“Il No al referendum sulle riforme comporterebbe la paralisi definitiva. Ma se vince il sì non è un trofeo che Matteo Renzi può impugnare, non è un’incoronazione personale”. L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un’intervista al Corriere della Sera è tornato a parlare della consultazione sul ddl Boschi del prossimo ottobre. L’ex Capo dello Stato è tra i promotori del “sì” e già si è esposto sull’argomento: questa volta però non ha difeso solo il provvedimento, ma ha anche condannato l’eccessiva personalizzazione fatta da Renzi sull’argomento. Solo il 2 maggio infatti il presidente del Consiglio ha lanciato la campagna elettorale e ribadito che dal successo del referendum dipenderà la vita dell’esecutivo.
Secondo Napolitano la bocciatura della riforma “comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione”. La nostra Costituzione è davvero superata? “La prima parte esprime in piena luce principi e valori fondamentali di convivenza civile e politica. La seconda parte, sull’ordinamento della Repubblica, ha presentato da subito gravissime fragilità” e “i costituenti avevano previsto la necessità di dispositivi per evitare l’instabilità dei governi e le degenerazioni del parlamentarismo; ma questi dispositivi non sono mai arrivati” e “siamo in ritardo gravissimo“. Per questo secondo l’ex Capo dello Stato “se si affossa anche questo sforzo di revisione costituzionale, allora è finita: l’Italia apparirà come una democrazia incapace di riformare il proprio ordinamento e mettersi al passo con i tempi. E questo lo devono capire tutti; anche quelli che vorrebbero usare il referendum per far cadere Renzi”.
A questo proposito, ha detto Napolitano, il presidente del Consiglio “non avrebbe dovuto dare questa accentuazione politica personale; ma solo un ipocrita può dire che, se ci fosse un rigetto su una questione così importante, su cui il governo si è tanto impegnato in Parlamento, non si porrebbe un problema per le sue sorti”. Se vince il sì invece, ha continuato l’ex Capo dello Stato, non è una semplice vittoria dell’esecutivo: “Renzi ha sbagliato a metterci un tale carico politico: se vince il sì vince la riforma, vince l’interesse generale del Paese; non è un trofeo che Renzi possa impugnare, non è un’incoronazione personale. Di recente Renzi nel discorso alla Camera prima del voto definitivo sulla legge ha corretto il tiro, ha evitato quella accentuazione, è entrato nel merito“,
Napolitano ha detto poi che nella sua ottica vede tre fronti di opposizione alla riforma: “Vedo tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile, non c’è urgenza né bisogno di rivederla. Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi. E quella dottrinaria ‘perfezionista’”. Secondo l’ex Capo dello Stato “occorre rispetto per le riserve”. Ma al tempo stesso ha concluso: “Dubito molto che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma. Ma questa è una posizione insostenibile: perché il no comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione”.
Le parole di Napolitano hanno riacceso lo scontro politico. “Si goda la sua ricca pensione e non disturbi”, ha detto il leader del Carroccio Matteo Salvini. Secondo il deputato di Forza Italia ed ex relatore del provvedimento Francesco Paolo Sisto invece “ora è tutto più chiaro”: “L’ex Presidente della Repubblica è concorrente di Renzi nel reato di omicidio della Costituzione. La sua, infatti, è una difesa puramente politica dell’inaccettabile intervento riformatore, senza alcun contenuto valido, tutta impostata sullo spettro di una fantomatica paralisi”. Ha chiuso il cerchio delle polemiche il deputato di Sinistra italiana ed ex Pd Alfredo D’Attorre: “Napolitano dovrebbe avere più fiducia nella democrazia e nella saggezza degli italiani. La vittoria del No non sarà il caos ma darà la possibilità di evitare una pessima riforma che dà l’immunità a un po’ di consiglieri regionali scelti dai partiti e, finalmente, ci consentirebbe di lavorare ad una legge elettorale decente”.