Le pratiche non concluse sono aumentate con un balzo in avanti di oltre 9mila unità. Via Arenula riconosce una una tendenza al rialzo a partire dal 2013, che "potrebbe spiegarsi con l'inizio dell'impatto della riforma del 2005". A decadere sono soprattutto i processi per reati societari e contro la pubblica amministrazione, come corruzione e abuso d'ufficio
Aumentano i procedimenti andati in prescrizione in Italia: quasi uno su dieci non arriva a conclusione. Secondo i dati forniti dal ministero della Giustizia, i processi non portati a termine sono passati dai 123mila del 2013 ai 132mila del 2014, con un balzo in avanti di oltre 9mila unità. Ma al di là dei termini assoluti, il dato registra un incremento anche rispetto al totale dei procedimenti definiti, cioè conclusi con sentenza o archiviazione, passando dall’8,3% al 9,5%. Nelle slide pubblicate sul suo sito, il ministero sottolinea il calo del 40% rispetto a dieci anni fa, ma allo stesso tempo riconosce una “inversione della curva”, cioè una tendenza al rialzo, a partire dal 2013, che “potrebbe spiegarsi con l’inizio dell’impatto della riforma del 2005”: la legge ex Cirielli, approvata dal governo Berlusconi, diminuì infatti i termini per la prescrizione.
Se si considerano le varie tipologie di crimine, a fare la parte del leone sono le prescrizioni dei reati societari, come aggiotaggio, insider trading, false comunicazioni sociali, che intervengono nel 13,2% dei casi, in netto aumento rispetto al 10,7% del 2013. Ma il discorso è altrettanto critico nel caso dei reati contro la pubblica amministrazione, come corruzione, malversazione, abuso d’ufficio, che nel 12,5% non arrivano a una conclusione, anche se il dato è in leggero calo rispetto all’anno precedente, quando si attestava a quota 13,3%. Quasi un procedimento per truffa su dieci (il 9,1%) finisce in prescrizione, mentre nel caso di lesioni e omicidi colposi il dato si attesta al 5,9% e per i reati ambientali al 5,6%. Per quanto riguarda la violenza sessuale, nel 2014 è andato prescritto l’1,3% dei procedimenti, una quota in aumento rispetto allo 0,3% dell’anno precedente.
In particolare, l’appello rappresenta la fase in cui l’incidenza della prescrizione è più elevata. In secondo grado, infatti, si ferma il 23% dei processi, contro il 9% della media totale, con una differenza di ben 14 punti. Non a caso, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha spiegato che “esiste una criticità che si chiama appello“. E lo stesso ministero annota nella sua relazione che “l’andamento storico della prescrizione mostra una crescita dell’incidenza nelle corti d’appello”, che è passata dal 17,3% del 2011 all’attuale 23,5%. I casi più critici si registrano a Venezia, con quasi il 50% delle prescrizioni in secondo grado, e Napoli, con il 40% circa.
Il ministro Orlando ha negato che esista una “questione meridionale”, per la quale nel Mezzogiorno i processi si arenerebbero con maggiore facilità. In realtà, i tribunali dove si registra la più alta incidenza delle prescrizioni si trovano proprio nel Centro Sud: Tempio Pausania (51%), Vallo della Lucania (41%) e Spoleto (33%). D’altra parte, se si considera la fase del predibattimento, cioè le indagini preliminari, i numeri più elevati si riscontrano al Nord: Torino (40%), Parma (34%) e Brescia (27%).