Le recenti dichiarazioni di Chris Grayling, leader della Camera dei Comuni, sul Times di Londra hanno inasprito ancora di più il dibattito sulla Brexit. Grayling difatti ha dichiarato al quotidiano inglese di essere in possesso di un documento, firmato dai presidenti dei parlamenti nazionali Ue, nel quale si dichiara che la soluzione alla crisi europea debba passare necessariamente dalla cessione di sovranità degli stati europei, verso la creazione di una nuova struttura sovranazionale europea che si impegni a realizzare un budget fiscale europeo. Una proposta che include inevitabilmente la previsione di un’unica politica fiscale e monetaria a livello europeo. Dopo aver contattato personalmente Grayling in merito ai contenuti di questo documento, il leader della Camera dei Comuni ci ha risposto mostrandoci direttamente la dichiarazione firmata dai presidenti dei parlamenti europei.
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Si tratta della stessa dichiarazione che fu firmata il 14 settembre scorso a Roma, da Laura Boldrini e i presidenti dei parlamenti francese, tedesco e lussemburghese, in cui al di là di generiche dichiarazioni di intenti e di ripetizioni dei presunti successi acquisiti dall’Ue, si chiedeva per l’appunto di prendere atto dei limiti strutturali dell’Uem e di passare alla fase successiva dell’Unione, per realizzare così la nuova architettura dell’euro. Probabilmente non era stata data molta eco a questa dichiarazione in Gran Bretagna e Grayling, convinto sostenitore del Brexit, ha pensato bene di denunciarne il contenuto, dal momento che solo due mesi fa Cameron si era impegnato a mantenere il Regno Unito fuori da qualsiasi progetto che prevedesse la nascita di un mega Stato europeo, gli Stati Uniti d’Europa.
Un impegno alquanto difficile da rispettare, quando nella stessa Ue si lavora di fatto per passare alla fase successiva, e proprio nella stessa dichiarazione di settembre, si fissa un importante appuntamento che avrà luogo a maggio in Lussemburgo, nel quale si delineerà il percorso da seguire per realizzare la fase terminale del progetto europeo. C’è però un ostacolo non irrilevante su questo cammino, e si chiama Brexit. Portare a compimento gli Stati Uniti d’Europa senza Gran Bretagna appare una chimera che mette a dura prova anche gli incrollabili convincimenti degli euristi più irriducibili.
Per scongiurare questa eventualità è intervenuto Barack Obama, che nel suo viaggio in Europa è venuto ad assicurarsi che non ci siano defezioni sul cammino che porta agli Use. Dopo aver scritto una lettera al Telegraph, ricordando le basi della special relationship tra Usa e GB, Obama ha parlato del futuro del Regno Unito, non immaginabile al di fuori dell’Europa unita, e a ha messo in relazione la stabilità e la sicurezza del continente europeo con la permanenza della Gran Bretagna nell’Ue. In altre parole, il presidente americano ha paventato l’oscuro presagio della minaccia terroristica che potrebbe abbattersi sul Regno, in caso di Brexit. Dopo aver quindi “avvertito” lo storico alleato, Obama è giunto in Germania, raccomandando alla potenza tedesca di “rimanere nel cuore dell’Europa unita”. Se c’è un serio ostacolo alla realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, oltre al Brexit, questo viene proprio dalla Germania.
Come ha sottolineato Anatole Kaletsky nella sua ultima analisi, è proprio la politica della cancelliera Merkel a picconare il fragile edificio dell’Unione, e a impedirne la sua evoluzione. Del resto, la Germania non ha alcun interesse a cambiare la struttura dei trattati né a concedere terreno all’ipotesi dei trasferimenti fiscali, contrastata duramente dal presidente della Bundesbank, il falco Jens Weidmann, ovvero il leader della camarilla contro Mario Draghi. Le insofferenze tedesche al cambiamento sono, dal punto di vista della Germania, perfettamente comprensibili. L’euro, così come è ora, consente di realizzare dei surplus elevatissimi alla bilancia dei pagamenti tedeschi, e mette l’industria tedesca in una posizione di dominio assoluto sui deboli concorrenti europei.
