Richiesta di rinvio giudizio dei pm di Trani per il senatore Ncd per la vicenda del porto di Molfetta costato decine di milioni e mai terminato. Nella carte, le accuse a un imprenditore di aver smaltito illecitamente gli ordigni bellici presenti in grande quantità sul fondo del bacino
La colmata “due, tre volte al giorno comincia a fumare” quindi “nessuno deve entrare a piedi, assolutamente (…) è pericoloso, a parte il fosforo ci può essere anche il liquido dell’iprite”. A parlare, nell’intercettazione agli atti dell’inchiesta di Trani sul porto di Molfetta per cui è stato chiesto il processo per il senatore Antonio Azzollini e per altri 44 indagati, è l’imprenditore Piergiorgio Zannini, esperto di bonifiche subacque dalle bombe. Arrivato da La Spezia per verificare la presenza di ordigni nel “basso Adriatico” per conto dell’Ispra, l’ente di ricerca del ministero dell’Ambiente, è finito indagato dai pm di Trani per aver “attestato falsamente di aver terminato la bonifica superficiale per un totale di metri 100mila e seicento, con garanzia di profondità a meno 2 metri dal fondale”. Un’attestazione falsa dovuta a “pressioni ricevute da persone non identificate”.
Il sospetto che le operazioni di dragaggio del fondale di Molfetta avessero provocato la fuoriuscita di agenti chimici dagli ordigni, abbandonati nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, è un filone inquietante dell’inchiesta sul porto incompiuto. Non solo esplosivi, ma aggressivi chimici come il fosforo e l’iprite (potentissimo incendiario il primo e pericoloso mutageno il secondo) sarebbero stati liberati nell’ambiente nel corso dei lavori svolti a Molfetta, tanto che il senatore Ncd Antonio Azzollini, il dirigente comunale Enzo Balducci, i dirigenti e gli operatori delle ditte Cmc, Sidra, Pietro Cidonio, Molfetta Newport e altri funzionari sono accusati di aver costruito “una discarica non autorizzata di rifiuti pericolosi derivati dal dragaggio degli ordigni bellici” confinati nella cassa di colmata ancora presente a Molfetta. Un’operazione che avrebbe avuto come conseguenza, “per la permeabilità [della cassa, ndr] e lo sversamento delle acque inquinate dai residui chimici, il deterioramento della falda acquifera sottostante e circostante”.
L’esperto in bonifiche da ordigni Zannini è anche accusato di aver “occultato in una zona di mare non segnalata gli ordigni o le parti di ordigni rinvenuti nel corso delle indagini subacque, alcuni dei quali si incendiavano a contatto con l’aria una volta salpati”. Nel suggestivo porticciolo di Molfetta, dove la sera si radunano i pescatori, le storie di reti incendiate a contatto con l’aria e di strani incidenti avvenuti in mare a causa delle bombe si sprecano da tempo immemore. Ma che i lavori del nuovo porto commerciale abbiano “contaminato” le acque del mare ora è una convinzione messa nero su bianco dai magistrati della procura di Trani. Un avvelenamento iniziato a Molfetta, secondo i pm, “dal settembre 2011 con permanenza degli effetti dannosi e pericolosi”. E che ora dovrebbe imporre la priorità della messa in sicurezza del mare.