Diritti

Rom, la doppia profanazione del 25 aprile e le anime perse della Lega

Da un quarto di secolo una ventina di famiglie milanesi viveva all’interno di casette in via Idro, 62 nella periferia nord-orientale di Milano. Poi, dopo lunghe battaglie legali, lo sgombero forzato, avvenuto il 15 marzo di quest’annoLuca Lepore e Samuele Piscina, entrambi leghisti e rispettivamente consigliere comunale di Milano e candidato presidente di Zona 2, non hanno festeggiato lo scorso 25 aprile in strada, per fare memoria della liberazione dal nazi-fascismo, ma sopra il pezzo di terra abbandonata di via Idro dove, fino a 40 giorni prima, una comunità umana fatta di famiglie, donne, bambini aveva condotto la propria esistenza. «Faremo la vera liberazione – avevano annunciato il giorno prima i due esponenti leghisti -. Basta capannoni e bivacchi, liberiamo Milano dalla delinquenza e dai clandestini».

Si sono presentati all’ingresso dell’insediamento milanese abbandonato verso le 10,00 di mattina per inaugurare la «liberazione di Milano» e, con un pugno di giornalisti al seguito ed un cartoncino con sopra disegnata una ruspa, hanno cominciato ad infierire sulle macerie dell’insediamento, rompendo vetri, scardinando infissi, calpestando suppellettili. Lo hanno fatto utilizzando un piccone, per ridurre in frantumi le macerie di quelle che per anni erano state le abitazioni di famiglie italiane, milanesi da generazioni. Cosa ha significato per quanti, attraverso i media, hanno visto le loro abitazioni, già abbattute dalle ruspe, ridotte in briciole dall’iniziativa leghista? Quale carica simbolica racchiude quel gesto pavido compiuto dietro grasse risate e battute oscene?

Per cercare risposte ho sfogliato, dopo anni, il rapporto dal titolo “Anime Smarrite”, che narra il malessere causato dalla politica di sradicamento abitativo nei confronti delle comunità rom a Roma. Il report suggerisce una risposta alle domande partendo dal significato che per ogni essere umano ha la parola “casa” indipendentemente dalla sua ampiezza, dalla sua collocazione, dalla sua precarietà. Poche esperienze di vita sono significative per l’esistenza quanto l’abitare. Ciascuno di noi ha uno spazio dove rivelare la sua natura, dove mostrare la propria identità e manifestare un’appartenenza. «Abitare – si legge nel rapporto – vuol dire indossare. Vestirsi di un luogo presuppone identificarsi nello stesso. L’identità dell’uomo presuppone l’identità di un luogo». Lo spazio denominato Via Idro, 62 dove per anni hanno vissuto decine di famiglie, è il luogo dove quegli uomini, quelle donne e quei bambini che lo hanno abitato, hanno anche legato la propria identità, la loro storia personale e familiare, le loro gioie e i loro lutti.

Marc Augè spiega bene come gli spazi abitati, oltre che luoghi identitari, dove costruiamo ciò che siamo, e luoghi relazionali, per le relazioni che al loro interno si generano, sono anche luoghi storici perché conservano e rappresentano la memoria degli eventi passati. Parlare della casa significa parlare di se stessi, così come parlare di via Idro equivale a nominare i suoi abitanti, anche quelli che c’erano e non ci sono più. Questo perché il termine “casa” non è un concetto statico ma, come specchio di chi la abita o di chi la lascia, si muove e si muta. Una casa abbandonata – o meglio lasciata contro la volontà – mantiene gli odori e gli affetti di chi l’ha abitata, conserva la struttura ed i colori di chi negli anni l’ha plasmata.

Il gesto dei leghisti è stato come un secondo sgombero, ancor più violento e dissacrante del primo perché gratuito, spogliato di qualsiasi legittimazione istituzionale. Esso ha travolto, a colpi di picconi e di risate, le tavole di legno, le statue sacre, i pelouche abbandonati, le vecchie lamiere ma anche i ricordi, le speranze, le memorie e le vite di quanti sentono ancora quel luogo come una parte di sè. L’invasione violenta di quegli spazi privati e intimi, immortalati dai fotografi al seguito dei leghisti, restano nella memoria di molti come il simbolo dello sciacallaggio nostrano e della profanazione della memoria di una comunità. Anime smarrite sono quelle dei rom sgomberati da via Idro, che speriamo un giorno troveranno pace. Anime perse sono invece quelle dei due leghisti che come teppisti ubriachi, in maniera oscena e dissacrante sono riusciti nell’impresa di compiere in un solo giorno una doppia profanazione: quella più intima dei luoghi-casa delle famiglie di via Idro e quella pubblica della festa della liberazione.