Gli anni settanta, quella cinematografia di genere dove attori di teatro andavano a raggiungere il grande pubblico e lauti guadagni sul grande schermo. Quel cinema spavaldo che esplorava la verità a suo modo, con personaggi sfuggenti e storie secche, srotolate tutte d’un fiato. E registi come Giuliano Carnimeo, che firmò 29 pellicole tra spaghetti western, commedie sexy e thriller. Due dei suoi lavori sono riapprodati alla versione homevideo
Nel ’72 Giuliano Carnimeo aveva alle spalle già tanti western, più le esperienze da aiuto regista. Gli anni di piombo erano appena iniziati e una certa cinematografia smaliziata li esorcizzava con i peccati di città violente, criminali sprezzanti e belle donne vittime di misteriosi assassini. Macchine, palazzi, pistole, lame e belle forme sono gli elementi visivi più riconoscibili del genere poliziesco, o poliziottesco, come la critica ben pensante lo ribattezzò.
In Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? ribaltava il genere passando al thriller con la storia di due modelle perseguitate da un killer seriale. Edwige Fenech e Paola Quattrini ne sono protagoniste. In un poliziesco il ruolo centrale lo avrebbe avuto il commissario, Giampiero Albertini, che qui invece corre da gregario con il suo volto da brontolone e la mania del suo personaggio di sgraffignare per la sua collezione francobolli anche sui luoghi del delitto. Il film è percorso da una suspense sempre viva accompagnata da musiche vellutate e ritmi pungenti di Bruno Nicolai, ma la messa in scena lascia spazi per rifiatare con sarcasmo e qualche momento sexy. La felice riscoperta è l’interpretazione della Quattrini, anche se il fondo della narrazione resta cupo e insoluto.
“Vedi, oggi la gente ammazza senza motivo”. Con questa frase il commissario commenta con il collega uno degli omicidi. Oltre a riflessioni spot sulle efferatezze, si trovano anche riferimenti all’epoca passata dell’amore libero e delle droghe psicotrope. Tutto confezionato in un cinema più avanti definito “di destra”, ma rivelatosi negli anni trasversale rispetto agli orientamenti politici del pubblico. Il dvd esce con Federal Video privo di contenuti speciali ma con una consolazione: il formato originale dei 16:9 restituito finalmente agli spettatori. Insomma senza imbarazzanti, tagli laterali che in tv e vhs mutilavano titoli, inquadrature e spesso anche i corpi degli attori decentrati, quasi più dell’uccisore di turno.
Il gusto di Carnimeo per la scoperta del corpo, martoriato o discinto che fosse, la ricerca espressiva dell’azione thrillerica nel montare del pathos limandolo all’improvviso con una pioggia di fiori – come la memorabile scena degli iris – sono solo alcuni cliché che quasi mezzo secolo fa venivano snobbati e oggi ripresi con dovizia da tanto cinema. Anche d’autore. Passando dalla giovanissima Fenech/Jennifer attraverso le pericolose notti genovesi (in realtà tanto del film fu grato a Roma) al western di Buon funerale amigos! …Paga Sartana, . Le vallate di pistoleri, sceriffi e cacciatori di taglie irradiate dal sole vedono come protagonista Gianni Garko. Siamo nel 1970 e l’attore viene da una lunga tournée teatrale con Strehler. Prima il cinema sotto la direzione di Pontecorvo, Brusati, Salce, o su sceneggiature di Pasolini. Ma il west a quei tempi garantiva un successo esplosivo e immediato. Chissà, forse con una spinta paragonabile a certi talent e reality di oggi.
Ad ogni modo il Sartana di Carnimeo, il pistolero elegante sul suo cavallo bianco, viene ricordato da Garko proprio negli extra del dvd uscito nei CineKult di Nocturno. L’attore lo interpretò ben quattro volte, più d’ogni altro che ne cavalcò la scia. Tante quante le direzioni di Carnimeo (qui con lo pseudonimo Anthony Ascott). Questo episodio propone la vicenda del giustiziere contro un banchiere dalla vita piena di doppi fondi al gusto polvere da sparo. Forse è il migliore della serie. Non tanto la distaccata ironia del protagonista, quanto lo stile fattosi ruvidamente dinamico lo irrobustisce evadendo dai tagli sofisticati alla Leone e smollicando alcune atmosfere riprese anni dopo da altri registi. E dire che Sartana, nato dalla penna di Gianfranco Parolini, era stato clonato dallo stesso autore con l’eroe Sabata, stessi modi e eleganza nel vestiario, ma il volto più famoso di Lee Van Cleef, grazie all’eredità lasciata a tutti da Sergio Leone.