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Johnson&Johnson condannata ancora per il talco, risarcimento di 55 milioni per donna malata di tumore alle ovaie

È la seconda sentenza sfavorevole per la società che potrebbe dover affrontare altre 1200 cause pendenti che vertono sulla sospetta cancerogenicità di uno dei suoi prodotti simbolo, il talco per i bambini. I verdetti, secondo l'azienda, sarebbero in contraddizione con decenni di ricerche che avrebbero dimostrato la sicurezza dei prodotti

Due condanne milionarie in tre mesi. Il gigante farmaceutico americano Johnson&Johnson è stato costretto dal Tribunale di St.Louis (Missouri) a un maxi-risarcimento di 55 milioni di dollari a una 62enne del South Dakota, Gloria Ristesund. La donna sostiene di aver sviluppato un tumore alle ovaie dopo aver usato, per anni, prodotti a base di talco della multinazionale.

Già a febbraio, la stessa corte aveva emesso un verdetto sfavorevole per J&J obbligandola a sborsare 72 milioni di dollari a una donna dell’Alabama, deceduta in seguito – anche in questo caso – a un tumore ovarico. Anche Jackie Fox per 35 anni aveva utilizzato borotalco Baby Powder per l’igiene intima. I suoi avvocati hanno sostenuto che il gruppo sapeva dei rischi di cancro legati al prodotto e ha omesso di informare i consumatori, come sarebbe emerso anche da alcuni memo interni dell’azienda presentati durante il processo.

Per entrambe le condanne, Johnson&Johnson ha già annunciato di voler ricorrere. Ma i problemi non sarebbero finiti, perché l’azienda deve affrontare altre 1200 cause pendenti che vertono sulla sospetta cancerogenicità di uno dei suoi prodotti simbolo, il talco per bambini. E queste condanne, specie se dovessero essere confermate in appello e dovessero quindi acquisire quella forza necessaria per costituire precedenti vincolanti, potrebbero senz’altro incentivare la presentazione di ricorsi da parte dei consumatori.

Dalla sua, Johnson&Johnson ha precisato che le sentenze contraddirebbero decenni di ricerche che hanno dimostrato – secondo la multinazionale – la sicurezza del talco. L’azienda ricorda pure come i Centers for Disease Control and Prevention non abbiano identificato la sostanza come un fattore di rischio per il tumore alle ovaie.