Mentre l’associazione Vittime del salva banche, Adusbef e Federconsumatori si dichiarano insoddisfatti delle modalità decise dal governo per rimborsare i risparmiatori truffati da Banca Etruria, Banca Marche, Cariferrara e Carichieti, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in un’intervista a Repubblica difende a spada tratta il decreto varato venerdì dal consiglio dei ministri e di cui ancora si attende il testo. Padoan arriva a sostenere che la contestata scelta di rimborsare in modo automatico “fino all’80% dell’investimento” agli obbligazionisti subordinati con redditi bassi o patrimonio inferiore a 100mila euro “non è arbitraria“, perché la percentuale “tiene conto del fatto che costoro hanno beneficiato di rendimenti e interessi che coprono il restante ammontare. Abbiamo fissato questa soglia per evitare che qualcuno alla fine incassasse rimborsi superiori all’esborso iniziale”.

Peccato però che, come annunciato in conferenza stampa dal premier Matteo Renzi e come si legge nel comunicato del cdm, l’80% sia “al netto di oneri e spese connessi alle operazioni di acquisto e della differenza tra rendimenti ottenuti e tasso sui Btp“. Vale a dire che l’investitore che abbia acquistato obbligazioni subordinate dell’Etruria per 10mila euro e rispetti i requisiti se ne vedrà restituire non 8mila, ma 8mila meno gli interessi. Per evitare “rimborsi superiori all’esborso iniziale” sarebbe evidentemente bastato ritornargli i 10mila euro al netto dei rendimenti. Non è affatto detto, comunque, che il risultato sarà positivo, visto che gli istituti coinvolti in molti casi offrivano ai piccoli risparmiatori rendimenti contenuti, paragonabili a quelli dei titoli di Stato nonostante la rischiosità degli strumenti che vendevano. Occorre aggiungere che mentre la tassazione sui Btp è ferma al 12,5%, la tassa sulle obbligazioni dal 2014 è al 26%. E i clienti truffati si sono sobbarcati questa seconda aliquota.

Dal canto loro, le vittime del salva banche definiscono “ingiusto e non equo un decreto creato e basato sul principio e il riconoscimento di una truffa o di una non adeguata informazione che risarcisce solo all’80 e solo una parte di risparmiatori”. E rivendicano il diritto a riottenere l’intera somma persa. “Possiamo condividere la precedenza nel ristoro immediato alle cosiddette fasce deboli, ma quello che non capiamo invece è, come mai essendo stato tolto il tetto, si parla solo di un 80% massimo e non dell’intera somma persa”, ha scritto in una nota il comitato nato dopo il decreto del 22 novembre. “Molte delle famiglie che rientrano in questo gruppo hanno redditi molto al di sotto dei 35.000 euro lordi annui e tanti sono disoccupati e disperati. Come Renzi sa bene, dato che ha introdotto i famosi 80 euro in busta paga, per determinate famiglie anche i 5-6mila euro possono fare la differenza. Inoltre se da una parte siamo d’accordo a dare la precedenza a chi ne ha più bisogno dall’altra non capiamo l’esclusione di tutti gli altri senza neppure una gradualità oppure un ulteriore scaglione di reddito e sempre naturalmente senza categorie di risparmiatori serie A o serie B”.

Infine, “ci sembra ingiusto che i parametri che danno accesso ad un rimborso diretto siano valori riferiti al reddito e ai beni mobiliari del solo 2015. Probabilmente una media degli ultimi 3/5 anni renderebbero la stima più giusta e veritiera, visti e considerati gli andamenti e livelli di crisi ed occupazionali. C’è ancora da capire come si svolgerà l’arbitrato e che cosa è previsto per chi verrà escluso, ci auguriamo che non gli venga precluso l’accesso al rimborso diretto o la possibilità di agire per vie legali“. 

Elio Lannutti (Adusbef) e Rosario Trefiletti (Federcondumatori) si definiscono “insoddisfatti” dal provvedimento: “Non condividiamo proprio per nulla, sia la definizione di un tetto a risarcimenti che per loro natura qualora come noi riteniamo fossero a fronte di raggiri e truffe, non può ne deve essere definito e sia l’altra importante questione di collegare gli andamenti conciliativi e di ristoro a parametri di reddito del risparmiatore colpito”. E quindi avanti con le vertenze legali. Protesta anche il Codacons che annuncia nuove mobilitazioni. “Il nostro ufficio legale – spiega il presidente Carlo Rienzi – sta già lavorando per impugnare il provvedimento al Tar e portarlo in Corte Costituzionale”.

La lobby bancaria abbozza, mette le mani avanti rispetto alla richiesta di altri contributi e auspica la nascita di un nuovo “fondo bancario privato partecipativo sul modello Atlante“, pronto a intervenire nelle future crisi che “non possono essere escluse”. “Che gli istituti di credito debbano pagare i guai delle banche concorrenti che hanno malgestito non esiste in altri settori”, sostiene il presidente dell’Abi Antonio Patuelli in un’intervista a Qn. “Mi auguro non venga chiesto un ulteriore esborso, ci sono le eventuali plusvalenze nelle vendite delle bad e good bank e altri fondi oltre a quello di tutela dei depositi nei rapporti tra banche”. Ma il comunicato del governo spiega che le banche, che hanno già versato 100 milioni al fondo di solidarietà istituito dalla legge di Stabilità, saranno chiamate a pagare un canone annuo dell’1,5% della differenza tra crediti di imposta (Deferred tax assets) e imposte versate per “continuare ad applicare” alle Dta “le disposizioni fiscali vigenti”, che consentono di dedurle dalle tasse.

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