E’ fastidioso continuare a sottolineare la fede di una persona, come se non ci fosse altro da dire. Nelle società dove c’è una crisi della cittadinanza, fondamentalisti o partiti identitari tendono a cercare un altro che diventa il capro espiatorio di tutti i problemi. “Tu sei cristiano e tu musulmano” dicono, cominciando a dividere la società e usando la questione confessionale come strumento di mantenimento del potere. Istigano la diffidenza verso l’altro e, alla lunga, questo sentimento si trasforma in odio. Così l’Occidente, l’Italia, che tanto ha paura del fondamentalismo e per questo lo combatte, oggi par dimostrare che il fondamentalismo vince: cominciamo a evidenziare la fede professata da un individuo. Di Sadiq Khan si poteva dire di tutto. Si poteva raccontare la sua storia: quella di un figlio di immigrati pakistani che studia, ottenendo risultanti eccellenti, diventa avvocato e si interessa della cosa pubblica, arrivando ad essere eletto a sindaco di Londra.

Sarebbe già una bellissima storia così e ci potrebbe insegnare molto, a cominciare dal riscatto sociale. Un’ardua risalita compiuta da un giovane, nato da una famiglia di immigrati pakistani, passando da una vita di umili origini a una di successo. Ricordando esclusivamente questa scalata al successo forse troveremmo l’antidoto a chi dice che l’immigrazione non è una risorsa e, magari, altri la smetterebbero di gridare allo straniero “portatore di ebola e miseria“. Così non è. Quello che fa scalpore – a giudicare dai titoli dei giornali nostrani – è il fatto che sia musulmano. Viene messo (troppo) l’accento sulla fede. Se ricordate, anche quando Obama era candidato alla presidenza degli Stati Uniti qualcuno, per screditarlo, tirò fuori la storia degli avi africani di fede islamica (quello era il crimine) di Barack Obama.

Khan è musulmano, e quindi? Dovemmo parlare delle sue idee, del suo programma e deve essere giudicato per quello che farà. Il fatto che sia musulmano è qualcosa di privato che ci dovrebbe interessare poco. Se nel futuro Khan sbaglierà, sbaglierà come sindaco. Ma la verità è che molti, troppi, anche fra chi è contro i partiti xenofobi, hanno bisogno di simboli per dar vigore alle proprie certezze. C’è bisogno di sottolineare che anche un musulmano può essere sindaco di una città, una capitale europea, e rappresentare tutti per essere sicuri che davvero non tutti sono fiancheggiatori dei terroristi. C’è bisogno di ripeterlo per scacciare l’incubo alimentato da troppi imprenditori dell’odio che dicono che l’Europa si sta islamizzando e che, presto o tardi, “non ci sarà più posto per noi – “noi chi?” – mi chiedo.

La verità è che per battere la paura dobbiamo cominciare a non accettare più esternazioni pubbliche di xenofobi patentati. Dovremmo cominciare a smettere, molto in fretta, di chiedere o evidenziare pubblicamente la religione di una persona perché questo è quello che fanno, e continueranno a fare, i fondamentalisti di ogni razza. Ricordo il caso degli stupri a Colonia e in altre città della Germania: “sono stupratori musulmani” titolavano i giornali, ancora una volta cercando un nesso fra religione e crimine. Una delle grandi conquiste dell’Europa è la laicità: pratichiamola, staremo tutti meglio.

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