Domani, 3 maggio, è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Un’opportunità per ricordare che l’Iran è una delle peggiori carceri al mondo per i giornalisti: nel suo recente rapporto sulla libertà di stampa, Reporters sans Frontières lo colloca al 169esimo posto su 180 (non molto sotto la Turchia, peraltro…). Questo dato era relativo al 2015. Al termine del 2016 la classifica potrebbe essere persino peggiore, considerate le condanne emesse il 25 aprile nei confronti di Afarin Chitsaz, Ehsan Mazandarani e Saman Safarzai.
I tre giornalisti erano stati arrestati il 2 novembre scorso dalla Guardia rivoluzionaria con l’accusa di “far parte di una rete di infiltrati legata a paesi occidentali ostili”. Quel giorno era stato arrestato anche Isa Saharkiz, prigioniero di coscienza dal luglio 2009 e che ha già scontato più di quattro anni di carcere, nei confronti del quale non è stata però ancora emessa la sentenza. Ehsan Mazandarani, direttore del quotidiano “Farhikhteghan”, è stato condannato a sette anni di detenzione per “propaganda contro il regime”.
Saman Safarzai, giornalista del mensile “Andisher Poya”, ha ricevuto una condanna a cinque anni. Stessa sentenza anche per Davoud Asadi, arrestato a sua volta il 2 novembre 2015, il quale però non sarebbe un giornalista, secondo il fratello Houshang (il quale invece lo è, scrivendo per il portale dell’opposizione “Roozonline”). La pena più dura è toccata ad Afarin Chitsaz, editorialista del quotidiano “Iran Daily”: 10 anni di prigione per “aver collaborato con governi stranieri”. La sentenza ai danni dei quattro imputati, informa Iran Human Rights Italia, è stata emessa dalla sezione 28 del Tribunale rivoluzionario, presieduta dal giudice Moghiseh. Questa mattina, un sit-in itinerante delle organizzazioni per la libertà di stampa si fermerà anche di fronte al consolato iraniano di Roma.