Sono finiti i tempi d’oro per i bilanci economici dell’Isis. I raid aerei contro il presunto Stato islamico hanno portato alla distruzione di almeno 800 milioni di dollari in denaro contante, conservati all’interno di obiettivi sensibili centrati dai caccia della coalizione. Tutto ciò è stato confermato dal maggiore generale di divisione Peter Gersten vice comandante Operazioni e Intelligence della Combined Joint Task Force-Operazione Inherent Resolve, secondo cui i velivoli americani hanno colpito a più riprese magazzini in cui erano rinchiusi parte dei fondi del gruppo jihadista.
I vantaggi di aderire all’organizzazione terroristica, che includono il supporto monetario per un combattente, per la moglie, l’amante e altri membri della famiglia, sono stati un fattore enorme nel processo di reclutamento di Isis. Ma i tagli agli stipendi fino al 50 per cento scoraggiano i potenziali membri. Si è passati da 1500/2000 nuovi arruolati al mese nell’Isis a circa 200. Secondo poi uno studio di IHS Jane’s emerge che nel marzo 2016 le entrate mensili dello Stato islamico sono scese a 56 milioni di dollari. A metà 2015, l’insieme dei ricavi su base mensile era in media di 80 milioni di dollari.
Il rapporto aggiunge inoltre che la produzione di petrolio nelle zone sotto il controllo jihadista è anch’essa diminuita, passando da 33mila a 22mila barili al giorno. Almeno la metà dei soldi che confluiscono nelle casse di Daesh provengono dalle tasse e dalla confisca di imprese e beni. Per sopperire alle perdite i leader del movimento jihadista hanno aumentato le imposte nei servizi di base: fra questi vi sono le tasse agli autisti di camion, imposte per chi vuole installare o riparare antenne paraboliche e “dazi sull’uscita” per chi vuole lasciare una città o un villaggio nelle mani dell’Isis. Non va meglio sul lato mediatico e propagandistico.
Secondo uno studio dell’organismo egiziano Dar Al-Ifta anche le fotografie e i video postati in rete dalle case di produzione ufficiale dell’organizzazione terroristica sono quasi dimezzati. Un calo dovuto alla uccisione di un gran numero di quadri informatici del Califfato sia in Iraq che in Siria. Secondo i dati elaborati dalla “Casa della Fatwa” egiziana il numero delle immagini postate in rete dall’Isis all’apice della sua attività mediatica tra giugno e settembre 2015, è stato di 3.217 dalla Siria e 3.762 dall’Iraq, per un totale di quasi 8mila. Una cifra quasi dimezzata scesa ad un totale complessivo di 5.200 negli ultimi 3 mesi del 2015. Nonostante la crisi evidente che attanaglia il presunto Stato Islamico bisogna però sottolineare che l’Isis è ancora in grado di accedere ai cambiavalute in Iraq, Turchia e Libano che operano al di fuori del sistema finanziario formale. Finché continua non ci sarà un collasso economico fatale dall’interno ma peggiorerà sicuramente il tenore di vita.
L’Isis si è comunque dimostrato adattabile e finora resistente ma se vorrà continuare ad avere mire espansionistiche sicuramente dovrà fare i conti con i suoi bilanci. La strategia migliore della coalizione anti-Isis resta quella di “togliere l’acqua al pesce” come direbbe Mao, l’unica in grado di essere attuata visto che è difficile mettere d’accordo le varie potenze su una strategia militare comune. Ognuno in Medio Oriente sta combattendo la sua guerra e la politica estera e di difesa specialmente degli europei con in primis la Francia è strettamente ambigua e connessa con gli interessi economici di Paesi arabi che finanziano l’Isis.