Viaggi

India on the road: duemila chilometri attraverso luoghi da vedere almeno una volta

Mai stato nel subcontinente? Per iniziare, niente di meglio (e di più facile) che un itinerario dei classici, dal Taj Mahal di Agra ai palazzi “ricamati” del Rajasthan.

Testo di Lucio Valetti
India on the road: duemila chilometri attraverso luoghi da vedere almeno una volta

«Nessun problema. Tutto questo è normale». Normale? Dev’essere abituato allo stupore, a tratti misto al terrore, dei turisti alla loro prima visita in India, Rajendra Rathore il driver, e sorride mentre tenta di spiegare in un italiano quasi perfetto lo sgangherato traffico di Nuova Delhi. Sorride, spiega, rassicura, mentre si avventa con la sua Tata e l’impeto di un cavaliere medievale impegnato in uno scontro nell’incomprensibile ammasso di “cose” che si muove sulle strade della capitale. Cose. Cioè c’è un traffico fatto di auto normali, moderne e discretamente moderne. Poi un traffico di vecchie carcasse di auto che sembrano venire dagli anni ’50, ma senza il fascino di quelle che circolano a Cuba, per dire. Piccole auto di produzione locale, nere, grigie, arrugginite, che sembra stiano insieme per miracolo. Poi ci sono i tuk-tuk, fumosi simil-Ape a tre ruote con abitacolo foderato in simil-pelle rossa che devono inquinare come un jet in decollo. Poi ci sono le vacche che vagano macilente e lente nel caos. Poi motorini, scooter, strani mezzi a due ruote, spesso con una famiglia intera a bordo, come la pubblicità della Vespa degli Anni ’50, tutti rigorosamente fumanti. Poi i carretti trainati da cavalli e asini. E biciclette, e pedoni. Strati di traffico che si sovrappongono, si intersecano, si accavallano. Niente regole apparenti, tutti si infilano dove c’è spazio per infilarsi. A dispetto delle leggi fisiche. L’abilità di chi sta alla guida di qualcosa è degna di un pilota da rally. Solo il pensiero di mettersi al volante fa spavento. Se aggiungiamo che qui la guida è a sinistra…

Nove ore di viaggio dall’Italia e il primo impatto con l’India che ti aspetti non è l’India che ti aspetti. Obiettivo è il Rajasthan, i suoi deserti, le sue pacifiche atmosfere, ma per Delhi ci devi passare. Delhi va presa così, in fondo dopo un po’ ti abitui. Dopo un paio di giorni lo trovi persino divertente. Come sugli autoscontri da bambini. Si va a piedi, si sale sui tuk-tuk, ci si infila in stupefacenti negozi, si esplorano incredibili antiquari dove puoi trovare poltrone impagliate dell’epoca coloniale inglese. Ancora oggi, dopo tanto tempo, ne sono rimaste? Saranno autentiche? «Ma certo», assicurano sorridendo i venditori, sincronizzati con il sorriso del driver. Se vuoi te le spediscono a casa. Al Khan Market si trova artigianato locale d’ogni tipo, ma ormai da qualche anno i prezzi sono occidentali. Vicino c’è il Delhi Golf Club, un bel polmone verde, silenzio e pavoni che passeggiano, gente in tenuta perfetta. Il contrasto con il resto là fuori è clamoroso. Naturalmente, fra una buca e l’altra, un tocco indiano non manca e sono alcune tombe di epoca Moghul. La Old City naturalmente è d’obbligo. Da perlustrare e fotografare il mercato di frutta e verdura, da ammirare l’importante Jama Masjid che sovrasta il vecchio bazar. Poi andate nell’affascinante e giovane Hauz Kahs Village, un quartierino con negozi di gusto urban stretto in un angolo del vasto giardino con lago e complesso archeologico.

Via dalla capitale, però. In treno, ordinato e in orario. Per fare l’esperienza. Rajendra Rathore il driver si farà trovare a destinazione. Tre ore e mezzo e si arriva al primo obiettivo: Agra, città dell’Uttar Pradesh non proprio splendida, ma con il Taj Mahal noto anche ai marziani. Che fa apparire Agra ancora più brutta di quel che sia davvero. Il capolavoro dell’arte musulmana in India, recitano i testi, l’apice dell’architettura sepolcrale islamica. Lo fece costruire l’imperatore Shah Jahan per la moglie Mumtaz Mahal, al secolo Arjumand Banu Begum, morta nel 1631 di parto mentre seguiva il marito in una campagna militare. Sei mesi dopo il regale consorte volle il più sontuoso e gigantesco mausoleo che si potesse immaginare. I lavori durarono 17 anni. Da tutta l’India arrivarono scultori, orafi, ebanisti e mosaicisti. C’erano anche diversi persiani, come il probabile architetto autore dell’opera. Si dice che vi lavorarono 20.000 operai e che siano stati impiegati un migliaio di elefanti. Intorno al cantiere era nata una piccola città per ospitarli tutti, Mumtazabad, perfino più grande di Agra. La leggenda narra che l’imperatore, a lavori conclusi, fece tagliare le mani e accecare capomastri e calligrafi. L’architetto: decapitato. Perché nessuno potesse replicare altrove nemmeno un particolare. Il complesso è imponente. Quattro viali tagliati da canali, un giardino geometrico, padiglioni d’acqua, due moschee in arenaria rossa e cupole di marmo bianco, tutto esagerato, tutto raffinatissimo. La tomba vera e propria è al centro, sormontata da una cupola alta 26 metri e del diametro di 18. L’imperatore la coprì e la circondò di preziosi doni, diamanti, tappeti e lampade d’oro, predati alla fine dell’era Moghul. Ormai non c’è quasi più niente.