I trasferimenti fiscali significherebbero una cessione consistente di quel surplus a vantaggio dei paesi del sud Europa, un’eventualità semplicemente inaccettabile per la Germania, che ha sempre attribuito le responsabilità della debole crescita economica dei paesi del sud alla loro scarsa applicazione delle riforme strutturali. Il viaggio di Obama in Europa può essere letto come un intervento a gamba tesa nella crisi europea per dissuadere la Gran Bretagna da tentazioni isolazioniste e, allo stesso tempo, un modo per ammorbidire la posizione intransigente della Germania. Sono oggi gli stessi Usa a chiedere che si proceda sul cammino dell’integrazione europea, per non perdere così la sua sfera di influenza geopolitica nell’Ue, soprattutto in funzione anti-russa.
In questa fase Berlino si trova chiaramente isolata dal resto d’Europa e dagli Usa, che hanno chiaramente chiesto di passare alla fase successiva dell’integrazione europea. Su questo è già al lavoro una struttura sconosciuta ai più, e denominata High Level Group, presieduta dal senatore a vita Mario Monti. E’ lo stesso Monti a rivelare che la denominazione del gruppo “nasconde il suo vero scopo: riformare e forse espandere il bilancio dell’Ue”. Di questa struttura si sa ben poco, non sono noti tutti i suoi membri né i suoi meccanismi decisionali, eppure è deputata a realizzare la fase successiva dell’integrazione europea, lontano dai riflettori e dall’attenzione dei media. Difficile dire ora se questo progetto avrà successo, ma sicuramente la Germania sarà tra i suoi più fieri oppositori.
Cesare Sacchetti
Blogger e esperto in Studi europei
Zonaeuro - 28 Aprile 2016
Stati Uniti d’Europa? Obama li chiede ma Germania e UK remano contro
Le recenti dichiarazioni di Chris Grayling, leader della Camera dei Comuni, sul Times di Londra hanno inasprito ancora di più il dibattito sulla Brexit. Grayling difatti ha dichiarato al quotidiano inglese di essere in possesso di un documento, firmato dai presidenti dei parlamenti nazionali Ue, nel quale si dichiara che la soluzione alla crisi europea debba passare necessariamente dalla cessione di sovranità degli stati europei, verso la creazione di una nuova struttura sovranazionale europea che si impegni a realizzare un budget fiscale europeo. Una proposta che include inevitabilmente la previsione di un’unica politica fiscale e monetaria a livello europeo. Dopo aver contattato personalmente Grayling in merito ai contenuti di questo documento, il leader della Camera dei Comuni ci ha risposto mostrandoci direttamente la dichiarazione firmata dai presidenti dei parlamenti europei.
Si tratta della stessa dichiarazione che fu firmata il 14 settembre scorso a Roma, da Laura Boldrini e i presidenti dei parlamenti francese, tedesco e lussemburghese, in cui al di là di generiche dichiarazioni di intenti e di ripetizioni dei presunti successi acquisiti dall’Ue, si chiedeva per l’appunto di prendere atto dei limiti strutturali dell’Uem e di passare alla fase successiva dell’Unione, per realizzare così la nuova architettura dell’euro. Probabilmente non era stata data molta eco a questa dichiarazione in Gran Bretagna e Grayling, convinto sostenitore del Brexit, ha pensato bene di denunciarne il contenuto, dal momento che solo due mesi fa Cameron si era impegnato a mantenere il Regno Unito fuori da qualsiasi progetto che prevedesse la nascita di un mega Stato europeo, gli Stati Uniti d’Europa.
Un impegno alquanto difficile da rispettare, quando nella stessa Ue si lavora di fatto per passare alla fase successiva, e proprio nella stessa dichiarazione di settembre, si fissa un importante appuntamento che avrà luogo a maggio in Lussemburgo, nel quale si delineerà il percorso da seguire per realizzare la fase terminale del progetto europeo. C’è però un ostacolo non irrilevante su questo cammino, e si chiama Brexit. Portare a compimento gli Stati Uniti d’Europa senza Gran Bretagna appare una chimera che mette a dura prova anche gli incrollabili convincimenti degli euristi più irriducibili.
