di Davide Careddu
È il 1979. I signori Theo e Ora Coster, nella piovosa Gran Bretagna, ideano un gioco che è stato – da che ho memoria – un vero e proprio must per i bambini degli anni 90: Indovina Chi (nella versione d’oltre manica: Guess Who). Le regole sono semplici: io ti chiedo informazioni su quello che penso possa essere il tuo personaggio e tu fai altrettanto. Interi pomeriggi trascorsi a esaminare, e a tentare di svelare, l’identità posticcia del nostro avversario.
Davanti a noi un tabellone di 24 figurine con volti caricaturali: 19 signori e 5 signore che ti guardano dritto negli occhi, aspettando solo di essere “eliminati”. Sole risposte consentite: un sì o un no. Il trucco è non lasciarsi sviare dalle apparenze. Le mie domande, come le tue, saranno mirate a una specifica caratteristica: “Ha gli occhiali?”; “Sì” : giù tutti quelli che non ce li hanno. “È bionda?”; “No”: abbassiamo tutti i biondi. Ma prima di qualunque altra curiosità: è maschio o femmina? Saremo noi a elaborare il resto. A dirla così sembrerebbe un gioco da tavola monotono e ripetitivo, in realtà il coinvolgimento dei giocatori (due, non di più) è a tutto tondo: piccoli detective a caccia delle più riposte peculiarità del prescelto. Le gote paffute e rosee di Bill, lo sfarzoso cappellino di Claire, lo sguardo corrucciato di Alfred, o ancora il mento a punta del caro Paul, sono solo alcune delle tantissime qualità che il nostro intuito deve riuscire a percepire. A poco serve giocare d’astuzia e barare, rischieremmo di perdere la partita e di essere sbeffeggiati dal nostro rivale.
Cadere in errore è davvero molto semplice: alcuni tra i nostri personaggi condividono determinati tratti del viso. Saranno mica parenti? Sono davvero restii a confidarsi, ma tra le figurine le voci corrono rapidamente. Pare che in realtà Peter sia il padre di Susan – ecco svelato il platino dei loro capelli –, che a sua volta è sposata con Richard, barbuto, radical chic e fumatore di sigari; Richard è cognato di Bernard (il tizio col basco che lavora al KGB, per intenderci), sposato con Maria, anima pia che ignora la vera professione del marito credendolo metalmeccanico. Charles e Claire sono felicemente sposati e Anita è il frutto del loro amore (unica eredità: il biondo ramato del papà). Anita si strugge d’amore per Alfred, roscio irlandese che proprio non se la fila; David è lo scapolone, fratello di Charles, con cui condivide il mestiere di idraulico. Joe è un nerd occhialuto, abilissimo in campo informatico: non a caso George, agente speciale (FBI), si affida alle sue doti per dare la caccia a Bernard. Sam, Paul e Tom non sono proprio dei tipi raccomandabili: pare lavorino in una piccola biblioteca per ragazzi, ma su di loro pendono gravi accuse di pedofilia. Alex e Philip, dichiaratamente gay, vivono serenamente la loro solida storia d’amore; al contrario di Franz e Eric, che preferiscono tenere ancora tutto nell’ombra (eppure i tempi sono maturi!). Max e Anne vendono kebab in Marocco; meno fortunati, ahimè, i due fratelli Bill e Herman – la loro espressione dice tutto. Il primo lavora a Mc Donald’s, e grazie al suo cranio ovale racimola soldini anche come attrazione al circo; il secondo è postino di giorno, appassionato di numismatica e francobolli di notte. Per finire Robert. Beh, in realtà, Robert non sa perché si trova lì.
Considerato il complicato intreccio (che i produttori di Beautiful ne abbiano tratto ispirazione, in bel un pomeriggio ludico?), ogni qualvolta deciderete di fare un tuffo nel passato, rispolverando la vostra scatola targata Hasbro, siete pregati di circoscrivete le domande che farete all’aspetto fisico. Evitate di indagare sulla vita privata delle figurine del gioco. Meglio non mettere zizzania.