Il primo cittadino: "Sono certo di aver agito bene". Un avviso di garanzia era già arrivato all’assessore al Bilancio e braccio destro. Il Pd: "Di Maio dopo Lodi si ferma anche lì?". Boschi: "Il 21% dei loro Comuni ha problemi con giustizia"
Beppe Grillo scommette ancora su Filippo Nogarin. Lo fa, una volta di più, nel giorno in cui il sindaco M5s – il superman che ha soffiato via da Livorno settant’anni di comunisti e eredi – viene colpito da un boomerang. E’ l’azienda dei rifiuti, un nodo che i Cinquestelle – due anni dopo la vittoria che segna i libri di storia – non sono riusciti per ora a sciogliere. Quando hanno trovato lo spirito di farlo, hanno finito per cadere nella lista di politici e amministratori indagati. Nogarin, dopo essere stato il primo sindaco livornese non di sinistra, è ora il primo sindaco del Movimento a ricevere un avviso di garanzia. E la questione diventa comunicativa (cioè elettorale) prima che politica. La notizia esce poche ore dopo il comizio di Luigi Di Maio a Lodi, dove al Pd il sindaco gliel’hanno proprio arrestato: “Se non si dimette lui – aveva detto il componente del direttorio – glielo deve chiedere il presidente del Consiglio e segretario”. Così i rifiuti di Livorno diventano materiale riciclabile per il fuoco di fila dei renziani, a partire dai livornesi come Andrea Romano e la sottosegretaria Silvia Velo: “Caro Di Maio, dopo la manifestazione a Lodi – twitta la democratica – pensi di fermarti anche a Livorno?”. Il ministro Maria Elena Boschi provoca come su un ringe: “Il 21% dei Comuni amministrati dal Movimento 5 stelle ha problemi con la giustizia, ma il loro grido onestà, onestà diventa omertà, omertà quando riguarda loro”. Nogarin aveva già capito che sarebbe finita così e aveva subito dichiarato di essere pronto alle dimissioni “se già durante le indagini preliminari dovesse emergere una condotta contraria ai principi del M5S”. Ho fatto, dice, il bene dei livornesi.
Grillo lo sente al telefono, gli dice che il Movimento è con lui, compresi Davide Casaleggio e i cinque del direttorio. I Cinquestelle, d’altra parte, hanno avuto tutto il tempo per prepararsi a questo momento complicato. Uno dopo l’altro, settimana dopo settimana, a Livorno si era venuti a sapere che erano indagati ex manager, l’ex sindaco del Pd Alessandro Cosimi, il suo vice Bruno Picchi e il suo assessore Valter Nebbiai. In tutto una decina di persone per 7 ipotesi di reato nell’arco di 4 anni, compreso l’ultimo. Vedrete che tocca anche a me, ha detto un giorno sì e l’altro no Nogarin. E infatti piano piano la freccetta si avvicinava al centro del mirino. Un mese fa la Finanza arrivò fino all’ufficio del sindaco e portò via un po’ di documenti. Le fiamme gialle la chiamano operazione “Città pulita”. Vedrete che toccherà anche a me, ripeteva Nogarin. Venti giorni fa la mira si è perfezionata: l’avviso di garanzia ha raggiunto a Gianni Lemmetti, assessore al Bilancio e attivista Cinquestelle, braccio destro del sindaco e promotore del concordato preventivo, cioè la strada del tribunale che tra novembre e dicembre provocò lo sciopero dei netturbini e lanciò sui giornali le foto delle strade di Livorno traboccanti di sacchetti di immondizia. Infine, tre giorni fa la comunicazione della Procura anche al cda, nominato a gennaio da Nogarin,. Vedrete che tocca anche a me, continuava a dire il sindaco. E ora lo stillicidio è finito, gli è toccato davvero.
