Il premier il 7 aprile aveva annunciato che in occasione del compleanno del web italiano sarebbe partita l'assegnazione dei contributi pubblici. Oggi ha detto che il bando “sarà al consiglio dei ministri”. Infratel, che gestisce le gare, nega: "I documenti sono stati trasferiti alle autorità competenti". Che hanno tempo un mese per rispondere. Intanto gli operatori si organizzano
L’Italian Internet day è arrivato, il bando per la fibra non ancora. Intanto Pisa, tempio della tecnologia made in Italy, diventa teatro delle proteste degli antagonisti. E’ l’ennesimo passo falso per Matteo Renzi che, venerdì 29 aprile, al Cnr della città toscana avrebbe voluto celebrare con un annuncio in pompa magna i 30 anni dalla prima connessione italiana ad Internet. E invece ha spiegato che il bando “sarà oggi al consiglio dei Ministri, anche se non c’è bisogno”. Nella realtà, la procedura per il via libera alle gare è in ritardo rispetto alla tabella di marcia indicata da Renzi. “I bandi sono stati scritti di concerto con il Ministero dello sviluppo economico – spiegano dalla società pubblica Infratel che gestisce le gare e sarà poi proprietaria della rete – I documenti sono stati trasferiti alle autorità competenti, Anac e Agcom, per un parere”. Nei termini di legge, le autorità dovrebbero rispondere nel giro di trenta giorni, ma di mezzo c’è anche la nuova normativa sul codice appalti che rischia di rallentare la procedura per l’assegnazione dei contributi pubblici nelle aree a fallimento di mercato.
Insomma, il governo ha mancato l’obiettivo del via all’inizio delle gare che aveva annunciato lo scorso 7 aprile in occasione della presentazione dei piani dell’Enel nella fibra. Così l’Internet day, organizzato dal Digital champion Riccardo Luna, resta un’opera incompiuta e stride con la necessità di digitalizzazione del Paese che “era quarto e ora ha molto da recuperare”. come ha ricordato Renzi. Sarà forse anche per questo che Luna, consulente di Renzi sul digitale, ha pensato bene di lanciare una petizione su Change.org perché “governo, imprese e Rai collaborino al fine di colmare questo divario di competenze” digitali.
Intanto, mentre il Paese sta cumulando ritardi su ritardi, gli operatori si stanno organizzando per partecipare alle gare. Enel, che svilupperà la fibra con Wind e Vodafone, sta proseguendo nella ricerca di partner finanziari per la controllata Open Fiber. Ma non ha ancora fornito un piano finanziario dell’intera operazione. Per conoscere i nuovi alleati dell’Enel nell’avventura della fibra bisognerà però attendere dopo l’estate. Anche se c’è già chi è pronto a scommettere che tornerà in ballo Cassa Depositi e Prestiti. Sul fronte industriale, il gigante guidato da Francesco Starace sta avviando invece i primi contatti con le municipalizzate che vogliono partecipare localmente al progetto fibra. Prima fra tutte la multiutility romana Acea, che “sta parlando con Enel, Telecom e governo” come ha spiegato l’ad Alberto Irace a margine dell’assemblea degli azionisti.
Intanto, in casa Telecom, il nuovo ad Flavio Cattaneo è tornato sul tavolo Metroweb, società milanese della fibra controllata dai fondi F2i e Fsi (Cdp). Secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore, l’ex monopolista, controllato dalla Vivendi del socio in affari di Berlusconi, Vincent Bolloré, è pronta a valutare Metroweb circa un miliardo. Cassa Depositi e Prestiti sarebbe invece disponibile a riconoscere ai cavi di Sparkle un valore di 1,8 miliardi. Sulla base di queste valutazioni, Telecom vorrebbe arrivare ad un accordo con cui conquistare il 100% di Metroweb cedendo in cambio il 25% di Sparkle alla Cassa Depositi e Prestiti. Se l’operazione dovesse andare in porto, allora Telecom si rafforzerebbe non poco e avrebbe inoltre Cdp come socio in Sparkle. Difficile dire se poi l’intesa potrà anche aprire la strada ad una collaborazione con l’Enel nella fibra, come in più occasioni auspicato da Starace.
Di certo il ritardo nell’arrivo del primo bando consente a tutti gli operatori di guadagnare tempo prezioso per le prossime mosse. Ma, ancora una volta, danneggia i cittadini italiani che continuano ad avere una delle peggiori connessioni d’Europa. Anche a dispetto del fatto che siano ormai passai trent’anni da quando, il 30 aprile 1986, per la prima volta, partì un segnale dal Centro universitario per il calcolo elettronico di Pisa alla volta della stazione di Roaring Creek, in Pennsylvania.