Una quarantina di chilometri e si entra nel Rajasthan, altri duecento ed ecco Jaipur la “rosa”, per quel suo centro storico ritinteggiato a metà Ottocento. Merita una puntata una delle più rinomate gioiellerie della città, giusto per ammirare l’arte della capitale dell’alta oreficeria. Si chiama Gem Palace, il proprietario è per metà italiano, è nato a Bologna. Un’occhiata a una vetrina e hai abbracciato qualche milione di euro in pietre. Fuori di lì ci si può consolare in un negozietto di ottima bigiotteria. Prima di ammirare un’altra inestimabile perla: il Palazzo dei Venti, in arenaria rosa, con un tripudio di nicchie e finestre che paiono ricamate.

Nella piccola Pushkar, raccolta intorno al lago che prende il suo nome, il tempio di Brahama, uno dei pochi al mondo dedicati alla divinità creatrice del mondo materiale rimasti integri, vale una sosta adeguata alla sua quasi unicità. Colorato come un Arlecchino, un corpo principale rosso acceso, colonne azzurre con vivaci decorazioni che lo sorreggono, capitelli gialli e verdi raffiguranti divinità hindu.

La strada per Udaipur riporta in campagna. Il verde si fa sempre più intenso, il terreno è ondulato, quasi montuoso. Si attraversano villaggi dove barbieri e sarti con macchina da cucire aspettano i clienti ai lati della strada, piccole officine improvvisate negli slarghi della carreggiata, macine che girano al ritmo lento di un animale da tiro. Alla fine c’è la città dei laghi. Solito caos con un elemento in più, le scimmie. Curiose come scimmie e affamate come scimmie. Puntano a tutto, e la prima colazione sulla terrazza dell’albergo è un’attrazione irresistibile. Chi ama andare a caccia di set cinematografici approfitterà dell’hotel Taj Lake Palace, costruito su un isolotto, dove girarono alcune scene di Octopussy. 007, per intendersi. L’Udai Kothi fa invece vivere atmosfere coloniali. È uno splendido palazzo tardo ottocentesco, marmi, arredi e tessuti sontuosi. Barcaioli a buon mercato in un’ora ti fanno fare il giro del lago Pinchola, il più grande dei tre intorno alla città. Edifici candidi che si riflettono nell’acqua e il City Palace, il palazzo reale. Salendo sulle colline intorno, fino al Monsoon Palace, si abbracciano con la vista città e laghi.

Un’ottantina di chilometri fuori da Udaipur, una bellissima strada si inerpica sui monti Aravalli, battuta da qualche motociclista in sella a Royal Enfield fuori dal tempo. Ritornati in pianura, nella mistica Ranakpur si trova un complesso di templi giainisti circondati da una natura silenziosa. I templi sono un obbligo da queste parti. Ti viene anche voglia di saltarne qualcuno e passare la giornata a chiacchierare con un sarto che in un paio d’ore ti cuce praticamente addosso l’abito tradizionale che vuoi. E poi c’è Jodhpur la “blu”, bella e pulita nel suo centro storico. Appena fuori, su una collina, il Mehrangarh è una fortezza che domina la città. Impressionante per maestosità e complessità architettonica. Il paesaggio si è fatto più estremo, arido, difficilissimo nelle giornate d’estate. Jaisalmer è in mezzo al deserto di Thar. Il driver preferisce affrontare l’ultimo polveroso tratto di strada con più luce possibile. L’impatto serale con le mura di cinta e i numerosi bastioni che difendono la città vecchia, con il suo grumo di templi giainisti, è di grande effetto.

Sulla via per Nuova Delhi c’è Mandawa, con il suo forte e soprattutto le sue haveli, quei tradizionali palazzi signorili finemente decorati e dipinti che lasciano esterrefatti. La capitale è ormai vicina. Arriva dopo qualche ora.