Al centro di tutto c’è Aamps, inizio e fine di tutti i problemi del Movimento Cinque Stelle a Livorno. L’azienda della raccolta rifiuti, con i suoi debiti e gli spazzini furiosi sotto le scalinate del municipio, azzera tutto il resto: il reddito di cittadinanza o la lotta di legalità per le case popolari. Ma è anche il sintomo più doloroso di una serie di problemi che l’amministrazione Nogarin ha dovuto affrontare con diverse aziende partecipate, soprattutto con una giostra di dirigenti scelti e poi scartati. All’Aamps è successo lo stesso. Manager che si è scoperto essere impreparati, consigli di amministrazioni durati come governi balneari, amministratori fedeli diventati riottosi. Come Francesca Zanghi, per dire, che di Aamps era vicepresidente: a gennaio ha sbattuto la porta dicendo che le scelte della giunta comunale erano “nefaste e illogiche”. La Zanghi era nel meetup livornese, anzi era l’avvocato che diffidò un secondo meetup dall’uso del simbolo alle elezioni, “in nome e per conto” dei vertici del movimento.
Dopo due anni alla fine Nogarin ha deciso di prendere la strada del concordato preventivo, strada che atterrisce le aziende creditrici e i lavoratori: le prime temono che non vedranno mai i soldi, i secondi di perdere il lavoro per sempre. Ma la Procura contesta al sindaco due atti che lui, Nogarin, ha sempre rivendicato. Il primo: l’assunzione di 33 precari “storici”, avvenuta il 25 gennaio ben dopo aver deciso di portare i libri in tribunale. Il secondo: l’approvazione del bilancio contro il parere dei revisori. “Se non l’avessimo fatto – ha sempre detto Nogarin – l’azienda sarebbe fallita e 300 persone avrebbero perso il lavoro”. Su questo si fonda la fiducia di Grillo. Sono atti politici, che mettono in evidenza la differenza tra noi e loro. Noi veniamo indagati perché vogliamo fare le cose bene, benissimo. Lodi, insomma, è il ragionamento, non c’entra nulla.
Anche perché l’avviso di garanzia arrivato a Nogarin è l’ultimo di una lunga serie. Le raccomandate con l’atto giudiziario hanno raggiunto anche l’ex sindaco Pd Alessandro Cosimi, alcuni suoi assessori e amministratori dell’Aamps che si sono succeduti nel tempo, specie ai tempi delle giunte di centrosinistra. I reati contestati dai pm di Livorno nei confronti di una decina di indagati abbracciano un arco temporale che va dal 2012 al 2016: vanno dalla malversazione ai danni dello Stato (nel 2013 per l’utilizzo ritenuto indebito di finanziamenti rilasciati dalla Regione a Aamps, un milione di euro) all’abuso di ufficio connesso a false fatturazioni (1,6 milioni emesse da Aamps al Comune e pagate dal Comune stesso nel 2012). Poi le ipotesi di falso in bilancio per gli esercizi 2012, 2013 e 2014, approvato a fine 2015, (gli ultimi due bilanci approvati dal Comune nonostante il parere negativo dei sindaci revisori) tutti per importi di svariati milioni di euro. In questo caso le alterazioni in bilancio riguardano essenzialmente la contabilizzazione di crediti inesigibili. Inoltre si contesta la bancarotta fraudolenta societaria (nell’arco temporale 2012-2014) e la bancarotta e l’abuso di ufficio anche per l’assunzione dei 33 precari (inizio 2016). Infine si contesta l’abuso di ufficio per la revoca del cda a inizio 2016. Un filone dell’inchiesta verifica invece la sussistenza del reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, che riguarda un accordo transattivo tra Aamps e un’azienda per un credito di 400mila per la tariffa sui rifiuti a fronte del quale l’azienda ha incassato 126mila euro.
Sono indagini, sottolinea non a caso Nogarin, “promosse da noi stessi, visto che siamo stati noi a portare i libri in tribunale chiedendo ai magistrati di passarle ai raggi X”, anzi riteniamo di aver sempre e solo agito nell’interesse dei cittadini di Livorno, per riparare alle malefatte del Pd. La dimostrazione è che il tribunale civile, a marzo, ha accolto la richiesta di concordato preventivo in continuità e ora sta aspettando il piano di rientro che il cda dovrà presentare. “Già la prossima settimana” giurano i Cinquestelle. Quel piano servirà a salvare lavoratori e aziende dell’indotto dei rifiuti a Livorno. Ma anche l’esperienza del governo M5s a Livorno e soprattutto la nuova scommessa di Grillo.