Allarme stipendi per i 243 dipendenti (orchestrali e personale amministrativo) del teatro lirico Carlo Felice di Genova. Il pagamento della mensilità di aprile (circa 800mila euro in totale) è slittato per mancanza di liquidità. Il sovrintendente della Fondazione, Maurizio Roi, a ilfattoquotidiano.it assicura: “Il ritardo nel pagamento degli stipendi sarà di pochi giorni, lunedì dovremmo ricevere il bonifico del Fus (il fondo unico dello spettacolo, ndr) e martedì o al più tardi mercoledì salderemo le pendenze con i dipendenti. Il ritardo è stato provocato da un disguido tecnico (mancano alcune firme dei funzionari ministeriali) che riguarda adempimenti burocratici che presiedono al versamento del denaro”. Le spettanze di aprile dei dipendenti sono sensibilmente più alte rispetto alla media, infatti negli stipendi sono comprese diverse voci di compensi extra che portano il totale a circa 800mila euro, contro la media di 600mila euro mensili. Finora i pagamenti sono stati effettuati secondo le regole.

La realtà è complessa. In ritardo è l’erogazione della intera prima tranche del Fus che per il teatro lirico genovese vale 5,6 milioni di euro. Nonostante le dichiarazioni tranquillizzanti di Roi fra i dipendenti del Carlo Felice si è diffusa una forte preoccupazione. Orchestrali e impiegati attendono il saldo delle loro spettanze entro il 10 maggio. Poi passeranno ad iniziative di tutela sindacale. Dice a ilfatto.it Fabio Allegretti, segretario del Slc Cgil di Genova: “La preoccupazione esiste, noi e la Uil abbiamo chiesto un incontro urgente col sovrintendente Roi. Vogliamo capire i veri motivi del ritardo. Gli stipendi di solito vengono pagati il 27-28 del mese. La legge concede la proroga fino al 10 del mese successivo ma un ritardo ulteriore metterebbe i dipendenti in difficoltà. Chi deve pagare la rata del mutuo, chi l’affitto di casa non può aspettare neppure pochi giorni”.

Allegretti rimarca che anche sul fonte del risanamento dei bilanci della Fondazione il governo si dimostra troppo timido: “La legge Bray è stata il salvagente che ha salvato molte Fondazioni dal crac, tuttavia i fondi non sono sufficienti. I segnali che vengono dall’Arena di Verona (in gravi difficoltà economiche, ndr) confermano le nostre preoccupazioni. Dal governo vorremmo un impegno più forte nel sostenere economicamente la lirica, una importante espressione della cultura italiana che diffonde il prestigio dell’Italia nel mondo e alimenta un ampio indotto. Al Carlo Felice le varie componenti stanno lavorando insieme e i dipendenti fanno in pieno la loro parte, accettando notevoli sacrifici e portando avanti una programmazione di ottimo livello. Il futuro resta incerto“.

Altre fondazioni liriche (Bari, Verona e Palermo) sono alle prese con difficoltà di cassa provocate dai ritardi nella erogazione dei contributi pubblici. La Fondazione Arena di Verona è addirittura sull’orlo della liquidazione. “L’Arena è l’unica fondazione lirica italiana a non comparire nell’elenco dell’Istat e quindi non è soggetta alla spending review che a tutte le altre costa diversi milioni ogni anno – spiega Roi – La situazione di bilancio però si è deteriorata al punto che la Fondazione Arena di Verona ha fatto richiesta di accedere alla legge Bray, nonostante il voto contrario dei dipendenti. il sindaco di Verona ha chiesto di metterla in liquidazione, il ministero ha preferito inviare un commissario che dovrà verificare se esistono le condizioni per accedere al prestito della legge Bray”.

Da anni, come le altre fondazioni liriche italiane, quella del Carlo Felice vive momenti difficili sul terreno dell’equilibrio dei conti. L’adesione ai prestiti agevolati previsti dalla legge Bray non ha dissipato tutte le nubi che nel 2013 si erano addensate sui bilanci in rosso dell’ente genovese. “Non facciamo confusione. La partita della legge Bray non ha nulla a che fare con la vicenda degli stipendi – puntualizza Roi – I finanziamenti del Fus per il 2016 non sono stati ancora quantificati con precisione ma per il Carlo Felice dovrebbero aggirarsi sui 9 milioni di euro“. Quanto al “rosso” ancora in bilancio Roi spiega: “Con i soldi del prestito previsto dalla legge Bray abbatteremo i debiti accumulati negli anni scorsi. Un primo obiettivo intermedio è stato già raggiunto grazie ai contratti di solidarietà accettati dai dipendenti che hanno prodotto un risparmio di 10 milioni di euro. I costi del personale che erano di 16 milioni sono scesi a 14 e dovranno calare ancora negli anni a venire. Il disavanzo del 2014 era di 8,5 milioni di euro ed è in discesa. L’obiettivo posto dalla legge Bray, il pareggio di bilancio entro il 2018, cercheremo di raggiungerlo nel 2017, quindi con un anno di anticipo”.

La partita dirimente è quella del pareggio di bilancio. Il Carlo Felice riceverà un prestito trentennale di 13 milioni al tasso agevolato dello 0,50. Anche su questa partita contabile i tempi di erogazione dei prestiti stanno slittando e generano preoccupazione in tutte le fondazioni liriche. La deadline prevista dalla legge Bray per raggiungere il pareggio di bilancio è stata prorogata dal 2016 al 2018. Di conseguenza il ministero aveva chiesto al Carlo Felice una integrazione della documentazione contabile che riguarda il piano di rientro dal debito, accompagnata dal parere del collegio dei sindaci. Questo passaggio inatteso ha prodotto il ritardo nell’erogazione del prestito da 13 milioni che, qualora si prolungasse nel tempo, metterebbe a rischio la stessa attività del teatro lirico genovese. Roi riferisce di un incontro “positivo” col commissario di governo Gianluca Sole, incaricato di verificare l’attuazione concreta dei piani di risanamento delle singole fondazioni. “I contributi pubblici del Fus – spiega Roi – non sono ancora sufficienti a coprire le uscite e il conto economico resta in disavanzo. Dal comune di Genova arriva un contributo di 2,7 milioni, un milione dalla Regione Liguria e il resto (2-3 milioni) arriva da biglietteria, sponsorizzazioni, affitti della sala e tournée dell’orchestra. La previsione è di chiudere il bilancio 2015 con un rosso di 4 milioni di euro“.

Roi è entrato in carica all’inizio del 2015, dopo un breve periodo (tre mesi) come commissario a seguito delle dimissioni forzate imposte dal sindaco Doria al suo predecessore, Giovanni Pacor. E’ riuscito a dare un colpo di barra ai conti alla deriva del teatro genovese. Il personale è stato ridotto di una ventina di unità con prepensionamenti e uscite agevolate. Roi è dell’opinione che le risorse private non possano e non debbano sostituire le provvidenze pubbliche, anche perché occorre esercitare un controllo sulla qualità degli spettacoli. “L’Opera di Parigi viene finanziata al 90 per cento con denaro pubblico. Togliamoci dalla testa che i privati possano sostituire il pubblico. Se non hai i soldi per comprarti il caviale, dovrai accontentarti di mangiare mortadella”, puntualizza. Richieste specifiche al governo? “Approvare una legge sullo spettacolo dal vivo come c’è in Francia. Non possiamo più aspettare”.

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