Foto di Enrico Albanese

 

INFORMAZIONI
L’itinerario descritto è lungo poco più di duemila chilometri.
La stagione migliore per visitare il Rajasthan va da ottobre a marzo: in quel periodo i prezzi sono più alti e si tengono quasi tutte le feste, dalla fiera dei cammelli di Pushkar in novembre alla festa degli elefanti di Jaipur, passando per Holi, celebrata in tutta l’India. Maggio e giugno sono i mesi più caldi, con temperature che superano i 40 gradi, anche se la notte scendono parecchio; per trovare refrigerio durante il giorno ci si può trattenere sui monti Aravalli e magari spingersi a Mount Abu (163 km a ovest di Udaipur), dove ogni anno si svolge il Summer Festival (nel 2016, il 20 e 21 maggio). I mesi seguenti sono quelli dei monsoni, con piogge abbondanti, ma generalmente brevi.

tourism.rajasthan.gov.in

DELHI
Amarya Villa
A-2/20, Safdarjung Enclave, tel. 0091-11-41036184
www.amaryagroup.com/amarya-villa
Prezzi: da 70 euro per la doppia standard, colazione inclusa.
Nell’elegante zona sud della capitale, vicina all’Hauz Khas Village pieno di boutique e ristorantini, è una villa a gestione francese con appena nove camere arredate in stile etnico-contemporaneo. Ha un ottimo ristorante, una bella terrazza e offre trattamenti spa e servizi di autista per andare alla scoperta della città.
Karim’s
Jama Masjid, Gali Kababian, Old Delhi, tel. 0091-11-23269880.
www.karimhoteldelhi.com
Ristorante fondato nel 1913 all’ombra della più importante moschea di Delhi, è un’istituzione cittadina. Qui si gustano, e a prezzi modici, i grandi piatti della tradizione imperiale Moghul. Consigliati il pollo o il cosciotto d’agnello cotto nel forno tandoor.

JAIPUR
Khandela Haveli
D-219 A, Bhaskar Marg, Bani Park, tel. 0091-141-4036060
www.khandelahaveli.com
Prezzi: doppie da 60 euro.
Haveli della nobile famiglia che governò sulla vicina regione di Shekhawati. Tutte le camere e le aree comuni sono ornate di preziosi mobili e coloratissimi tessuti e ci sono un giardino e una grande piscina. Gli stessi proprietari hanno trasformato in albergo anche il Khandela Castle (http://castlekhandela.com; prezzi da 90 euro per la doppia), la dimora avita nel Shekawati, a Khandela (una novantina di km a nord di Jaipur).
Niros
Mirza Ismail Road, tel. 0091-141-2374493.
www.nirosindia.com
Amato da indiani e stranieri, è forse il più famoso ristorante di Jaipur. Lasciate perdere i menù internazionale e cinese… qui si gusta la tipica cucina rajasthana. Da provare il laal maas, uno stufato speziatissimo di agnello da accompagnare con i naan (pane non lievitato cotto nel forno tandoor) e l’aloo pyaz, a base di patate, cipolle e semi di senape. Il tutto (annaffiato con birra) senza spendere più di 15 euro.

PUSHKAR
Pushkar Palace
Choti Basti (vicino al lago), tel. 0091-145-2772001.
http://hotelpushkarpalace.com
Prezzi: doppia (super deluxe) a 90 euro.
Maestosa residenza in riva al lago.

UDAIPUR
Jagat Niwas Palace
23-25 Lal Ghat, tel. 0091-294-2420133.
www.jagatniwaspalace.com
Prezzi: 38 euro per la doppia “haveli”, 55 per la “heritage” vista lago.
Questo labirintico palazzo bianco del XVII secolo è il più affascinante hotel per viaggiatori indipendenti della città. Il suo ristorante è affacciato sul lago Pichola.
All’Udai Kothi (O/S Chand Pole, Hanuman Ghat Marg, tel. 0091-294- 2432810, www.udaikothi.com) prezzi a partire da 72 euro per una doppia deluxe.

JAISALMER
Shreenath Palace
Nel Forte, vicino al tempio jainista, tel. 0091-299-2252907.
hotelinjaisalmer.com
Prezzi: doppie da 32 euro
Nel cuore del magnifico forte di Jaisalmer, questa antica haveli con cinque camere è di proprietà, e da molte generazioni, di un’influente famiglia Rajput.

Per uno stop nella piccola Mandawa ci sono il Radhika Haveli (prenotabile tramite uno dei motori di ricerca alberghiera, con prezzi da 37 euro per la doppia deluxe) e il Castle (http://castlemandawa.com, sui 120 euro).
Chi vuole esagerare e concedersi un lusso può trascorrere una notte all’Oberoi Amarvilas di Agra, considerato uno dei migliori hotel dell’Asia, costruito in perfetto stile Moghul (giardini e piscina compresi): tutte le camere hanno una vista d’eccezione sul Taj Mahal, che si trova a soli 600 metri di distanza. Favolosi anche i suoi ristoranti (Taj East Gate Road, tel.  0091-562-2231515, www.oberoihotels.com/hotels-in-agra-amarvilas-resort; le doppie partono da 250 euro).

Per altri spunti si può per esempio consultare il sito www.iescape.com, che propone una selezione interessante, a volte con tariffe speciali (ma, individuata la struttura che piace, conviene sempre confrontare i prezzi con quelli offerti sul sito dell’hotel o su altre piattaforme di prenotazione).

GUIDA
Chi desidera un autista/guida che parli anche bene l’italiano può contattare Rajendra Rathore, della Siddartha Vacations di Jaipur, specializzata sul Rajasthan (www.siddharthatours.com).

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