Per scongiurare questa eventualità è intervenuto Barack Obama, che nel suo viaggio in Europa è venuto ad assicurarsi che non ci siano defezioni sul cammino che porta agli Use. Dopo aver scritto una lettera al Telegraph, ricordando le basi della special relationship tra Usa e GB, Obama ha parlato del futuro del Regno Unito, non immaginabile al di fuori dell’Europa unita, e a ha messo in relazione la stabilità e la sicurezza del continente europeo con la permanenza della Gran Bretagna nell’Ue. In altre parole, il presidente americano ha paventato l’oscuro presagio della minaccia terroristica che potrebbe abbattersi sul Regno, in caso di Brexit. Dopo aver quindi “avvertito” lo storico alleato, Obama è giunto in Germania, raccomandando alla potenza tedesca di “rimanere nel cuore dell’Europa unita”. Se c’è un serio ostacolo alla realizzazione degli Stati Uniti d’Europa, oltre al Brexit, questo viene proprio dalla Germania.
Come ha sottolineato Anatole Kaletsky nella sua ultima analisi, è proprio la politica della cancelliera Merkel a picconare il fragile edificio dell’Unione, e a impedirne la sua evoluzione. Del resto, la Germania non ha alcun interesse a cambiare la struttura dei trattati né a concedere terreno all’ipotesi dei trasferimenti fiscali, contrastata duramente dal presidente della Bundesbank, il falco Jens Weidmann, ovvero il leader della camarilla contro Mario Draghi. Le insofferenze tedesche al cambiamento sono, dal punto di vista della Germania, perfettamente comprensibili. L’euro, così come è ora, consente di realizzare dei surplus elevatissimi alla bilancia dei pagamenti tedeschi, e mette l’industria tedesca in una posizione di dominio assoluto sui deboli concorrenti europei.
I trasferimenti fiscali significherebbero una cessione consistente di quel surplus a vantaggio dei paesi del sud Europa, un’eventualità semplicemente inaccettabile per la Germania, che ha sempre attribuito le responsabilità della debole crescita economica dei paesi del sud alla loro scarsa applicazione delle riforme strutturali. Il viaggio di Obama in Europa può essere letto come un intervento a gamba tesa nella crisi europea per dissuadere la Gran Bretagna da tentazioni isolazioniste e, allo stesso tempo, un modo per ammorbidire la posizione intransigente della Germania. Sono oggi gli stessi Usa a chiedere che si proceda sul cammino dell’integrazione europea, per non perdere così la sua sfera di influenza geopolitica nell’Ue, soprattutto in funzione anti-russa.
In questa fase Berlino si trova chiaramente isolata dal resto d’Europa e dagli Usa, che hanno chiaramente chiesto di passare alla fase successiva dell’integrazione europea. Su questo è già al lavoro una struttura sconosciuta ai più, e denominata High Level Group, presieduta dal senatore a vita Mario Monti. E’ lo stesso Monti a rivelare che la denominazione del gruppo “nasconde il suo vero scopo: riformare e forse espandere il bilancio dell’Ue”. Di questa struttura si sa ben poco, non sono noti tutti i suoi membri né i suoi meccanismi decisionali, eppure è deputata a realizzare la fase successiva dell’integrazione europea, lontano dai riflettori e dall’attenzione dei media. Difficile dire ora se questo progetto avrà successo, ma sicuramente la Germania sarà tra i suoi più fieri oppositori.
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Amiamo le nostre nazioni. Vogliamo confini sicuri. Preserviamo aziende e cittadini dalla follia della sinistra verde. Difendiamo la famiglia e la vita. Lottiamo contro il wokeismo. Proteggiamo il nostro sacro diritto alla fede e alla libertà di parola. E siamo dalla parte del buon senso. Quindi, in definitiva, la nostra lotta è dura. Ma la scelta è semplice. Ci arrenderemo al declino o combatteremo per invertirlo?". Lo ha detto Giorgia Meloni al Cpac.
