L’esercito fedele al generale Khalifa Haftar ha dato il via alle operazioni d’attacco per “liberare” Sirte, la roccaforte dello Stato islamico in territorio libico, senza aspettare l’approvazione da parte del premier designato Al Sarraj sostenuto dall’Occidente e non rispettando l’ultimatum governativo che aveva intimato lo stop a ogni operazione militare nella regione.
“E’ nostro obiettivo liberare Sirte dalle forze dell’Isis”, ma l’operazione militare non “andrà oltre la zona di Sirte” conferma la pagina Facebook delle “Operazioni dell’esercito nazionale” libico che rispondono agli ordini del generale. I preparativi dell’offensiva erano in corso almeno da dieci giorni, quando a Tobruk erano pronti almeno mille veicoli blindati pronti a sfidare i miliziani del Daesh. I militari al comando del generale hanno già occupato Zillah, una zona petrolifera a 400 chilometri a sud-est di Sirte, dopo aver vinto la resistenza della Brigata Omar Mukhtar di Bengasi, composta dagli islamisti guidati da Ziyad Belaam.
Al Sarraj aveva esortato Haftar, sostenuto dall’Egitto di Al-Sisi e dagli Emirati Arabi Uniti, a sospendere i preparativi dell’offensiva militare su Sirte in attesa della formazione di un comando unificato che coordini anche le milizie di Misurata, alleate del governo di unità nazionale instaurato per volontà dell’Onu a Tripoli. L’obiettivo era quello di impedire possibili scontri armati tra le due fazioni libiche rivali, rispettando l’accordo politico libico firmato a Skhirat (in Marocco) lo scorso 17 dicembre, che assegna al Consiglio presidenziale il comando delle forze armate.
Martedì gli uomini di Haftar non solo hanno colpito le postazioni dei miliziani dell’Is che incontravano lungo la strada verso Sirte ma si sono scontrati nell’area di Jufra anche con le milizie di Misurata della coalizione Fajr. Media locali, in maniera però controversa, hanno parlato di quattro morti e sette feriti nelle fila di Haftar per un raid aereo di Fajr.