In una villa in zona Corso Vercelli la Pitonessa ha convocato imprenditori, amici e politici, tra cui proprio la leader di Fratelli d'Italia (venuta appositamente dalla Capitale) e Ignazio La Russa. Per fugare ogni sospetto, una volta andati via gli ospiti (chi con scorta, chi con auto blu), la padrona di casa ha precisato: "Sono e resto di Forza Italia. Ma voglio essere all’avanguardia"
Se il pranzo doveva servire per raccogliere fondi per la corsa a sindaco di Roma, questo gli invitati si sono ben guardati dall’ammetterlo. Se invece doveva servire per trovare chi tradisse la scelta pro Marchini di Silvio Berlusconi, il viaggio fino a Milano, Giorgia Meloni non se l’è nemmeno ripagato. Perché oltre alla padrona di casa, Daniela Santanchè, di Forza Italia c’erano solo sua nipote Silvia Garnero e Flavio Marco Cirillo, ex sindaco di Basiglio ed ex sottosegretario del governo Letta. Ed è la stessa Santanchè, dopo che gli ospiti se ne sono andati dalla villa in zona corso Vercelli con in pancia risotto al pomodoro e burrata, ad ammettere: “Nessuno strappo con Berlusconi, sono e resto di Forza Italia. Ma voglio essere all’avanguardia, e se fossi a Roma voterei Giorgia Meloni”.
Dentro casa, dunque, nessuno strappo ad allargare il sostegno alla Meloni, che in via ufficiale è garantito solo da Fratelli d’Italia e Lega. E allora non resta che raccontare da fuori quello che si osserva da una delle panchine in ferro battuto che i marciapiedi di Milano offrono solo qua. Un domestico uscito per un attimo che, a domanda precisa sulla sospetta rottura tra la Santanchè e Alessandro Sallusti, ammette di avere aiutato lui a fare le valigie. Oppure l’imprenditore Benito Benedini, presidente di Fondazione Fiera Milano e fino a pochi giorni fa anche del Sole 24 ore, che si presenta all’appuntamento con tanto di macchinone con lampeggiante blu montato sul tetto e paletta infilata sotto il parasole. Cosa che deve imbarazzare il suo autista, se quando gli si chiede come mai stia smontando l’aggeggio una volta scaricato Benedini, taglia corto: “Il lampeggiante è previsto”, senza dare altre spiegazioni.
Lampeggiante e paletta ce l’ha pure la Lancia da cui scendono la Meloni e Ignazio La Russa, anche lui piuttosto conciso nel dare le sue ragioni: “La macchina è mia, proprietà La Russa. Il servizio di scorta c’è, ma con la mia macchina”. Una veloce telefonata alla prefettura consente di verificare che sia Benedini, sia La Russa, possono contare su un autista che ha ottenuto dal prefetto la qualifica di pubblica sicurezza. Povero Canio Giovanni Mazzaro, l’imprenditore padre di un figlio della Santanchè, il quale arriva sì con l’autista, ma su una misera Panda nera, senza lampeggiante e senza paletta in mostra. Che cosa le tocca? “Gli imprenditori devono volare basso”, il suo unico commento. Di poche parole anche chi lo ha preceduto all’uscita, come Stefano Zecchi, docente di Estetica e candidato a Milano nella lista civica che appoggia Stefano Parisi. E Maurizio Dallocchio, docente di Finanza aziendale alla Bocconi dove tra le altre cose è stato relatore della tesi di Sara Tommasi. Sull’appoggio alla Meloni, da loro nemmeno una parola.
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