La donna è la madre di Antonio, il bambino precipitato dallo stesso "palazzo degli orrori" nel Parco Verde di Caivano un anno fa. Era agli arresti domiciliari con l'accusa di concorso in violenza sessuale ai danni di una delle figlie. Intanto, il padre di Fortuna denuncia Augias che, su La7, aveva commentato l'abbigliamento della piccola
Finisce in cella la madre di Antonio Giglio, il bambino morto a Caivano nel 2013 nello stesso palazzo in cui è morta nel 2014 Fortuna Loffredo. Sulla morte del piccolo, per la quale ad oggi è aperto un fascicolo per omicidio colposo, gli inquirenti sono ritornati in questi giorni per i sospetti sul convivente della donna, il 44enne Raimondo Caputo, ora in carcere perché, secondo chi sta conducendo le indagini, responsabile di aver stuprato ripetutamente e ucciso la piccola Fortuna.
La donna era ai domiciliari con l’accusa di concorso in violenza sessuale ai danni di una delle figlie e finisce dietro le sbarre – nel carcere femminile di Pozzuoli – per via di un’ordinanza emessa oggi per violazione degli obblighi sulla detenzione domiciliare da parte della donna, che avrebbe avuto contatti con estranei: pare anche con giornalisti che si occupano dell’omicidio di Fortuna Loffredo. Arriva proprio negli stessi giorni in cui la procura partenopea potrebbe trasferire l’inchiesta sulla morte del bambino, precipitato da una finestra dello stesso “palazzo degli orrori” nel Parco Verde a Caivano, alla sezione che si occupa di reati sessuali.
Intanto, ai microfoni di Radio24, il padre di Fortuna ha annunciato di aver denunciato Corrado Augias, che nella trasmissione diMartedì di Giovanni Floris aveva commentato l’abbigliamento e la pettinatura della bambina nella foto data alla stampa dalla madre, con parole che hanno scatenato reazioni e polemiche sui social network e su tutti i mezzi di informazione. “E’ vergognoso quello che ha detto su mia figlia – ha detto Pietro Loffredo nella trasmissione di Giuseppe Cruciani e David Parenzo – senza sapere quante bambine a quattro anni vedono i grandi e vogliono truccarsi o vestirsi come loro”.