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Jerry Calà, una vita che è (ancora) una doppia libidine coi fiocchi. E ora è finita dentro un libro

Esce da Sperling&Kupfer l'autobiografia dell'attore di Sapore di sale e Bomber, che fa ancora il pieno nelle sue serate nei locali. Un modo per riannodare i fili della carriera di un commediante che guarda al passato con malinconia, ma continua a rinnovarsi. Fino all'iperpresenza sui social

La sua vita non poteva che essere una libidine. Anzi una doppia libidine coi fiocchi. Jerry Calà, all’anagrafe Calogerò Calà da Catania, del suo innato elan vital bergsoniano ne ha fatto un libro. Il biopic classico di una star. Oggi 65enne Calogero ha appena dato un ennesima sterzata alla carriera con la piroetta del brano e del video rap assieme a J-Ax. Da questo recentissimo episodio mondano e professionale parte Una vita da libidine (Sperling&Kupfer) per poi riannodare i fili della carriera di un commediante che guarda al passato con la giusta dose di malinconia, ma che non abbandona il palco del presente gettandosi a capofitto nella iperpresenza sui social.

Jerry lo precisa ad ogni voltar di pagina: “Non piango sul vinile, sui giornali di carta, sui gettoni del telefono, sono curioso del mondo che cambia”. E dire che il boom comico cinematografico italiano degli ottanta sembra essere nato per lui. Forse nemmeno Ezio Greggio, più inclinato sul versante prettamente televisivo, ne incarna il prototipo comico-spensierato e romantico-donnaiolo quanto il supremo Calà. Dalla Sicilia con furore, poi Milano, Verona, Roma, Bologna e ancora Milano e Verona per l’emancipazione del figlio di immigrati del Sud che conquista la risata del Nord.

I più giovani non ricordano con precisione l’inizio di Jerry, quello coi Gatti del Vicolo Miracoli (attenzione ai plurali e singolari) che prima erano Studio24: Franco Oppini, Umberto Smaila, Nini Salerno. Formazione finale di un cabaret che conquista a metà anni Settanta il Derby milanese e la tv (Non Stop di Enzo Trapani). Cino Tortorella, Maurizio Costanzo come pigmalioni; Giancattivi, la Smorfia di Troisi &Co, Carlo Verdone come coevi; e ancora Teocoli, Boldi, Faletti, Beruschi e Abatantuono come compagni di serate che non finiscono mai. Qui ancora Jerry è uno dei tanti commedianti che allieta il pubblico dal vivo, uno con la faccia da schiaffi, che prima ammirava Jerry Lewis e Adriano Celentano poi Renato Pozzetto.

Già, i Gatti. Quando incontrano Woody Allen a New York (fu lui a dirgli quando siete qui passate pure), divisi tra gli intellettuali (Salerno, Oppini) e i commerciali (Smaila e Calà); che finiscono nel turbine del cinema (Arrivano i Gatti, 1980, e Una vacanza bestiale, 1981). Lì c’è il crac, che Calà racconta con un misto di fastidio e di dolcezza, di dispiacere e di lungimiranza. Perché complici sempre i Vanzina, Carlo ed Enrico, comincia una carriera cinematografica da “solista” al cinema che per almeno un decennio sembra inarrestabile. Calà gli anni Ottanta su grande schermo non li vive, li cavalca. “Ho quasi sempre girato film pop, ma vi assicuro non era facile”. Si chiama Zeitegeist, spirito del tempo. Un concetto che aiuta a rivalutare le commedie cinematografiche di quegli anni. Calà affonda subito il coltello: I fichissimi (1981), Bomber (1982) con Bud Spencer (spassoso l’aneddoto di Pedersoli praticamente cieco che guida gli elicotteri con Calà che gli fa da guida), Vado a vivere da solo e Un ragazzo e una ragazza con Marco Risi.

