Cultura

Calabria, il teatro è abbandonato a se stesso: ma c’è chi resiste

La Calabria soffre più di altre regioni del Meridione di “malattie” come abbandono, lontananza, disaffezione, negligenza, disinteresse. Le difficoltà, teatralmente parlando, e la situazione dell’arte e della cultura è cartina di tornasole per riuscire a capire meglio quello che accade anche in altri ambiti, sono rilevanti e riflettono lo stato delle cose, la mancanza di opportunità, di una visione a lungo termine, di una progettazione unitaria, di un’idea di futuro in una regione dove i giovani, anche gli attori, se ne vanno.

Qualcuno che tenta, che lotta, che resiste c’è. Dal basso piccoli tentativi fanno capolino, continuando comunque a scontrarsi contro muri di gomma. Che il teatro possa essere comunità e territorio, possa rinsaldare valori e cementare la società civile, anche e soprattutto nei piccoli comuni, è cosa nota. Se parli di Calabria vengono in mente il festival quasi ventennale “Primavera dei Teatri” a Castrovillari e del frontman Saverio La Ruina, Peppino Mazzotta, ma identificato dopo l’esperienza del Commissario Montalbano con la Sicilia, i fratelli Cauteruccio, Giancarlo direttore per trent’anni del Teatro Studio di Scandicci, e Fulvio, attore solido del quale ricordiamo il suo “Roccu u stortu”. Un po’ poco.

La Calabria rimane “schiacciata” tra le grandi tradizioni napoletana e siciliana, e compressa dal forte rilancio negli ultimi quindici anni della Puglia felix vendoliana. Soltanto quattro le compagnie finanziate dal Fus: a Cosenza Scena Verticale, 100.000 euro, Rosso Simona, 46.000, e il Teatro dell’Acquario, 92.000, a Reggio Calabria il Ctm con 110.000. Adesso un nuovo bando regionale sta facendo molto discutere e tiene in fibrillazione i teatranti dello Stretto: due milioni di euro divisi in tre categorie, gli eventi storicizzati, il circuito, la cultura del libro. Un bando definito da più parti “protezionista” che impone il 40% degli spettacoli calabresi non rilanciando una crescita ma limitando la visuale al proprio orto.

Fino alla scorsa stagione erano nove le residenze, finanziate da 60 a 100.000 euro l’una: Scena Verticale a Castrovillari (gestisce anche il Teatro Morelli a Cosenza), Linea Sottile a Cassano Ionio, Teatro della Ginestra a San Fili, Rosso Simona a Rende, Scenari Visibili di Lamezia (interessante la recente produzione “Patres”), Officine Teatrali a Soverato, Teatro del Carro a Badolato, Compagnia Dracma a Polistena, Scena Nuda a Reggio. Uno dei problemi può essere l’assenza di scuole (unica quella al Morelli di Scena Verticale), drammaturgiche e attoriali, che “spopolano” la Calabria di potenziali talenti che si spostano a Roma o nelle grandi strutture del nord e senza laboratori la fucina delle compagnie, dei teatri, delle attività s’inaridisce.

Il teatro invece è bisogno, crea dipendenza, consapevolezza, salvaguardia, cultura, lettura, benessere, civiltà. Senza teatro la qualità della vita peggiora. Negli anni ’90 due esperienze di accademie, Palmi e l’Acquario, o i laboratori tenuti da Eugenio Barba per quasi un decennio a Scilla, hanno formato la generazione di attori oggi attivi sul territorio o che se ne sono andati altrove per lavorare sulla scena, insieme all’apertura del primo distaccamento del Dams a Cosenza, dopo quella fortunata di Bologna. Poi è sceso un velo nel quale alcune illuminate situazioni che lavorano con fatica cercano di squarciare isolamento e marginalità.

Oltre alle già citate, è da salutare l’impegno dei “Coltivatori di Musica”, Paola Scialis e Stefano Cuzzocrea (loro la performance Resistenza Gastrofonica Viaggiante facendo tra teatro di strada e gnocchi, che li avvicina idealmente alle Ariette), che all’interno dell’Ex Convento dei Cappuccini di Belmonte e della chiesetta (dove Brunori ha inciso il suo ultimo album) hanno lanciato la prima edizione del “Primo maggio del Lavoro”. Tra i tre finalisti, dopo selezione su progetto, Gruppo della Creta, Tamara Marino e Scenari d’Aprile, hanno ottenuto la possibilità di una settimana di residenza artistica ad ottobre quelli della Creta con il lavoro “Dante. Le cose oltre il sipario della materia” che indaga su numerologia, cabala, magia ed esoterismo che affiora potente tra gli endecasillabi del Sommo nella Commedia. Molto interessante la mise en espace dell’esperto Ernesto Orrico “La mia idea” (al bouzouki e dobro l’intenso chitarrista Massimo Garritano, è appena uscito il suo cd “Present”), ritratto interiore partecipato di Joe Zangara emigrante calabrese che sparò a Roosevelt, condannato alla sedia elettrica. Un racconto vivido tra italiano, calabrese e slang inglese di strada, anticapitalista, dalla parte degli ultimi e degli sfruttati, una lotta di giustizia e uguaglianza con sullo sfondo il conflitto con un padre autoritario e violento e un mal di stomaco che non se ne vuole andare. Il Primo Maggio a Belmonte ha ricordato gli “scioperi a rovescio” di Danilo Dolci, in cui i disoccupati (in ambito teatrale sono molti quelli che lavorano senza essere pagati) si mettevano al lavoro. Una protesta pacifica. E dolce, appunto. Se lavorare stanca, non lavorare ancora di più.