Oltre alle otto domande a risposta aperta che decideranno gli ammessi agli orali, i 165mila partecipanti si sono trovanti davanti numerosi imprevisti. Già centinaia di segnalazioni di vere o presunte irregolarità a venti giorni dalla fine delle prove. Il rischio è quello di una pioggia di ricorsi da parte di chi non ce la farà
Liti sui documenti d’iscrizione, ritardatari, malfunzionamenti di ogni genere ai computer, black-out della corrente elettrica, e chi più ne ha più ne metta. La macchina del concorso scuola 2016 va avanti ma con qualche intoppo: nei primi giorni di prove scritte (che proseguiranno fino alla fine di maggio) gli oltre 165mila candidati in tutta Italia hanno dovuto fare i conti con altre difficoltà impreviste, oltre quelle delle otto domande a risposta aperta che decideranno gli ammessi agli orali. Al punto che su internet – tra social network e forum di categoria – prosegue la denuncia delle presunte o reali irregolarità e il tam-tam contro il “concorso-truffa”, come è stato ribattezzato dai suoi critici più accaniti.
Il maggior numero di lamentale riguardo proprio i pc: il ministro Stefania Giannini ha fortemente voluto un esame “computer based”, per un concorso moderno e al passo coi tempi. Nelle settimane di avvicinamento ai test gli Uffici regionali avevano verificato scrupolosamente disponibilità e stato delle postazioni informatiche nei vari istituti. Non tutto, però, sta filando liscio come avrebbe dovuto. Almeno a detta delle decine di lamentele e segnalazioni che arrivano dai primi insegnanti che hanno sostenuto le prove. Ne sa qualcosa, ad esempio, Cristina Fischetti, che in settimana ha sostenuto la prova d’italiano, storia e geografia al Liceo Machiavelli di Roma: “Lo sapevo che il sistema era ad alto rischio: dopo aver risposto a quattro quesiti, il pc si è impallato e sono stata un’ora ferma in attesa di istruzioni dal Cineca. Alla fine ho dovuto ricominciare da zero la prova, perché il sistema non aveva salvato le domande. Riscrivere tutto da capo è stato terribile”. Un’esperienza non isolata: a Modena, all’Istituto Fermi, black-out totale a cinque minuti dall’inizio dell’esame. Anche Chiara, candidata nel Lazio, ha molto da recriminare. “La tastiera del mio pc non funzionava, dopo un quarto d’ora di proteste sono riuscita ad ottenere il cambio di postazione. Ma quando ero arrivata più o meno a metà compito, il nuovo pc si è bloccato per l’antivirus. Hanno fermato il cronometro, ma alla ripresa una domanda era sparita perché avevo dimenticato di mettere conferma, e non sono riuscita a rifarla. La colpa è mia, ho commesso un errore. Ma come si fa a mantenere la calma in certe condizioni?”.
I tecnici del Cineca (il controverso consorzio interuniversitario che gestisce la parte informatica di tutti i concorsi ministeriali) sono stati interpellati spesso per risolvere i problemi. E la soluzione in molti casi è stata quella di far rifare la prova, azzerando il tempo, con buona pace della contemporaneità fra tutti i candidati. Condizione che non è stata sempre rispettata anche per altri tipi di problemi: “A Terracina all’istituto Filosi hanno fatto accomodare una ritardataria che ha iniziato con comodo e finito dopo”, denuncia un candidato. Quasi paradossale, invece, quanto racconta Marco Caparvi, docente che ha sostenuto la prova all’Istituto F. Angeloni di Terni: la presidente del comitato di vigilanza si è rifiutata di ammettere l’insegnante perché l’unico documento valido per il riconoscimento era la carta d’identità e non la patente. In effetti esiste una circolare dell’Usr in tal senso, che però non è stata comunicata ai candidati. “Dopo molte proteste vengo ammesso con riserva, con l’obbligo di presentare la carta d’identità entro la fine della prova. E per fortuna c’era qualcuno che ha potuto portarmela”. Ma non è finita qui: al termine dei test, altri problemi nella consegna degli elaborati, con la chiavetta ministeriale che non funzionava i tecnici costretti ad utilizzarne un’altra, privata e non certificata.
Sono solo esempi di tante piccole o grandi, vere o presunte irregolarità. “È evidente che un concorso organizzato in queste condizioni non garantisce la soglia minima di correttezza e legalità”, protesta Alessandro Viti del Coordinamento Nazionale Tfa, uno dei gruppi di abilitati che in questi giorni sta sostenendo le prove. “Così è impossibile individuare i migliori, la selezione è lasciata al caso”. E infatti i docenti, non sentendosi tutelati, hanno quasi sempre fatto mettere a verbale i problemi riscontrati. Le segnalazioni sono già centinaia e alla fine delle prove mancano ancora venti giorni: magari non tutte fondate, ma indice certo del fatto che non tutto sta funzionando come dovrebbe. Il rischio, come già in passato, è quello di una pioggia di ricorsi da parte di chi non ce la farà. Per colpe proprie o altrui, toccherà ai giudici stabilirlo. Ma certo sarebbe stato meglio evitare ulteriori guai, per un concorsone che è già partito tra mille polemiche.