Il Cairo invia alcuni atti d’indagine agli inquirenti italiani e Roma risponde con una nuova apertura di credito nei confronti delle autorità egiziane sul caso della morte di Giulio Regeni. I tabulati di alcuni dei 13 cittadini egiziani ritenuti di interesse per gli inquirenti romani che indagano sull’omicidio del ricercatore friulano sono stati consegnati alla procura dai magistrati del Cairo.
I tabulati sono ora al vaglio del pm Sergio Colaiocco, ma il materiale arrivato costituisce una piccola parte di quanto richiesto dagli inquirenti italiani nell’ambito della seconda rogatoria inoltrata da piazzale Clodio il 14 aprile: la richiesta, infatti, riguardava la consegna dei verbali di testimonianze, dei tabulati telefonici dei 13 cittadini egiziani e la consegna dei dati di alcune celle telefoniche.
La prima richiesta del pubblico ministero, che coordina da Roma le indagini sul caso, era di avere prima possibile tutte le dichiarazioni testimoniali sia sulla scomparsa e il ritrovamento del corpo di Giulio, sia sulla presunta banda di cinque criminali, tutti morti in una sparatoria, che secondo l’Egitto avrebbe avuto un ruolo nella vicenda.
La procura chiedeva i verbali e l’audio di tutte le persone sentite, compresi i parenti dei criminali uccisi. Il secondo punto riguardava proprio i tabulati telefonici di tredici utenze di altrettanti cittadini egiziani. La terza richiesta dei pm di Roma era legata ai dati delle celle telefoniche dei quartieri dove Giulio viveva ed è scomparso.
A procedere all’invio degli atti è stato il procuratore generale della repubblica araba d’Egitto Ahmed Nabil Sadeq. Su iniziativa di Sadeq si terrà nei prossimi giorni al Cairo un nuovo vertice tra investigatori romani ed egiziani: funzionari del Ros e dello Sco faranno un punto della situazione con i colleghi egiziani, dopo il fallimento del vertice tenuto a Roma l’8 aprile. La partenza della delegazione italiana è prevista per il fine settimana.
In attesa del nuovo vertice, proseguono le indagini sul caso, anche sul fronte informatico, con i tecnici del Ros impegnati a verificare se si siano verificati accessi abusivi all’account gmail del ricercatore.