Secondo indiscrezioni Matteo Renzi vuole puntare su un nome tutt’altro che nuovo: l'attuale presidente di Sorgenia e Assoelettrica. Al seguito di Rutelli, Veltroni e Bersani Testa è passato dai duri e puri della sinistra radicale ai vertici di aziende pubbliche e private con compensi a molti zeri. Da ortodosso ambientalista ad alfiere del nucleare. Gli altri nomi in campo: Errani, Bellanova, De Vincenti
Chicco Testa, Vasco Errani, la Bellanova o il sottosegretario De Vincenti. E’ questo, salvo sorprese, il poker di nomi da cui uscirà il nuovo ministro dello Sviluppo Economico. Il nome definitivo sarà ufficializzato all’inizio della prossima settimana perché Renzi, non è un mistero, vuol chiudere la partita ben prima delle amministrative, così da sottrarre l’argomento alla campagna elettorale e cancellare presto le tracce dello scandalo petroli che lo ha costretto al giro di poltrone.
In pole position, secondo diversi quotidiani tra cui ilFoglio, sarebbe Chicco Testa, l’uomo della corrente alternata. Fu comunista, poi manager al vertice di aziende pubbliche da 600 milioni di lire l’anno. Fu ambientalista ortodosso, abbastanza per co-fondare Legambiente, quindi tra i più ferventi sostenitori del ritorno nucleare. “Fa meno male di un motorino”, diceva nel 2008, dichiarandosi favorevole a riaprire le centrali. Quando portava la riga in mezzo, a vent’anni, era per la liberalizzazione delle droghe leggere al fianco dei radicali. E’ diventato nel tempo un alfiere della conservazione su alcuni temi rilevanti: sì Tav, no acqua pubblica. Il link con Renzi si consuma anche a tavola. “Certo che sono qui e ho pagato per esserci”, rivendicava il 7 novembre 2014 alla cena di finanziamento all’Eur per sostenere l’ascesa del giovane segretario. “Nulla di strano, ho fatto cene elettorali anche con Rutelli, Verltroni e Bersani”. E infatti, puntuali, sono arrivate le nomine, prima in Acea con Rutelli, poi nel cda di Roma Metropolitane con Veltroni, quindi al Vertice di Enel quando Bersani era ministro dell’Industria. Certe cene non si scordano mai. Prima di prendere posto, però, dovrebbe lasciare la presidenza di Sorgenia e di Assoelettrica, delle quali non detiene partecipazioni, ma per le quali potrebbe trovarsi in conflitto d’interessi qualora vestisse i panni del ministro che regola il mercato energetico. Di sicuro un segno della rottamazione che non rottama.
Altro papabile, ma molto improbabile, è Vasco Errani “il rosso”, vicinissimo a Bersani e alla “ditta” e dunque assai gradito alla minoranza Pd. Se fosse lui il prescelto la nomina potrebbe sortire un effetto placebo in vista della Waterloo del centrosinistra che s’annuncia a settembre, con il referendum costituzionale che sarà il nuovo campo di battaglia tra anima governativa e antirenziana del Partito Democratico. Difficile però superare i dubbi sulla rispondenza del profilo al ruolo: Errani è un pilastro della politica che esprime il meglio a livello locale, laddove osano i nostalgici dell’apparato dell’ex Pci facendo una brillante carriera da amministratori. Per tre volte, in deroga allo stesso statuto Pd, Errani è stato eletto governatore dell’Emilia. In onore al suo ruolo di pontiere defilato, e anche per esaurimento del comporto di candidabilità, si è spesso malignato di un suo imminente ingresso al governo come segnale di pacificazione. Se fosse la volta buona, la scelta di Renzi verrebbe letta come l’ennesimo tatticismo politico in spregio agli interessi pubblici generali.
Corrente continua, se fosse Teresa Bellanova. Deputata salentina del Pd ed ex sottosegretario al Lavoro, da tre mesi trasferita al Mise (leggi l’articolo) come viceministro e protagonista di alcuni importanti tavoli di crisi. Ex sindacalista Cgil, Bellanova fa parte della minoranza dialogante che ha lasciato Bersani e Speranza per avvicinarsi al premier-segretario. E tuttavia il suo profilo non convince fino in fondo. Certo, ha grande esperienza ed è stimata dal premier, ha fatto pure un intervento molto apprezzato all’ultima Leopolda. E tuttavia tra il Nazareno e palazzo Chigi si ragiona da tempo su un nome di più forte impatto.
Continuità assicurata anche se il prescelto fosse Claudio De Vincenti, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio che proprio dal Mise si era trasferito come viceministro quando Graziano Delrio è passato al ministero delle Infrastrutture. Professore di economia politica alla Sapienza e collaboratore de Lavoce.info, dalla sua può vantare gli insulti che la Guidi gli riservava al telefono col compagno Gemelli, per i cui interessi illeciti è stato arrestato e la ministra si è dovuta dimettere. Resta la macchia di altre intercettazioni, quelle della vicenda Tirreno Power, nelle quali emerge il tentativo di aiutare l’azienda a bypassare le prescrizioni ambientali. Sia Bellanova, sia De Vincenti, aveva detto poche settimane fa lo stesso Renzi in direzione nazionale, non sono del “giglio magico” ma anzi “vengono da sinistra”. E sono infine giunti alla porta di Renzi.