“Per favore, non votate quel testo di legge”. Suona un po’ come la madre che disconosce il figlio l’appello che la rete “Salviamo il paesaggio” rivolge ai deputati della Camera. L’oggetto è il ddl sul consumo del suolo che arriverà in Aula per la votazione martedì 3 maggio. Quel testo di testo di legge, approdato nelle commissioni parlamentari nel 2014, era infatti il frutto di un accordo fra le associazioni ambientaliste e la politica, il “minimo sindacale” che le prime erano disposte a accettare. Ma il ddl ne è uscito stravolto dalle commissioni, stremato, irriconoscibile. Un ritocchino di qua, un comma sparito di là ed ecco che il muro di protezione contro il cemento facile si è sbriciolato sotto il peso degli emendamenti.
Il terreno “consumabile”, di fatto, è stato ampliato a colpi di definizioni: non si considerano più, ad esempio, “superficie agricola” gli spazi destinati a servizi pubblici come scuole, fermate dell’autobus, strutture sanitarie. Le miniere non vengono più considerate consumo di suolo e nemmeno le grandi opere della legge Obiettivo. Quelle potranno continuare a divorare terreno vergine senza intaccare minimamente le statistiche di consumo di suolo in Italia. Un testo, quello che arriverà in Aula martedì, che il costituzionalista Paolo Maddalena, ex vicepresidente della Consulta, aveva definito al fattoquotidiano.it, “incostituzionale”, oltreché illogico.
Come se non bastasse, il 19 aprile è arrivato l’ultimo colpo di spugna: con un emendamento è stato cancellato un comma intero (il 3 dell’articolo 5) che conteneva il vincolo che avrebbe spinto i Comuni a rendere più oneroso costruire su terreni inedificati e più vantaggioso intervenire per riqualificare il patrimonio edilizio già esistente. Ogni Comune, in altre parole, avrebbe potuto decidere come giocare con le aliquote secondo le proprie esigenze. Secondo la commissione bilancio questo meccanismo era incostituzionale, perché avrebbe intaccato la casse comunali. Secondo il M5S era vero giusto il contrario. “Quel comma – fa sapere al fattoquotidiano.it Massimo De Rosa, membro della commissione ambiente nonché primo firmatario della proposta di legge poi confluita all’interno del testo unico – proponeva di limitare il consumo di suolo, facendo in modo che i Comuni rendessero più conveniente riqualificare l’esistente, piuttosto che investire in nuove costruzioni”. Ma nulla: il comma è sparito. E tutti i “poteri” finiscono in mano al Governo. “Si tratta – continua De Rosa – dell’ennesimo tentativo della maggioranza di svuotare di significato un testo nato per salvaguardare i territori dal cemento, e che invece adesso strizza in più passaggi l’occhio a speculatori del mattone e palazzinari. Il Pd chiede nei fatti una deroga sconfinata per poter decidere dove come e chi far costruire in futuro e un amnistia per quanto riguarda gli scempi passati e quelli attualmente in programma”.
Le stesse associazioni ambientaliste adesso, come detto, prendono le distanze dalla loro “creatura”, con tanto di appello inviato a tutti i deputati. “Nel ribadire l’urgenza di una legge efficace, fondata su principi giusti, rigorosi e condivisi – si legge – le chiediamo, di nuovo, di impegnarsi personalmente perché nel testo che state per discutere vengano inseriti dispositivi essenziali per compiere un decisivo passo verso una inversione di rotta non più procrastinabile. Se non lo ritiene possibile, piuttosto che approvare una legge del tutto inadeguata allo scopo che si propone, le chiediamo di fermarsi, per tornare a lavorare ad un nuovo ed efficace impianto legislativo sulla scorta di quanto proposto dal Forum Salviamo il Paesaggio, così da dimostrare al Paese la volontà di voler davvero arrestare, anche se in modo progressivo, il consumo di suolo”.
Non è detto, tuttavia, che questo testo abbia strada spianata. Ncd infatti non vuole portarlo in aula e chiede di rinviarlo ancora. A questo si aggiunge la “contrarietà” dell’Anci che solo ora, a pochi giorni dall’arrivo in Aula, ha prodotto una nota di sei pagine elencando tutte le sue perplessità. L’associazione guidata da Piero Fassino chiede di modificare (ancora) la definizione di “superficie agricola”, di semplificare il calcolo delle quote di suolo consumabili e di prevedere una norma di raccordo tra il ddl e la normativa. Secondo Agricolae i timori dell’Anci sono riconducibili agli investimenti edilizi sul territorio che “sembrerebbe constino di circa un miliardo di euro in pancia alle banche”. Soldi e risorse che potrebbero essere messi a rischio proprio dall’approvazione della legge sul Consumo del suolo.