Non potrà mettere piede a Partinico, la sua città, e dovrà anche allontanarsi dalle province di Trapani e Palermo, dove da vent’anni la sua televisione denuncia boss di Cosa nostra e imprenditori collusi. Il giudice per le indagini preliminari di Palermo, Ferdinando Sestito, ha infatti firmato un provvedimento di divieto di dimora nelle province occidentali della Sicilia per Pino Maniaci, il giornalista simbolo dell’antimafia finito sotto inchiesta per estorsione. “Persino un magistrato me l’ha detto: questa volta non me la farà pagare la mafia ma l’antimafia”, era stata l’autodifesa del direttore di Telejato quando il quotidiano La Repubblica aveva anticipato la notizia dell’indagine ai suoi danni. Le intercettazioni e gli interrogatori agli atti della procura palermitana, però, sembrano dire altro: Maniaci è accusato di aver estorto denaro ai sindaci di Partinico e Borgetto in cambio di un atteggiamento morbido del suo telegiornale nei confronti dei due politici. “C’è il sindaco che mi vuole parlare per ora lo attacco perché gli ho detto che se non si mette le corna apposto lo mando a casa, a Natale non ti faccio arrivare, te ne vai a casa e non scassi più la minchia”, dice Maniaci, intercettato, mentre parla con la sua amante, che per tre mesi è stata assunta proprio al comune di Partinico: “Quello che non hai capito tu è la potenza; tu non hai capito la potenza di Pino Maniaci! Stai tranquilla che il concorso te lo faccio vincere”, dice il direttore di Telejato al telefono mentre i carabinieri ascoltano. E’ il 14 novembre del 2014. “Quel contratto non poteva essere rinnovato ma Maniaci diceva che dovevamo farla lavorare a tutti i costi, così io e alcuni assessori ci siamo tassati per pagarla”, ha messo a verbale il primo cittadino Salvo Lo Biundo.
Il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Roberto Tartaglia, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Francesco Del Bene, stavano conducendo un’indagine sulle cosche mafiose locali, che stamattina ha infatti portato all’arresto di nove presunti uomini d’onore, quando si sono imbattuti nelle intercettazioni di Maniaci. “Mi voglio fare dare 100 euro, ma dice che in tasca non ne aveva: i piccioli li deve andare a cercare a prescindere, così ne avanzo 150”, dice il direttore di Telejato, riferendosi alle somme estorte al sindaco di Partinico. “Ormai – continua – tutti e dico tutti si cacano se li sputtano in televisione: a me mi hanno invitato dall’altra parte del mondo per andare a prendere il premio internazionale del cazzo di eroe dei nostri tempi”. Agli atti dell’indagine sul giornalista, inserito nella lista dei cento eroi mondiali dell’informazione da Reporter senza frontiere, c’è però anche altro. Per esempio le prove che alcune delle intimidazioni a suo carico non arriverebbero da Cosa nostra: non sarebbe stata la mafia a bruciare la sua automobile qualche anno fa, e non sarebbero stati i boss ad impiccare i suoi cani nell’inverno del 2014. “Mi minacciano per le inchieste del mio telegiornale”, annunciava Maniaci in pompa magna. E invece le intimidazioni sarebbero arrivate dal marito della sua amante: e il giornalista ne era ben consapevole, nonostante le dichiarazioni ufficiali. “Sono tutti in fibrillazione: persino quello stronzo di Renzi mi ha telefonato”, diceva compiaciuto l’ultimo paladino dell’antimafia finito nella polvere.
“Mi sembra che la storia sia chiarissima: l’avvocato Cappellano Seminara, il dominus degli amministratori giudiziari, mi ha denunciato per stalking per fare in modo che mi intercettassero”, diceva Maniaci, dopo aver appreso di essere indagato per estorsione. Il riferimento era all’inchiesta condotta dal suo telegiornale sulla gestione dei beni confiscati a Cosa nostra: da lì è poi nata l’indagine della procura di Caltanissetta su Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, e il suo cerchio magico. “Vogliono farmela pagare”, accusava Maniaci, dato che la stessa Saguto era stata intercettata mentre parlava dell’indagine a carico del giornalista. E invece adesso si scopre che l’inchiesta su Maniaci è nata per caso nel 2014, ben prima cioè che Telejato si occupasse del business dei beni sequestrati a Cosa nostra.