Per tutti loro l'accusa è quella di avere ottenuto documenti legati alla sicurezza dello Stato egiziano e di averli consegnati al Qatar. E' invece scampato alla pena l’ex presidente destituito nel 2013, coimputato nello stesso processo: i giudici hanno deciso di rinviare il suo caso a un’altra udienza
C’è anche il direttore giornalistico della tv qatariota Al Jazeera tra le sei persone condannate a morte in primo grado dalla Corte d’Assise egiziana: per tutti loro l’accusa è quella di avere ottenuto documenti legati alla sicurezza dello Stato e di averli consegnati al Qatar. E’ invece scampato alla condanna l’ex presidente Mohamed Morsi, coimputato con i sei nello stesso processo: i giudici hanno deciso di rinviare il suo caso a un’altra udienza. Nel frattempo Al Jazeera ha respinto le accuse: “Il network – si legge sul suo sito web – ha negato di avere collaborato con l’ex presidente egiziano Morsi, espressione della Fratellanza Musulmana, deposto a luglio 2013 con un golpe militare”.
Per conoscere la sentenza sui sei bisognerà invece aspettare fino a giugno: il giudice Mohamed Sharin Fahmi ha infatti inviato le loro sentenze di condanne a morte al Gran Muftì d’Egitto, massima autorità religiosa sunnita del paese, che potrà dare il suo via libera o chiedere di bloccarne l’esecuzione: a secondo del suo parere, che non ha tuttavia alcun valore giuridico, i giudici si esprimeranno nuovamente il prossimo 18 giugno.
I coimputati sono cinque uomini (il direttore Ibrahim Hilal, il giornalista di Al Jazeera Alaa Sablane, Ahmed Abdo Afify, Mohamed Adel el-Kelany, Ahmed Ismail) e una donna (Asmaa El-Khatib), accusati di avere trasmesso copie dei documenti riservati alla tv Al Jazeera e a uomini dell’intelligence del Qatar. Morsi, poi, è accusato di avere passato documenti egiziani a Doha con l’aiuto di collaboratori ed esponenti dei Fratelli Musulmani: per l’accusa l’ex presidente e il capo del suo ufficio, Ahmed Abdel-Ati, hanno trasmesso informazioni sulle forze armate e sui loro armamenti al segretario presidenziale Amin El-Serafy, il quale, attraverso la figlia Karima, li ha passati ad agenti vicini al Qatar.
Su Morsi pesa già una condanna a morte dallo scorso 16 maggio, quando un tribunale penale lo dichiarò colpevole di avere organizzato la fuga da un carcere alle porte del Cairo durante la rivoluzione del 2011, mentre gli sono stati inflitti un ergastolo per il cosiddetto “spionaggio per Hamas” e 20 anni di reclusione per le violenze al palazzo presidenziale.