Bankitalia versa 3,1 miliardi di euro allo Stato, tra tasse e cedola, e riserva agli azionisti dividendi per 340 milioni di euro. Questi i numeri presentati dal governatore Ignazio Visco all’assemblea annuale. La quota che finisce nelle casse pubbliche è in leggero aumento (+3%) rispetto all’anno scorso, quando si fermava a 3,07 miliardi. Invariata, invece, la cedola staccata per i soci, che anche nel 2015 si attestava a 340 milioni. Entrambi i dati risultano inferiori ai livelli del 2014, quando alle banche socie erano arrivati 380 milioni di euro e via Nazionale aveva versato 3,5 miliardi allo Stato. A cambiare la distribuzione degli utili in favore delle banche è stato il decreto Imu Bankitalia approvato nel 2014 dal governo Letta, che aveva deciso la rivalutazione del capitale della banca centrale: l’esecutivo aveva così servito il regalo alle banche quintuplicando l’ammontare dei dividendi rispetto all’anno precedente.

Si allarga la platea dei partecipanti al capitale della Banca d’Italia che negli ultimi mesi è salita a 83 banche, cinque assicurazioni, nove enti previdenziali e quattro fondazioni per un totale di 101 soci. A fine 2013, erano sessanta in tutto. Anche in questo caso, la novità è legata al decreto Imu Bankitalia, che ha imposto agli azionisti di vendere le quote oltre il 3%. Tra i grandi azionisti risultano sempre Generali con il 5,26%, Inps con il 3%, ma sopratutto Intesa Sanpaolo e Unicredit. L’istituto milanese resta a poco meno del 18%, mentre Intesa rimane al 35,24% del capitale, ben al di sopra del tetto del 3% stabilito con la riforma della banca centrale. Un livello che deve essere raggiunto entro 36 mesi dall’entrata in vigore della legge e quindi a fine anno: in caso contrario, scatterà la sterilizzazione della quota eccedente, condizione che comporta, oltre al blocco dei normali meccanismi di rappresentatività, anche la non corresponsione del dividendo.

Nel 2015 la Banca d’Italia ha registrato un utile netto di circa 2,8 miliardi di euro, in calo rispetto ai 3 miliardi dell’esercizio 2014. A fine 2015 il bilancio di Bankitalia si attestava a 588 miliardi, con un incremento di 57 miliardi rispetto a fine 2014. Rispetto al 2008 si tratta di un valore più che raddoppiato. E il governatore Visco ha anticipato che “l’espansione è destinata a proseguire anche nel prossimo futuro”.Sull’aumento del bilancio pesano le operazioni previste dal Quantitative Easing lanciato dalla Bce: infatti, spiega Via Nazionale, il portafoglio dei titoli detenuti per finalità di politica monetaria ha registrato, nel 2015, un incremento di 87 miliardi (da 35 a 122 miliardi). Inoltre, i titoli di Stato italiani assorbiti dalla Banca sul mercato secondario nell’ambito del programma ampliato di acquisto di attività hanno raggiunto l’importo di circa 70 miliardi.

Intanto, dal risultato di bilancio del Fondo nazionale di risoluzione pubblicato sul sito della Banca d’Italia, emerge il costo del salvataggio delle quattro banche – Etruria, Carichieti, Carife e Banca Marche – è costato 2,1 miliardi di euro. La perdita d’esercizio del Fondo è stata determinata dagli interventi posti in essere per la copertura del deficit residuo di cessione della quattro banche ponte (2,1 miliardi di euro) e dagli oneri connessi alle operazioni di finanziamento (18 milioni). Non solo. Le banche salvate dal governo hanno bisogno di 400 milioni per essere rilanciate e riportate alla redditività. I valutatori indipendenti hanno stimato che i costi di ristrutturazione per i quattro istituti sono nell’ordine dei 422 milioni di euro e potranno tornare alla redditività, dopo i primi due anni. Circa la metà di questa cifra riguarda però solo la Banca delle Marche. La Banca d’Italia, quindi, ha messo in bilancio un aumento di 392 milioni del deficit da cessione delle quattro banche.

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