Dopo la morte dei due cavatori un mese fa, un altro incidente sul lavoro nel settore lapideo: a perdere la vita un 61enne, lavoratore interinale. Da Stefano a Nicola a Federico: chi erano gli operai che hanno perso la vita da agosto a oggi. Per la Procura mancano sicurezza e controlli
Non è passato nemmeno un mese da quando una frana sulle Alpi Apuane si è divorata la vita di due cavatori e il marmo ora torna a macchiarsi di sangue. Questa volta in un laboratorio a Massa, della cooperativa CoSeLuc, che si occupa di lavorare e lucidare i blocchi grezzi che arrivano dalle cave. A perdere la vita Carlo Morelli, 61 anni, di Carrara: è rimasto schiacciato dalle lastre di marmo mentre cercava di spostare un carroponte. Una distrazione o chissà. Era solo in quel momento
Ma è una scia di sangue ormai lunghissima quella che scorre dalle Alpi Apuane, perché la montagna dà e si riprende. Inghiotte vite in cambio di oro. Solo da agosto dello scorso anno a oggi sono morti 6 operai che stavano scavando o lavorando marmo. L’ultima vittima al “piano” (come si chiamano le segherie) a dicembre 2015: Stefano Mallegni, di Ortonovo (La Spezia), 52 anni, è morto schiacciato da due lastre mentre manovrava il carroponte. Anche lui colpito alle spalle, in una dinamica ancora poco chiara.
Qualche giorno prima a morire era stato Nicola Mazzucchelli, cavatore esperto di 46 anni, colpito da una perlina di filo diamantato (la macchina con cui si taglia il marmo) che gli ha traforato la testa. Era un cavatore esperto anche Bruno Maggiani, anche lui di 46 anni, precipitato da una bancata alta 8 metri. E poi Roberto Ricci Antonioli e Federico Benedetti, di 54 e 46 anni, morti il 14 aprile sotto una frana, a Colonnata (Carrara), mentre mettevano in sicurezza la montagna. Erano operai esperti, anche loro. Ma non c’è esperienza che tenga di fronte alla mancanza di sicurezza, di fronte a una montagna che quando si muove e non avvisa. Lo ha detto anche il procuratore capo di Massa, Aldo Giubilaro, che ha fascicoli quasi solo sulle cave: la “sicurezza in cava è inadeguata”, i controlli pure.
Una settimana fa in prefettura si è riunito l’ennesimo tavolo istituzionale sulla sicurezza nelle cave, al quale ha partecipato anche la commissione parlamentare d’inchiesta per gli infortuni sul lavoro. Una riunione fiume da cui erano emerse criticità chiare. In primis: la mancanza di personale per controllare che le normative sulla sicurezza in cava vengano rispettate. Perché le leggi ci sono, anche se frastagliate (“serve un testo unico”, aveva detto il prefetto Giovanna Menghini), ma i controllori no. E allora succede che in cava si lavori col freddo a temperature , con la pioggia, dieci ore di fila, senza elmetto protettivo, anche al nero. Tanto nessuno (o quasi) controlla. E lo stesso vale per le segherie.
Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, dopo l’ultimo incidente mortale, aveva annunciato una task force di 50 persone da usare per i controlli nel settore del lapideo. Ma non ha fatto in tempo a metterla su che già si deve piangere un altro morto. “Si mette un puntello da una parte e esce dall’altra” è il commento amaro di Giacomo Bondielli, della Filca-Cisl, fuori dalla CoSeLuc. Carlo Morelli, la vittima, ci lavorava da poco più di un anno. Era un lavoratore interinale. Aspetto su cui adesso i sindacati puntano il dito: “Come può essere utilizzato un lavoratore interinale in un settore come questo?”, accusa Paolo Gozzani, segretario provinciale della Cgil. “Non si sentirà mai così motivato da andare a lavorare sereno e concentrato”, aggiunge.
Il mondo del marmo stamani, dopo l’incidente, si è fermato. Lo farà di nuovo nel giorno dei funerali. I sindaci di Massa e Carrara hanno già annunciato il lutto cittadino per quella giornata. “È tristezza che cade su altra tristezza” dice Angelo Zubbani, primo cittadino socialista di Carrara. “Non è possibile andare a lavoro e non tornare più a casa”, commenta il vescovo di Massa Carrara Giovanni Santucci, che solo poche settimane fa ha celebrato i funerali dei due cavatori. Riprende le parole di Papa Francesco di qualche giorno fa: “Bisogna trovare l’equilibrio tra il profitto e la sicurezza”. I sindacati si riuniranno per capire che azioni intraprendere. “È il giorno del cordoglio, sì. Ma anche della rabbia. E’ ora di finirla con questa strage. A partire dall’omertà che protegge questo settore”.