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I migliori anni, la Rai manda in onda il solito giochino della nostalgia come premio-produttività per Carlo Conti

Il conduttore pigliatutto è fissato con gli anni Settanta e non rinuncia alla passerella di vecchie glorie imbolsite nella riproposizione di un programma che nelle passate edizioni aveva già dato tutto. Ma viale Mazzini non può dire di no al Chuck Norris della tv pubblica, la versione maschile di Maria De Filippi

di Domenico Naso

Campo Dall’Orto, abbiamo un problema. O forse no, ma l’importante è capirsi. Perché quando il direttore generale di viale Mazzini ha fatto sapere di volere svecchiare la Rai, qualcuno di noi ci aveva persino creduto. Poi, però, accendi la tv un venerdì sera e ti ritrovi I migliori anni condotto da Carlo Conti. Intendiamoci: programma dignitosissimo, con Conti solito impeccabile maestro di cerimonie. Ma non c’è il guizzo, non c’è l’idea nuova, non c’è uno straccio di sperimentazione, anche solo cucita addosso a RaiUno e al target naturale della Rete.

È il solito giochino della nostalgia, del vintage, di vecchie glorie imbolsite che tornano a cantare loro vecchi successi, magari tormentoni di un’estate sola e nulla più. Quando va bene cantano in playback, altrimenti si esibiscono in imbarazzanti live con una voce che non c’è più e che non fa altro che aumentare l’effetto pena, più che nostalgia.

Ma “I migliori anni” è il giocattolino di Carlo Conti, il suo luna park personale. Lui, si sa, è fissato con gli anni Settanta, con la discomusic, e il programma è l’occasione ideale per riproporci le sue playlist preferite. E come fai a dire no a quel Carlo Conti che è reduce da due Festival di Sanremo trionfali (ed è pronto al tris), che con Tale e Quale Show ha fatto un altro botto e che si può permettere persino il lusso di lasciare quella macchina da guerra che è l’Eredità, affidandola alle tranquillizzanti mani di Fabrizio Frizzi? Non puoi, semplicemente. Non c’è nuova Rai che tenga, non c’è modello Mtv che possa scalfire il potere di quello che ormai è la versione maschile (e made in viale Mazzini) di Maria De Filippi.

Qui una volta era tutto Pippo Baudo, cari amici. Ora è tutto Carlo Conti e Carlo Conti, Chuck Norris della tv, fa tutto ciò che vuole. Anche riesumare dagli anni passati un programma che aveva già dato tutto e anche di più, che ripropone il solito medley di canzoni di Donna Summer, l’ospitata di Alan Sorrenti e i Camaleonti che cantano Eternità. Tutto già visto, tutto già sentito.
Qualche novità, in realtà, c’è: a condurre con Conti c’è Anna Tatangelo (abbastanza spigliata, ma il medley dedicato a Donna Summer è da vilipendio alla discomusic), a curare i momenti comici è stato chiamato Ubaldo Pantani. Ma I migliori anni non è Quelli che il calcio, e Pantani sembra un pesce fuor d’acqua, troppo frenato rispetto al solito. C’è da lavorare (assai) per fargli trovare gli spazi giusti, per prendere le misure a Carlo Conti e riuscire a duettare come si deve.

“I migliori anni” è il premio-produttività che Mamma Rai ha dato al bravo figliolo Carlo Conti. Bene, ci sta, possiamo sopportarlo, abbiamo visto di peggio. Ma perché trasformare un programma che, in passato, bene o male aveva ritmo e un filo narrativo e che adesso è diventato una folle corsa piena di zeppa di canzoni, ospiti e balletti senza soluzione di continuità, giusto per canticchiare un motivetto antico che ci ricorda un amorazzo estivo e ci fa sentire addosso il peso degli anni. Migliori o peggiori chissà, ma comunque passati da troppo tempo.

I migliori anni, la Rai manda in onda il solito giochino della nostalgia come premio-produttività per Carlo Conti
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