Un ordine di censura sul caso della morte di Giulio Regeni. Un “obbligo di non pubblicazione” è stato ordinato dalla procura generale egiziana sul caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friuliano torturato a morte in Egitto. A rivelarlo è l’agenzia statunitense Associated Press (Ap) segnalando l’esistenza di un documento riservato che, assieme ad almeno un altro pubblicato da diversi media egiziani, è stato diffuso per errore dal ministero dell’Interno egiziano. “Un’altra nota suggeriva che il procuratore generale ha imposto un obbligo di non-pubblicazione sulle indagini nel caso del dottorando Giulio Regeni”, scrive l’agenzia senza fornire altri dettagli.

Maggiori informazioni sono circolate invece su una sorta di “piano segreto” del ministero dell’Interno per affrontare la crisi creata domenica dall’arresto di due giornalisti di sinistra all’interno della sede del Sindacato della stampa, da sempre inviolato: per un “errore tecnico” su cui ora si indaga, la nota interna è finita ai media inseriti nella mailing list del dicastero. Citando fonti dello stesso dicastero, il sito del quotidiano Al Masry Al youm, sostiene che l’episodio riflette un presunto “stato confusionario in cui versa il ministero”.

Il piano, che doveva essere sottoposto all’attenzione del ministro, il generale Magdy Abdel Ghaffar, consigliava di ricorrere a “esperti della sicurezza o a generali in pensione” per farli parlare in tv difendendo il punto di vista del ministero”. Questa sorta di più o meno involontario ‘Cairoleaks‘ ha colpito un ministero da tre mesi sotto pressione per la morte di Regeni. Ghaffar ora è stato criticato anche da un editoriale del principale quotidiano governativo, Al Ahram, che ha scritto: “Il ministero dell’Interno ha commesso molti errori nell’ultimo periodo e il più recente è il comportamento deplorevole nei confronti dei giornalisti”. “Si attende una misura: il licenziamento del ministro dell’Interno”, scrive ancora il giornale.

Nella giornata della libertà di stampa, la bandiera sull’edificio del sindacato di categoria al Cairo è stata sostituita con un drappo nero per simboleggiare le condizioni in cui operano i giornalisti egiziani che hanno denunciato altri fermi di polizia ai loro danni a margine delle manifestazioni indette il 25 aprile sulla questione delle isole del Mar Rosso restituite all’Arabia saudita.

Lunedì il blitz nel sindacato dei giornalisti – Lunedì la polizia egiziana aveva fatto irruzione nella sede del sindacato dei giornalisti al Cairo, arrestando due reporter critici nei confronti del governo. Alcuni giornalisti parlano ormai di una “repressione senza precedenti”. Il ministero dell’Interno ha negato che sia stato condotto un blitz al sindacato, luogo del centro della capitale tradizionalmente legato alle proteste, ma ha confermato che alcuni giornalisti sono stati arrestati al suo interno.

Mahmoud Kamel, del direttivo del sindacato, ha raccontato che almeno 40 poliziotti sono entrati negli uffici, mentre il ministero dell’Interno ha parlato di otto. Kamel ha aggiunto che una guardia di sicurezza è rimasta ferita quando gli agenti hanno fatto irruzione. Il sindacato ha chiesto uno sciopero a tempo indefinito dei giornalisti in Egitto, proseguendolo sino a quando il ministro dell’Interno presenterà le dimissioni, e chiesto che i quotidiani pubblichino edizioni con le prime pagine nere.

“Questo fatto è senza precedenti, nessun presidente o primo ministro o ministro dell’Interno si era mai permesso di fare qualcosa del genere”, ha dichiarato Kamel, aggiungendo che secondo la legge solo la procura può condurre perquisizioni nel sindacato in presenza del suo presidente o di un vice. Nuove proteste contro il governo hanno preso il via in Egitto a metà aprile, dopo la decisione del presidente Abdel Fatah Al Sisi di cedere due isole all’Arabia Saudita.

Il Cairo: “Fare chiarezza su egiziano morto a Napoli” – Intanto, il ministero degli Esteri del Cairo ha segnalato un altro caso di egiziano morto all’estero su cui reclama spiegazioni da governi che hanno criticato l’Egitto per il caso Regeni: dopo un ex-titolare di autolavaggio scomparso a Roma in ottobre (Adel Heikal), ora si tratta di un immigrato clandestino trovato morto nei pressi di un ferrovia “a Napoli”, come si afferma in un comunicato del dicastero. Gli altri due casi di morti sospette riguardano Usa e Gran Bretagna.

In Italia scendono in campo gli intellettuali: “Stop cooperazione con l’Egitto” – Gli scrittori Stefano Benni e Roberto Saviano, gli attori Valerio Mastandrea e Alice Rohrwacher, il regista Andrea Segre e il deputato pacifista di Sinistra Italiana Giulio Marcon sono i primi firmatari di un appello che viene lanciato oggi: “Verità per Giulio Regeni – Stop alla cooperazione militare dell’Italia con l’Egitto“.

“Nel dicembre 2014 – si legge nell’appello – la ministra della difesa Roberta Pinotti ha firmato una dichiarazione congiunta con il ministro della difesa egiziano del regime di Al Sisi, dichiarazione che ha avviato concrete attività di cooperazione nel campo militare come l’assistenza all’addestramento delle forze militari egiziane e il rifornimento dei componenti di sistemi di arma. Dopo le ripetute violazioni dei diritti umani e l’assassinio di Giulio Regeni, con il regime di Al Sisi non ci può essere alcuna cooperazione militare. Non possiamo aiutare militarmente un regime che viola i diritti umani e che si oppone alla ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni”.

L’appello si conclude chiedendo al governo italiano di “revocare la dichiarazione congiunta del novembre del 2014 in materia di cooperazione militare e di interrompere ogni assistenza militare e qualsiasi fornitura di armi al regime di Al Sisi”.

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