L’uno contro tutti di Fabrizio Corona al Maurizio Costanzo Show di ieri sera è stata una grande occasione sprecata. Inutile negare che la curiosità di rivedere Corona in tv dopo anni, di ascoltare la propria versione di fatti ma soprattutto di capire se e come è cambiato, fosse tanta. Lecita, anche. Perché nel bene (poco) e nel male (assai) Fabrizio Corona ha segnato un periodo particolarmente decadente della società italiana. Lo ha permeato di sé, vendendo fumo in un’Italia che di fumo si nutriva in ogni ambito, dalla politica alla tv. È stato furbo, ha fatto fortuna, è diventato la rappresentazione di una certa idea del Paese e della vita che in quegli anni andava per la maggiore.
Avrebbe potuto mostrare il vero Fabrizio Corona, una volta tanto, o almeno avrebbe potuto raccontare cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, nella vita di un uomo che ha passato tanto tempo in carcere dopo anni di fasti esagerati. Non lo ha fatto, e bisognerebbe capire perché. Innanzitutto è colpa di un format (il mitologico “Uno contro uno” costanziano) che poteva andare bene con Carmelo Bene e con la sua lucida irresistibile follia, non con l’evidente vacua megalomania di Corona. E poi è colpa sua, di Corona stesso, che non è cambiato di una virgola, che non ha la minima intenzione di mostrare il vero se stesso, che ha soltanto approfittato del ritorno in tv per rilanciarsi mediaticamente, per ricostruire pezzetto dopo pezzetto il “personaggio”.
Televisivamente, l’effetto è stato confuso: a parte qualche giornalista davvero informato, la prima fila era zeppa di prezzemolini tv che parlavano di sentenze e carte processuali senza averle mai lette, nel solito giochino di guelfi e ghibellini a prescindere, utilizzando, da un lato e dall’altro, demagogia, frasi fatte, banalità da cioccolatini. E poi sul palco lui, l’uomo che non vedeva l’ora di tornare sotto i riflettori, di domare la bestia mediatica, di riassaporare il brivido adrenalinico di una platea che pende dalle sue labbra.
Perché il pubblico del Maurizio Costanzo Show è, storicamente, un pubblico fatto di gente semplice, in ogni senso, che in Corona magari vede un modello, un esempio di un tizio che è riuscito a fregare tutti e tutto, a fidanzarsi con Nina Moric e Belen Rodriguez, a cadere rovinosamente e a rialzarsi. Poco importa come, poco importa cosa ha fatto, cosa dicono le sentenze. È l’Italia, bellezza. Siamo fatti così: noi il furbetto lo idolatriamo, perché in fondo vorremmo essere come lui. Ne abbiamo portati alcuni persino a Palazzo Chigi, figurarsi in tv e sui giornali.
Il padrone di casa Maurizio Costanzo era palesemente dalla parte di Corona, anche oltre ogni logica. Ma Costanzo è così: si affeziona ai personaggi fino a diventare acritico. Con Corona è andato oltre: lo ha difeso, lo ha spalleggiato, lo ha protetto anche da se stesso, quando la lingua rischiava di sciogliersi troppo.
Dell’Uno contro tutti di ieri sera, purtroppo, non rimane nulla: televisivamente è stata una serata piuttosto noiosa, senza “rivelazioni” o guizzi; umanamente non abbiamo visto il vero Corona, non si è aperto, ha recitato (male) la parte del bullo arrogante, prendendosela anche con Alessandro Cecchi Paone (che ha lasciato la platea dopo una frase incomprensibilmente censurata in post-produzione e che probabilmente riguardava l’omosessualità del giornalista).
O forse abbiamo semplicemente sbagliato ad attenderci qualcosa di nuovo da un uomo che continua ad autodefinirsi “personaggio” e che magari è davvero come sembra: megalomane, arrogante, ambizioso in maniera sfrenata e non certo sana. Occasione persa, dunque, innanzitutto per Fabrizio Corona. Perché forse è bene che qualcuno gli spieghi che i tempi d’oro della sua “Milano da tracannare” non torneranno più. L’Italia è cambiata (forse non in meglio, ma è cambiata) e quel sottobosco di nani e ballerine non è certo sparito (non succede mai, dalle nostre parti) ma è semplicemente andato in sonno. Lo squalo Corona proverà a svegliare la Bestia, ma c’è da augurarsi (prima per lui, ma anche per noi) che fallisca clamorosamente.