Quasi novant’anni dopo la sua prima esecuzione a Parigi, il Bolero di Maurice Ravel è libero da qualunque copyright, quindi di dominio pubblico. Dal primo maggio 2016 uno dei pezzi più popolari e unici della storia della musica classica non è più coperto dal classico diritto d’autore, quindi potrà essere riprodotto in qualsiasi forma, soprattutto all’interno di film, opere teatrali e concerti, senza dover più corrispondere alcunché di economico al suo creatore e/o eredi. I quotidiani francesi hanno ricordato che per indicare la somma popolarità dell’opera di Ravel, oltralpe si è abituati a dire che “nel mondo un’esecuzione di Bolero inizia ogni 10 minuti”. Come ha spiegato Laurent Petitgirard, della Società francese di autori, compositori ed editori di musica (SACEM) “considerando che originariamente il brano dura circa 17 minuti, è altamente probabile che mentre state leggendo queste righe da qualche parte nel mondo ci sia qualche orchestra o utente web che lo stia ascoltando. Ed è probabile che la sentiremo ancora di più da oggi, nella pubblicità come nei film”. Scritto nel 1928 ed eseguito il 22 novembre dello stesso anno all’Opera Garnier di Parigi, il lavoro del maestro nato il 7 marzo nel 1875 in un piccolo paesino dei Pirenei francesi, fu in origine un pezzo per balletto commissionato dalla ballerina russa Ida Rubinstein.
Il Bolero divenne rapidamente un successo in tutto il mondo, anche se la melodia uniforme, ipnotica e dal ritmo ripetitivo lasciò parecchi critici tradizionalisti piuttosto sconcertati. Il compositore francese Florent Schmitt scrisse addirittura che il Bolero fu “l’unico errore” nella carriera dell’amico compositore. “Si tratta di un pezzo scritto in modo semplice e diretto, senza il minimo tentativo di virtuosismi”, spiegò Ravel. Durante gli ultimi 90 anni il Bolero è stato eseguito dalle orchestre più prestigiose al mondo, sotto la direzione di molti dei migliori direttori come Arturo Toscanini, Claudio Abbado e Pierre Boulez. La composizione è stata poi usata per una celebre opera coreografica, a firma di Maurice Bejart nel 1961, o ancora nel cinema in almeno tre momenti clou: quando in 10, di Blake Edwards (1979), Dudley Moore e Bo Derek fanno l’amore; architrave musicale dell’omonimo Bolero diretto da Claude Lelouch (1981); ma soprattutto quando il conte Mascetti (Ugo Tognazzi), in Amici Miei atto II, si vuole liberare dell’amante/contorsionista la fa danzare al ritmo di Ravel e la chiude dentro una valigia per poi gettarla tra i bagagli di un pullman in partenza.
Secondo alcune stime il Bolero ha generato introiti agli eredi di Ravel per circa 50 milioni di euro in diritti d’autore dal 1960. Ravel morì celibe e senza figli nel 1937. Il suo unico erede fu il fratello Edouard, morto poi nel 1960. Da quel momento si scatenò una dura e complicata battaglia legale sui diritti d’autore che coinvolse l’infermiera di Edouard e suo marito, pronipoti di Ravel e anche un direttore legale di SACEM. Dal 1 maggio 2016 però l’opera è diventata di “dominio pubblico”. Ogni anno, infatti, allo scadere del 31 dicembre centinaia di opere si liberano, come scritto sul sito border-radio.it, “dalle restrizioni del copyright, diritti e royalties di cui godono per legge non più gli autori, morti da più di mezzo secolo, ma major, case produttrici, parenti ed eredi vari”.
Dal primo gennaio 2016 sono diventate di pubblico dominio, tra le altre, le opere di Dietrich Bonhoeffer e Paul Valéry, come il Mein Kampf di Adolf Hitler. Sempre a gennaio 2016, a 70 anni dalla morte di Anna Frank, come previsto in Europa dalle leggi sul diritto d’autore, è diventato di pubblico dominio il suo “Diario” che è stato immediatamente pubblicato online da una parlamentare e da un ricercatore universitario francesi. La Anne Frank Fonds, la fondazione svizzera istituita nel 1963 dal padre di Anna, Otto, ha però protestato sostenendo che il libro non deve essere attribuito soltanto ad Anna ma anche allo stesso Otto, l’unico superstite della famiglia ai campi nazisti, che ha curato le diverse versioni del diario. Ciò allungherebbe il copyright fino al 2037. Per tutte le opere statunitensi, infine, bisognerà attendere il dominio pubblico che scatterà nel 2019. Nel 1976 il Copyright Act si smarcò dalle decisioni europee e allungò retroattivamente i diritti d’autore per le opere create tra il 1923 e il 1977. Il manifesto del “pubblico dominio” si può trovare qui.