Ma è nella commedia corale di Sapore di mare che Jerry diventa divo di quell’Italia che vuole rivivere il boom, economico e dei sentimenti, vuole rinascere e riamare di continuo, in un infinito loop di piacevolezza emotiva. Il racconto di Calà è che il copione dei Vanzina lo trovò per caso negli uffici della produzione Dean Film. Il sodalizio è storia. Seguono Vacanze di Natale, che non volle nascere come capostipite di alcunché, e gli Yuppies. Quando verrà scritto anche questo capitolo nella storia del cinema italiano ci dovrà rientrare anche Al bar dello Sport dove Calà recita muto. E’ Parola, l’unico a sapere che Lino Banfi ha fatto un tredici miliardario, che non vuol dire a nessuno, in una tabaccheria di una livida Torino. Una carriera che si impenna in un amen e che poi prende mille nuove direzioni. La necessità del ruolo “serio”, vedi Villaggio con Fellini o Abatantuono con Avati, che qui si intitola Diario di un Vizio ed è firmata da Marco Ferreri che fa spogliare Calà nei cessi della Tiburtina. E ancora il divario alto/basso a livello sociale di quando Luca Cordero di Montezemolo non concede la Vespa per girare Il Ragazzo del Pony Express, per una esposizione del prodotto chiaramente classista (“la usano solo i fighetti”).

Eppure Jerry rimane sempre a galla. Tra contratti malandrini e insicurezza su come il genere commedia si trasformerà sfancula Aurelio De Laurentiis ma torna in auge con Fratelli d’Italia (1989) nell’episodio girato nella sua Verona, con la conterranea Sabrina Salerno. O ancora l’incontro con un mostro sacro della commedia, Rodolfo Sonego, il cosiddetto “cervello di Alberto Sordi” che gli scrive Sottozero per la regia di Gian Luigi Polidoro. Calà è eroe nazionale, più settentrionale che meridionale, ma pur sempre riconosciuto ovunque, per strada e tra la gente. Una popolarità che si spezza quando gli anni Novanta creano scompiglio produttivo e politico, quando il cinema prova a trasformarsi in impegno e i commedianti se non politicamente corretti rischiano il linciaggio critico.

Jerry si inalbera nelle produzioni indie, che nel libro racconta con grande trasporto e affetto. Siamo nel 1994 e diventa regista di Chicken Park, parodia demenziale di Jurassic Park. Il film va malissimo. Oltretutto una notte tornando a casa da un concertino di Smaila finisce fuori strada dopo un colpo di sonno. Appeso tra la vita e la morte con Beppe Grillo che gli scrive un bigliettino: “Jerry resisti o ci toccherà vedere tutta la tua retrospettiva”. Calà allora compie ancora un’altra, non un’ultima, inversione ad U dopo sei mesi di sedia a rotelle. Diventa show man nei locali privati.

Trasforma in realtà il Billo di Vacanze di Natale, quello di Maracaibo, mare forza nove fuggire sì ma dove (“la canzone è di Luisa Colombo, non mia!”), canta davanti a centinaia di persone a sera i grandi successi del pop italiano e non solo, rievocando gli inizi da ragazzo con il complesso Pick-Up. Torna la spensieratezza adolescenziale, il disincanto di chi ha un futuro lunghissimo davanti agli occhi. Dopo tutti i flirt, descritti nel libro con un’inattesa tinta di romanticismo da vero amatore, Jerry si sposa ultracinquantenne. Addio Simona Mariani, Mara Venier, Marina Suma, Federica Moro, Milly Carlucci (che su un set non voleva baciarlo con la lingua perché stava per sposarsi), o la Sandrelli che arriva con il compagno Mario Soldati a Cortina per Vacanze di Natale. Calà diventa anche papà. Le parole di affetto sono tante, ma per gli amici per nulla noti. Per i colleghi invece c’è molta stima, ma per nessuno un gran trasporto. Una vita da libidine è un biopic semplice e mai banale che si legge tutto d’un fiato. La vita di un ragazzo qualunque che diventa famoso e che torna dopotutto “normale”. Con Ferreri che aleggia con una frase da appuntare per tutti gli attori del mondo: “Tu sei un attore demmerda, sei una puttana. L’attore deve fare l’attore, deve fare tutto”.