è a 950 circa e per la prima volta ne ha più della somma dei suoi rivali, ma gliene servono 1.237 (e quelli in palio di qui in avanti sono solo 565). Hillary è oltre il 90% del cammino; Donald è oltre i tre quarti.
Dal palco della vittoria a Filadelfia, città che ospiterà a luglio la convention democratica, dice che tornerà con la nomination in tasca, lancia l’appello all’unità del partito e propone la sfida al magnate dell’immobiliare. Il confronto tra l’ex first lady e lo showman è sempre più l’epilogo probabile di questa corsa, anche se manca la certezza aritmetica.