"Lasceremo che la nostra civiltà svanisca? O ci alzeremo e la difenderemo? Lasceremo ai nostri figli un mondo più debole o più forte? Vorremo che le nuove generazioni si vergognino delle loro radici? O recupereremo la consapevolezza e l'orgoglio di chi siamo e glielo insegneremo? Ho fatto la mia scelta molto tempo fa e combatto ogni giorno per onorarla. E so che non sono solo in questa battaglia, che siete tutti al mio fianco, che siamo tutti uniti. E credetemi, questo fa tutta la differenza", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Quando la libertà è a rischio, l'unica cosa che puoi fare è metterla nelle mani più sagge. Ecco perché i conservatori continuano a crescere e stanno diventando sempre più influenti nella politica europea. Ed ecco perché la sinistra è nervosa. E con la vittoria di Trump, la loro irritazione si è trasformata in isteria". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
"Non solo perché i conservatori stanno vincendo, ma perché ora i conservatori stanno collaborando a livello globale. Quando Bill Clinton e Tony Blair crearono una rete liberale di sinistra globale negli anni '90, furono definiti statisti. Oggi, quando Trump, Meloni, Milei o forse Modi parlano, vengono definiti una minaccia per la democrazia. Questo è il doppio standard della sinistra, ma ci siamo abituati. E la buona notizia è che le persone non credono più alle loro bugie".
"Nonostante tutto il fango che ci gettano addosso. I cittadini continuano a votarci semplicemente perché le persone non sono ingenue come le considera l'ultimo. Votano per noi perché difendiamo la libertà", ha ribadito.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "La sinistra radicale vuole cancellare la nostra storia, minare la nostra identità, dividerci per nazionalità, per genere, per ideologia. Ma non saremo divisi perché siamo forti solo quando siamo insieme. E se l'Occidente non può esistere senza l'America, o meglio le Americhe, pensando ai tanti patrioti che lottano per la libertà in America Centrale e Meridionale, allora non può esistere nemmeno senza l'Europa". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Il Cpac ha capito prima di molti altri che la battaglia politica e culturale per i valori conservatori non è solo una battaglia americana, è una battaglia occidentale. Perché, amici miei, credo ancora nell'Occidente non solo come spazio geografico, ma come civiltà. Una civiltà nata dalla fusione di filosofia greca, diritto romano e valori cristiani. Una civiltà costruita e difesa nei secoli attraverso il genio, l'energia e i sacrifici di molti". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla conferenza dei conservatori a Washington.
"La mia domanda per voi è: questa civiltà può ancora difendere i principi e i valori che la definiscono? Può ancora essere orgogliosa di sé stessa e consapevole del suo ruolo? Penso di sì. Quindi dobbiamo dirlo forte e chiaro a coloro che attaccano l'Occidente dall'esterno e a coloro che lo sabotano dall'interno con il virus della cultura della cancellazione e dell'ideologia woke. Dobbiamo dire loro che non ci vergogneremo mai di chi siamo", ha scandito.
"Affermiamo la nostra identità. Affermiamo la nostra identità e lavoriamo per rafforzarla. Perché senza un'identità radicata, non possiamo essere di nuovo grandi", ha concluso la Meloni.
(Adnkronos) - "Il nostro governo - ha detto Meloni - sta lavorando instancabilmente per ripristinare il legittimo posto dell'Italia sulla scena internazionale. Stiamo riformando, modernizzando e rivendicando il nostro ruolo di leader globale".
"Puntiamo a costruire un'Italia che stupisca ancora una volta il mondo. Lasciate che ve lo dica, lo stiamo dimostrando. La macchina della propaganda mainstream prevedeva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, cancellandola dalla mappa del mondo, allontanando gli investitori e sopprimendo le libertà fondamentali. Si sbagliavano", ha rivendicato ancora la premier.
"La loro narrazione era falsa. La realtà è che l'Italia sta prosperando. L'occupazione è a livelli record, la nostra economia sta crescendo, la nostra politica fiscale è tornata in carreggiata e il flusso di immigrazione illegale è diminuito del 60% nell'ultimo anno. E, cosa più importante, stiamo espandendo la libertà in ogni aspetto della vita degli italiani", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - L'Italia è "una nazione con un legame profondo e indistruttibile con gli Stati Uniti. E questo legame è forgiato dalla storia e dai principi condivisi. Ed è incarnato dagli innumerevoli americani di discendenza italiana che per generazioni hanno contribuito alla prosperità dell'America". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac a Washington. "Quindi, a loro, permettimi di dire grazie. Grazie per essere stati ambasciatori eccezionali della passione, della creatività e del genio italiani".